Il Paradiso

Verità trascendentale
Il cammino che stiamo per intraprendere è entusiasmante perché ti porterà a scoprire gradatamente quelle verità che scioglieranno i dubbi che forse celavi segretamente nel tuo cuore.
Note introduttive
Cercheremo di rispondere alle domande:
Ogni persona umana cerca di completare e superare i propri limiti nell’aprirsi a quella realtà che ritiene capace di elevarlo alla purezza della gioia e dell’amore. La ragione può partecipare a questo movimento ascensionale solo se si lascia afferrare dalla tensione verso l’Assoluto. Del resto in ognuno di noi c’è la nostalgia del Paradiso perduto che tormenta e alimenta la tensione che si fa speranza. Il volto nascosto dell’Amore invia i suoi segnali anche attraverso le bellezze del creato e la presenza di Dio, occorre ammetterlo, è il fondamento del nostro esistere. Il flusso di energia che Lui emana lo possiamo scoprire dentro di noi e qualsiasi smarrimento pur se grave può essere colmato dalla Sua Parola.
Sovente l’uomo nega la trascendenza di Dio per affermare la propria immanenza, così si segrega nella caverna della menzogna e si rende incapace non solo di conoscere la verità, ma di cercare solo in se stesso entrando nel vortice del male.
Ebbene, negare l’esistenza di Dio induce inevitabilmente pensare a nulla, quel nulla spontaneamente pensato come vuoto di tutto. Uno spazio nero e vuoto posto dentro la nostra fantasia che è pure un qualcosa di ben organizzato. Il vero nulla, difatti, è tutt’altra cosa: è assenza di tutto anche del tuo pensiero.
La ragione, quindi, ha dei precisi confini, difatti non può uscire da se stessa per entrare nel nulla perché non è stata creata per pensare al nulla ma a ciò che esiste. Lo stesso nostro sguardo non si rassegna a osservare il nulla che sta dietro e di fronte agli attimi che ci sono da vivere, ma ardisce volgersi al di là del tempo che consuma. Ciò che inquieta l’essere umano non è dato dalla domanda esistenziale sull’immortalità dell’anima ma: che sarà di me dopo la mia morte?
Capire come si svolge la nostra esistenza non è sufficiente, più importante è chiedersi: perché? Un interrogativo al quale non può rispondere la scienza perché la trascende e oltrepassa la stessa materia con cui è strutturato l’universo.
La ragione riconosce che infinite realtà la sorpassano, ma i corpi, il firmamento, la Terra non vale come il più piccolo degli intelletti, difatti, da tutti questi corpi non è possibile far uscire un pur piccolo pensiero. In questo consiste la nostra dignità intellettuale.
Il senso del mondo come delle cose non è racchiuso dentro di noi, nello sguardo che le contempla, nel cuore che le ama, piuttosto sta nel cogliere le note di bellezza nell’urlo del vento, nel canto degli uccelli, nel respiro del mare, nel volo dell’aquila, nel brillare delle stelle. Dio si manifesta in modo così imperioso da abbagliare la vista e renderci talvolta ciechi.
La presenza di Dio è veramente indispensabile per rispondere agli interrogativi posti dal dolore, dalla presenza della morte, del bene, del male, del significato vero dell’esistere. E la risposta che Dio dà è incisa nella libertà dell’uomo, o per meglio dire nel suo libero arbitrio.
Sperare in una esistenza che permane oltre la morte e per l’eternità, è il dono offerto da una Parola che ci dice: “Tu non morrai”. Lui è stato più forte della morte avendola combattuta e sconfitta.
Accettare la Parola del Maestro divino è una scelta logica che apre le porte alla fede e Gesù, attraverso la fede, ci porta con sé nel cielo di Dio. Là ci fa gustare la gioia inebriante di volare nella verità senza ombre né incertezze. Parole impresse nel Vangelo e arrivate sino a noi per svelarci una realtà ultima nella quale ci può essere un gaudio eterno in Paradiso, espiazione temporanea nel Purgatorio, una dannazione eterna nell’Inferno. E chi poteva svelarlo se non Colui che è l’Alfa e l’Omega, il Principio e il Fine di tutte le cose visibili e invisibili che si perdono nell’Eterno. A noi scegliere attraverso un comportamento morale dove porre la nostra futura dimora.
Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre.
(Dn 12,2-3).
Il Paradiso

Esiste
Credere al Paradiso è un atto di fede. Nel Vangelo Gesù parla spesso del regno dei cieli in cui i giusti perverranno e nel quale vedranno Dio.
Nel discorso della montagna dice: “Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”
(Mt 5,12).
Vado a prepararvi un posto
Dirà nel giudizio finale: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo” (Mt 25, 34).
Ed ancora: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21).
Lui è la via che conduce al Padre: “Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via”.
(Gv 14,2:4).
Nell’Apocalisse si parla della nuova Gerusalemme, la Città Santa nella quale Dio abita in mezzo a tutte le sue creature, illuminandole a tal punto da vedere sempre il suo Santo Volto: “Non ci sarà più maledizione. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello: i suoi servi lo adoreranno; vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà. E regneranno nei secoli dei secoli”.
(Ap. 22,3:5).
Nel momento cruciale del martirio a Santo Stefano si spalancò il cielo e il suo sguardo morente poté fissarsi sulla Santissima Trinità.
San Paolo meditò e contemplò il Paradiso quando scrisse: “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, ne mai entrarono in cuore di uomo Dio le ha preparato per coloro che lo amano”.
(1 Cor 2,9).
San Agostino fu tormentato dal desiderio di penetrare il mistero del Paradiso, domandava alla fede: “Oh, fede, amabile fede, vieni in mio soccorso! Dimmi quali sono quelle immense contrade dove i figli di Dio passeggiano! Quali sono le delizie di quei beati lidi! Ci sono là dei fiori? Fragranza di odori eletti? Il nettare e l’ambrosia, che l’empietà fece cibo dei falsi suoi numi, non sarebbero favola per quegli abitatori? Ci sono là graziosi venticelli che riempiono di diletto quei cittadini felici? Qui ci sono collinette, erbose valli, campi ameni e la vista del mare e l’aspetto del cielo: tutto ci ricolma di piacere. Quali sono là gli oggetti di cui l’occhio si pasce? Sono essi almeno in parte simili a questi, oppure saranno per noi affatto nuovi? Oh! Santa fede rischiara i miei dubbi!”. E la fede così gli risponde, poggiando sulle Sante Scritture: “II Paradiso è il godimento eterno di Dio, nostra felicità, ed in Lui d’ogni altro bene senza alcun male”.
San Girolamo, dopo il suo trapasso, apparve in sogno a San Agostino, il quale non sapeva come presentare il Paradiso all’uomo. Apparendo gli disse: “Agostino, puoi tu comprendere come si possa chiudere in un pugno tutta la terra?”. E il santo: “No”. “Allora, dimmi ancora: puoi tu almeno comprendere come si possa radunare in un vasetto tutta l’acqua dei mari e dei fiumi?”. “No”, rispose il santo nuovamente. “E allora non potrai mai descrivere come si possa radunare nel cuore dell’uomo la stessa infinita gioia di Dio”.
Gesù disse a Santa Teresa d’Avila, dopo averglielo mostrato in visione: “Vedi, figlia mia, che cosa perdono coloro che mi offendono?”. Pensiamo, dunque, cosa perdiamo se, oltre cheoffendere il nostro Dio, non ci procuriamo di conoscere il Paradiso. Non volerlo fare è offendere Dio stesso. E la Santa, innamorata del Paradiso, gli rispose: “Signore, com’è lungo questo esilio! Come il desiderio di vedervi lo rende assai più penoso! Signore, che può fare un’anima chiusa in questo carcere? Com’è lunga la vita dell’uomo, benché si dica che sia breve. Breve, mio Dio, è per arrivare con essa a guadagnarsi la vita che non ha fine, ma lunghissima è per l’anima che desidera di vedersi presto in voi!”.
San Agostino ci dice: “Lo splendore dell’eterna luce è così grande, che se vi si rimanesse anche non più di una giornata, si disprezzerebbero per tal prezzo innumerevoli anni pieni di diletto e di abbondanza di beni terreni”.
S. Ignazio di Loyola passava le notti a contemplare il Paradiso: “Oh, come mi sembra vile la terra guardando il cielo!”.
L’anima che uscirà vittoriosa dalle lotte terrene e avrà fatto brillare le proprie virtù sarà condotta in Paradiso e là godrà di una gioia straordinaria in un’unione contemplativa con Dio. In questa unione troverà l’eterna beatitudine. In quel luogo le anime saranno sommerse, annegate e talmente unite da volere altro che la volontà di Dio, e questo significa essere ciò che Dio stesso è, ossia la beatitudine per grazia Divina.
Chi potrà descrivere questo luogo? Qui ci sarà solo ciò che è buono, il Sommo Signore in tutte le sue bellezze e in questo cielo trionferà l’amore puro che è somma felicità. Sì, la somma felicità è trovare scritto il nostro nome.
A cosa si potrà paragonare questo luogo con un linguaggio umano? Forse a una cascata di brillanti, a una cascata d’acqua d’oro e d’argento, a un universo fatto solo di stelle luminose? Tutte queste immagini non riescono e rendere la pur minima idea.
Tuttavia potrebbe essere sufficiente per far nascere in noi il desiderio di giungere in questo luogo di gloria e beatitudine, la via da percorrere è quella indicata da Gesù nei Vangeli.
Il Paradiso

Vita eterna
Sappiamo bene che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.
(Rm 8,19-23).
Inconcepibile felicità
Il Paradiso è la gloriosa corte in cui abitano schiere celesti circondati da una ineffabile luce. Lassù i Serafini e le anime che amano, appartenenti allo stesso coro, divampano incessantemente in Dio. Fiamme ardenti avvolgono i Serefini e la loro compagnia rendendoli luminosi. E in tutta la schiera celeste fluisce la dolcezza divina.
Nell’unione contemplativa di Dio le anime troveranno appagamento ed eterna beatitudine, una ricompensa infinita per aver percorso sulla terra la via non facile indicata dal Divino Maestro. Troveranno applicazione le Sue parole: “Venite a me, miei diletti, prendete possesso del regno eterno che vi è stato preparato dall’inizio del mondo”. Qui è la patria dei giusti, qui è la quiete assoluta, qui c’è il giubilo del cuore, qui vi è la lode insondabile che dura per sempre.
Il Paradiso è l’espansione della luce di Dio che attira a Sé coloro che da Lui provengono e che sono rimasti sempre nel suo santo sguardo. È la terra promessa dei Martiri, di tutti quelli che, credendo, hanno vissuto la loro vita per potervi abitare un giorno. È il punto d’arrivo della perfezione dei figli di Dio. È lo sguardo dove Dio concepisce i suoi pensieri creativi. È l’oasi di tutta la creazione degli esseri viventi e ragionevoli. È la fonte da dove provengono la ragione e la natura della vita.
Il Paradiso è il luogo della suprema beatitudine nel quale l’umanità di Cristo Gesù, la Vergine Santissima, gli Angeli e i Santi dimorano insieme godendo della visione grandiosa di Dio e del suo possesso. È la delizia di un cuore immerso in un oceano d’amore, nell’amore stesso della Santissima Trinità! È la vita in perfezione, dove vi è la presenza di tutto ciò che vi è di più puro, di più innocente, di più dolce, di più santo!
“Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo cosi come egli è”.
(1 Gv 3,2).
Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più morte, né lutto, né grido, né pena esisterà più, perché il primo mondo è sparito”. E Colui che sedeva sul trono disse: “Ecco Io faccio nuove tutte le cose”… A chi ha sete io darò gratuitamente del fonte dell’acqua della vita. Il vincitore erediterà queste cose: Io gli sarò Dio ed egli mi sarà figlio.
(Ap. 21-4.)
Cosa troveremo in Paradiso
In Paradiso troveremo nel linguaggio di Dio un linguaggio spirituale. L’acqua non ci servirà più per dissetarci, perché Dio stesso sarà la nostra acqua. Dio ci porterà su vette, irraggiungibili e ci mostrerà che saremo come aquile e nulla ci mancherà perché tutto ci parlerà dell’amore e della bellezza creata da Dio.
In Paradiso gli Angeli ci verranno incontro e parleranno con la nostra parola, perché la parola che è in noi la ritroveremo perfetta in cielo. Saranno Angeli bellissimi e puri, cantori di melodie mai sentite e nemmeno immaginate, rivestiti di luce purpurea e di colori che solo in Dio esistono. Pieni dell’amore e della potenza del Signore sfileranno dal Trono divino e ci verranno incontro, scendendo le scale del tempio sempiterno. Squilli di tromba, suoni di arpe e di cetre li accompagneranno verso i pellegrini che in Paradiso giungeranno. Tutte le sovranità angeliche ci festeggeranno perché, come Cristo, gioiranno per ogni anima che passerà dalla morte alla vita eterna. Le vittoriose schiere angeliche s’innalzeranno con i loro dardi di luce per cantare la vittoria del bene sul male.
E mentre vedremo tutto questo, un Angelo di ogni schiera scriverà col dito di fuoco il nostro nome”, incidendolo a caratteri d’oro sulle alte volte del Paradiso: «Noi siamo gli Angeli di Dio e scriviamo qui, in queste pagine del libro della vita, le buone azioni degli uomini somiglianti al Cristo. Non sarà scritto il male, perché qui non esiste. Si conteranno le azioni di bene fatte in terra e con queste misureremo il peso di ciascuno, che Dio poi giudicherà secondo la sua bontà e sapienza».
Potremo dire con San Agostino: « O casa stupenda! O palazzo incantevole, sfolgorante di celeste luce! Come son rapito dalla tua bellezza che non teme confronti! Beata dimora della gloria del mio Dio che l’ha costruita ed in cui Egli stesso abita! Oh! Possiedano pure i peccatori la terra e si lascino accecare dalla polvere che sollevano. Io amo meglio ritirarmi nella mia tranquilla stanzuccia ed ivi intonare cantici di amore e di sfogo della mia ardente passione e viva brama per la tua bellezza! Ivi voglio pure con inenarrabili sospiri deplorare la miseria del mio pellegrinaggio e sollevare il mio cuore all’altezza della celeste Gerusalemme, che è la mia patria ed a cui tendono i miei dolci desideri dello spirito!».
Ciò che infatti formerà il nostro vero Paradiso nella città dei beati sarà conoscere, amare, possedere e godere Dio nella sua SS. Trinità, nella sua familiarità, nella sua incarnazione e immolazione. L’Eterna Verità e il Sommo Bene ci colmeranno di tutto!
Come non desiderare la nostra patria, il nostro Sovrano, la nostra pace e la vita eterna? Quanti Santi hanno declamato lo splendore del Paradiso come la bellezza stessa di Dio! Non è solo fede perché è una verità che noi possiamo sentire nel cuore e adatta al pensiero meditativo. Accettare di meditare su questa realtà futura può produrre un influsso positivo sulla vita terrena poiché il pensiero ci conduce là dove la mente si sofferma.
Il Paradiso

I mezzi
Per conseguire il Paradiso:
- Riconoscere Gesù Cristo come Signore.
- Accogliere la Misericordia.
- Riconoscere i nostri peccati.
- Accogliere i frutti dello Spirito Santo
- Frequentare l’Eucaristia..
- Non bramare le cose del mondo.
Innocenza e carità
Solo l’innocenza può spalancare le porte del Paradiso. Innocenti sono le anime che non hanno mai commesso nessun peccato, oppure quelle che pur peccando si sono purificate attraverso la via della penitenza. Hanno lavato le loro colpe con le proprie lacrime e hanno ottenuto il perdono attraverso la riconciliazione per mezzo del sangue versato da Gesù sulla Croce.
L’unico mezzo certo per salire in Paradiso è la carità, ossia l’amore che opera attraverso l’amore in Gesù Cristo. “Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come metallo che rimbomba o come cimbali che strepitano. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, a nulla servirebbe … La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà.” (1 Cor. 13:1-8).
“Noi invece, che apparteniamo al giorno, siamo sobri, vestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza. Dio infatti non ci ha destinati alla sua collera, ma ad ottenere la salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Egli è morto per noi, perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui.” (1Tes. 5,8-10)
È l’uomo che può decidere tra la vita e la morte ossia tra il bene e il male. Alla fine gli sarà dato quello che avrà scelto: «Niente ti turbi, niente ti sgomenti, tutto passa: Dio non si muta. A chi ha Dio nulla manca. Dio solo basta!» (Santa Teresa d’Avila). Nei giorni della prova e della tribolazione occorre lottare per non spegnere la fede, per non lasciarsi abbattere dai problemi della vita. È l’abbandono in Dio che si possono ritrovare quelle energie nascoste e quello slancio del cuore che solamente il fuoco ardente di Dio può alimentare.
La povertà, l’umiltà e la penitenza sono le basi sulle quali si può fare del bene, perché portano l’uomo dal dominio delle passioni alla pace dell’anima, alla purezza e alla carità. «A quelli che sono ricchi in questo mondo ordina di non essere orgogliosi, di non porre la speranza nell’instabilità delle ricchezze, ma in Dio, che tutto ci dà con abbondanza perché possiamo goderne. Facciano del bene, si arricchiscano di opere buone, siano pronti a dare e a condividere: cosi metteranno da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita eterna» (1 Tim 6:17).
E ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si alzerà ad accusarvi e divorerà le vostri carni come un fuoco (Gc. 5:1).
La verità dell’esistenza del Paradiso può aiutarci per non abbatterci nel dolore nei difficili momenti e di prova, una verità che getta fasci di luce nel nostro divenire ed è la chiave di volta del mistero della sofferenza e del destino mortale. Una verità che riempie di gioia la povera vita di noi poveri mortali e muta la tristezza dell’esilio in un’attesa lieta: «Grandi cose sono dette di te. Città di Dio!». S. Caterina da Siena diceva infatti: «Commetterei un grande errore se osassi parlare delle meraviglie che ho visto, giacché le parole umane non sono capaci di esprimere il valore e la bellezza dei tesori celesti».
La verità è che esiste solo un’unica strada per qualsiasi essere umano per entrare nel paradiso, è credere in Gesù Cristo. Gesù morì per coloro che credono in Lui. Se vuoi assicurarti l’entrata nel paradiso dopo la tua morte devi credere che Gesù morì per salvarti dalla punizione del tuo peccato. «Ravvedetevi, e ciascun di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo.» (At. 2:38).
Gesù stesso diede la risposta, quando disse: «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). In altre parole, solo Gesù porta a Dio; non si può arrivare al Padre, se non per mezzo di Lui. Ciò vale per questo e per l’altro mondo.
Infatti per entrare, dopo la morte, in Paradiso e attendere lì la risurrezione della carne e il privilegio di regnare con Cristo, bisogna credere in Gesù, avendo fede nella sua opera di redenzione. Questa è l’unica chiave che apre la porta del cielo. L’apostolo Giovanni evidenziò: «Chi crede in Lui non è condannato; ma chi non crede in Lui è già condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio» (Gv 3,18). L’apostolo Pietro testimoniò dinanzi al Sinedrio giudaico, che intendeva intimidire gli apostoli: «E in nessun altro è la salvezza, poiché non v’è sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato agli uomini, per cui noi possiamo essere salvati» (At 4,12).
La Scrittura avverte che «ogni uomo deve rendere conto di se stesso a Dio» (Rm 14,22). Il giorno del giudizio ognuno si troverà da solo davanti al Giudice eterno. Ognuno sarà considerato responsabile del suo operato. L’apostolo Paolo ha scritto che la salvezza s’ottiene per fede, non per opere, perché se fosse per opere ognuno di noi potrebbe gloriarsi d’averla ottenuta e la morte di Gesù sulla croce sarebbe stata vana (cfr. Ef 2,9).
La salvezza non si ottiene neppure attraverso la convinzione di essere cristiani ed avere ricevuto il battesimo, così come ritenevano i discendenti di Abramo, padre del popolo giudeo. Costoro erano convinti che loro la salvezza fosse sempre garantita in quanto Dio aveva scelto il popolo giudeo e aveva stabilito la loro religione. Giovanni Battista li ammonì: dovevano ravvedersi e smettere di confidare soltanto nella loro religione.
«Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.»(Mt. 5:8). «Tutto è puro per i puri; per quelli, invece, che sono contaminati e gli infedeli, niente è puro: che anzi, la loro stessa mente e la loro coscienza sono contaminate. Essi professano bensì di conoscere Dio, ma con le loro opere lo negano, essendo abominevoli, ribelli e inadatti per ogni opera buona.» (Tt. 1:15-16). Di fatto: «Dal cuore, infatti, provengono propositi malvagi, omicidi, adulteri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie. Queste sono le cose che rendono impuro l’uomo» (Mt. 15:19).
Allora, se vogliamo costruirci una casa solida dove abitare in pace e serenità in questa vita e nella vita eterna, non dobbiamo porre le fondamenta sulle cose materiali! Dobbiamo costruire le nostre fondamenta su un terreno fatto di “amore”. Esiste questo tipo di terreno? È un terreno fatto di un materiale che dobbiamo “creare” noi, con le nostre buone azioni, con il nostro impegno ad essere come Gesù ci vuole, ossia Santi.
Il Paradiso

Paradisiaca
La felicità paradisiaca non può essere espressa a parole, difatti i mistici rispondono a questa domanda con un “non riesco a spiegarlo”. La felicità di cui sono testimoni li inonda di una grandissima gioia e li rapisce perché sperimentano in qualche modo la bellezza divina. Ed è questa comunione con Dio già su questa terra e in modo completo in paradiso rapisce e manda in estasi.
Quale felicità?
IL Paradiso è un luogo in cui non c’è nessun male, e dove ci sarà ogni sorta di bene; in Paradiso l’anima ed il corpo dei Santi gioiranno di un riposo che non si muterà mai. San Paolo dice, che nessun uomo in terra ha veduto mai, né udito né compreso le bellezze, le armonie e i godimenti che Dio ha preparato a coloro che lo amano. Quante belle cose avrete visto! Quante ne avrete sentite! Quante ve ne sarete immaginate! Eppure tutto questo è un perfetto niente rispetto alla bellezza del Paradiso, dove il Signore ha voluto far risplendere la sua grandezza e la sua magnificenza. Per conoscere il prezzo del Paradiso, non occorre sapere, che esso vale il sangue di un Dio, Gesù Cristo l’ha versato fino all’ultima stilla per meritare a noi il Paradiso.
I Santi, dice Davide, saranno inebriati da un torrente di piaceri, saranno ricolmi di gioia e di felicità, avranno tutto quello che desiderano, e non avranno nulla da temere. I loro beni saranno senza mali, i loro piaceri senza dolori, il loro riposo senza inquietudine, la loro vita senza morte, la loro felicità senza fine. Fortunati, o Signore, quelli che abitano nella tua casa, essi ti loderanno nei secoli dei secoli.
L’oggetto della nostra felicità in Paradiso sarà Dio, il quale è l’essenza di tutte le bellezze, di tutte le bontà e di tutti i piaceri. Egli riempirà il nostro spirito con la pienezza della conoscenza, la nostra volontà con l’abbondanza della sua pace, la nostra memoria con la dilatazione della sua eternità, la nostra sostanza con la purezza del suo essere, tutti i nostri sensi e le nostre facoltà con l’immensità dei suoi beni. Noi lo vedremo e lo ameremo: vedremo la Sua magnificenza e la sua vista rapirà il nostro spirito, noi ameremo la Sua bontà, e il suo godimento sazierà il nostro cuore.
Ma come godremo noi il Signore? Lo godremo con armonia e una tranquillità derivante dalla certezza che sarà per sempre. L’unione sarà intima, simile a una sposa che si unisce al suo sposo, senza timore di esserne mai separati. In virtù di questa unione, dice San Giovanni, noi diventeremo somiglianti a Dio: cioè diventeremo puri, santi, potenti, sapienti e beati come Lui. Egli ci trasformerà in se stesso, non già distruggendoci; ma unendoci a Lui. Egli ci comunicherà la sua natura, la sua grandezza, la sua forza, la sua conoscenza, la sua santità, la sua ricchezza, la sua felicità.
Come un ferro messo nel fuoco diventa simile al fuoco, e come un cristallo esposto al sole diventa come il sole; così noi, quando saremo uniti a Dio, diventeremo in qualche maniera il riverbero della Sua luce. Chi può pertanto esprimere la gioia di un’anima che entra in Paradiso, e che vede il suo creatore!
Oh quale amore! Quali estasi! Quali rapimenti! Quali lodi e quali rendimenti di grazie! O santa Sion, dove tutto sta e dove niente passa, dove tutto si trova e dove niente manca, dove tutto è dolce e niente di amaro, dove tutto è calmo e niente agitato! O terra beata! dove le rose sono senza spine, dove i piaceri sono senza dolori, dove la pace è senza guerra, e la vita senza fine!
Oh santa montagna del Tabor! Oh Gerusalemme celeste, dove noi canteremo eternamente i magnifici cantici di Sion! Chi troverà dispiacere nel lavoro e nella lotta, sapendo che Dio è la ricompensa? Quando ti vedrò, o mio Dio! Quando mi toglierai da questa schiavitù? Quando mi chiamerai da questo esilio? Quando romperai queste catene che mi tengono stretto alla terra? Oh che io muoia presto, affinché possa giungere per vederti. Beati, Signore, quelli che abitano nella tua casa, perché ti loderanno per tutta l’eternità.
Anima mia, che fai ancora sulla terra? Cosa cerchi con affanno fra le creature? Loro sono forse capaci di saziare il tuo cuore? Tu credi ancora che i piaceri terreni possono appagare e soddisfare uno spirito immortale? Solo in Dio posso trovare ciò che è l’anelito dell’anima e percorrere il sentiero del tempo terreno con lo sguardo fisso al cielo.
Il Paradiso

Tribunale
Il giudizio finale è gettare uno sguardo introspettivo sulla propria vita per comprenderla alla luce della Verità, togliendo l’offuscamento dovuto all’auto giustificazione e all’inganno. È vedersi come Dio ci vede, senza maschere né quelle meschinità imposte per salvare la propria immagine.
Tribunale di Dio
Quando l’anima uscita dal corpo sarà portata dinanzi al tribunale di Dio per essere giudicata, il Giudice sarà Dio Onnipotente sdegnato con chi l’avrà maltrattato in vita. Il primo accusatore sarà il demonio, seguirà l’Angelo custode ed infine la stessa coscienza: i peccati determineranno la sentenza che sarà inappellabile. Non vi saranno né compagni, né parenti, né amici, sarai solo alla presenza di Dio. Da peccatore impenitente capirai la bruttezza dei tuoi peccati e non potrai assolverti come sempre hai fatto. Dalla sentenza divina subirai la giusta pena che sarà, come riportano le Sacre Scritture, l’Inferno.
Non potrai nascondere nulla e sarai esaminato su tutti i tuoi peccati, sia di pensiero, di parole, di compiacenze, di opere, di omissione o di scandalo. Nella bilancia della divina giustizia non si peseranno le ricchezze, la dignità, il livello sociale, ma solo le opere. Se queste saranno avvinghiate al peccato allora sarai perduto. E alla fine del mondo, come narra l’Apocalisse, tutte le genti saranno giudicate e il corpo risorto si unirà all’anima per il premio o la pena eterna.
Nelle meditazioni Sant’Anselmo tratta questo argomento: «O anima peccatrice, legno inutile e arido, destinato al fuoco eterno, che cosa risponderai in quel giorno estremo, quando ti sarà richiesto fino al minimo istante come hai speso il tempo che ti è stato dato? » O anima mia, che sarà allora dei ragionamenti fatui e oziosi, delle parole leggere, frivole, ridicole, delle opere vane e infruttuose?
Sant’Ambrogio nel commento al vangelo di Luca aggiunge: «Guai a me, se non avrò deplorato i miei peccati; guai a me, se nel cuore della notte non mi sarò alzato a renderti grazie (Sal 118,62). Già la scure è posta alla radice dell’albero (Lc 3,9); faccia frutti di grazia chi può, frutti di penitenza chi ne ha il dovere».
Se subirai la condanna il corpo diventerà l’eterna prigione della tua sventurata anima, e allora l’anima maledirà il corpo e il corpo maledirà l’anima. Mentre sulla Terra erano concordi nel cercare soddisfazione nei piaceri proibiti, ora sono costretti a subire insieme gli stessi tormenti. Diverso sarà per chi risorgerà con un corpo bello e splendente, degno per una vita beata in anima e corpo.
Quando il mondo finirà con esso cesseranno tutte le glorie, le vanità e i piaceri terreni. Rimarrà solo l’eternità o di gloria e di gaudio oppure di pena, tormenti e infelicità. Se i giusti saranno in Paradiso i peccatori dimoreranno all’inferno e in questo luogo si renderanno conto di aver perso tutto.
Il Cristo, nell’ora della sentenza eterna, si volterà contro i reprobi e dirà loro: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e i suoi angeli … e se ne andranno: questi al supplizio eterno» (Mt 25,41-46). Infine dopo Gesù si rivolgerà agli eletti dicendo: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo» (Mt 25,34).
Il Giudizio che verrà sembra non toccarci e lo lasciamo nel limbo della indiffernza, ci pare un tempo lontano ma toccherà pure a noi essere giudicati. Lo sappiamo che questo avverrà e allora perché non agire in tempo per prendere in mano la nostra vita? Perché aspettiamo a fare il bene e seguire l’insegnamento di Gesù? Perché dovremmo accontentarci del poco e breve godimento umano per barattarlo con una splendida vita eterna in Paradiso, ove impera una vita di gaudio e felicità che supera ogni nostra speranza? Ebbene, dipende da noi decidere con coscienza quale strada seguire.
Come sarà il Paradiso? Una eterna vacanza?

Il nome di «vacanze» al Paradiso è stato dato da S. Agostino, quando scrisse che in Paradiso «vacabimus faremo vacanza», cioè saremo liberi.
L’impiegato, l’operaio chiama le vacanze «ferie» e le trova deliziose perché, continuando a percepire lo stipendio, ha la facilità di viaggiare e divertirsi. Essere liberi dalla schiavitù dell’orario, dell’occupazione obbligatoria, dal lavoro faticoso e noioso! Vivere lontano da quell’ufficio di responsabilità da quella stanza angusta, da quel cantiere assordante, da quella macchina che non si ferma mai! Che sollievo, che gioia!
Per lo scolaro le vacanze significano libertà dalle lezioni da frequentare, dai compiti da fare, dagli esami da preparare, ecc. e poter attendere liberamente al giuoco, che bellezza!
Ebbene il Paradiso sarà la vacanza senza fine, libertà da tutto quello che ci è causa di pena, di sofferenza, di noia, di disagio, di fastidio, d’inciampo.

Liberi dalla tirannia della sofferenza
Chi è che non condivide in pieno il lamento del sofferente Giobbe (14,1): «L’uomo pur vivendo poco tempo, è colmo di ogni male!». Quante malattie! Quanti dolori! Quante sofferenze! Il caldo, il freddo, l’umido e il secco, il moto e la sedentarietà, il lavoro fisico e quello intellettuale, lo stesso divertimento diventano spesso causa di malattie e di sofferenze. Quanti dolori e sofferenze negli ospedali! Quanti dolori e sofferenze con le rivoluzioni, le guerre, le inondazioni, gli uragani, i terremoti! Dio vede tutto questo cumulo di sofferenze? O forse è impotente a difendere coloro che ama tanto e che ha elevati a suoi figli adottivi? Il dolore è un grande mistero che noi non riusciamo a decifrare, ma che dobbiamo accettare con umiltà, con pazienza e sottomissione ai disegni di Dio. Egli ci ha creati per la felicità, ma il peccato di Adamo ha introdotto nel mondo la sofferenza e la morte: la terra da valle di gioia si è mutata in valle di lacrime. Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, si fece uomo, morì sulla croce per redimerci dal peccato e riacquistarci il Paradiso. Per realizzare questo scelse la via della sofferenza, insegnandoci così che la sofferenza è condizione necessaria per purificarci, santificarci e salvarci.
Quale ebrezza di gioia sentiremo allora quando, con assoluta certezza, ci sarà detto (Apoc. 21,4): «Luc tus non erit amplius — il dolore è cessato per sempre». Fratello, sorella, che, chissà da quanto tempo, siete in chiodati in un letto o in un seggiolone di torture, abbiate fede nella parola di Dio: la vostra tristezza si cambierà in gioia. Senza più bisogno di diete o di ricostituenti, di degenze o di assistenze, di cure, di iniezioni o di operazioni; senza più bisogno di precauzioni, di attenzioni e di astensioni, godrete la salute più completa e assoluta, possederete il pieno uso di tutte le vostre membra, senza più pericolo di ricadute. Quando la felicità eterna entrerà in noi, che cosa dovranno apparirci questi cumuli di sofferenze terrene viste alla distanza di milioni e miliardi di anni di assoluto godere? Null’altro che dei ricordi insignificanti.
Liberi dalla tirannia del peso
Per poter rimanere sulla superficie della terra c’è di bisogno della legge di attrazione o gravità, la quale impedisce che la terra, nella sua corsa vertiginosa at traverso lo spazio, ci proietti fuori nel vuoto. Il peso del nostro corpo, come di tutte le cose materiali, dipende da questa legge fisica provvidenziale. Nessuno però ignora di quanti fastidi e guai essa sia pure sorgente. Quante cadute, alle volte mortali! Quante fratture! Esse non sono altro che conseguenze della violazione della legge di gravità.
Di quanto ingombro ci è il nostro peso corporeo e quanto sforzo esige quando dobbiamo superare delle distanze! Senza il soccorso dei mezzi di trasporto è ben poca la strada che riusciamo a percorrere con le sole nostre forze. Orbene immaginiamo la grande gioia che avremo quando in Paradiso sentiremo che il nostro corpo avrà perduto ogni peso, molto di più degli astroflauti in orbita. Questi infatti trovano delle difficoltà nei movimenti che fanno, mentre noi in Paradiso ci sposteremo con la massima velocità senza sentire alcuna difficoltà nei movimenti, e senza che le forze corporali si affatichino e consumino. Noi potremo lanciarci, senza alcun pericolo, attraverso l’intero universo con la velocità del pensiero perché Dio donerà ai corpi gloriosi due doti, la sottigliezza e la leggerezza. In virtù della sottigliezza i Beati, senza incontrare alcuna resistenza, potranno attraversare i corpi anche più solidi, come il raggio di luce attraversa il vetro, come il corpo glorioso di Gesù attraversò la pietra sepolcrale e la porta del Cenacolo, che erano chiuse. Non esisterà più alcun sbarramento capace di fermarli.

In virtù della leggerezza i
Beati saranno liberi di spostarsi da un estremo all’altro dell’universo senza compiere il minimo sforzo. Questa sarà una delle gioie sensibili del Paradiso, come quaggiù è una gioia poter viaggiare e contemplare tante bellezze create. Però i panorami del Paradiso, riservati in premio ai Beati, saranno ben più meravigliosi e seducenti di quelli terreni che sono destinati indifferentemente ai giusti e ai peccatori.
Chissà quante volte, vedendo sfrecciare gli uccelli per l’aria, avremo invidiato le loro ali. Rallegriamoci! Senza bisogno di ali o di macchine volanti, portati unicamente dal nostro desiderio, potremo solcare in eterno l’intero universo in qualunque direzione e, liberi navigatori dello spazio, potremo approdare a piacimento in qualunque isola di luce, sperduta nelle profondità anche più lontane dell’oceano stellare. Che ebbrezza ci daranno questi voli felici attraverso lo sconfinato cosmo senza molestia di sorta!
Liberi dalla tirannia dello spazio
La storia umana è intessuta da frequenti contrasti, dovuti in gran parte alla ristrettezza dello spazio che ci accoglie sulla terra e sentita come insufficiente a sopperire alle proprie necessità e aspirazioni. Dalla lite di due agricoltori che si contendono un palmo di terra, alle guerre sanguinose per la conquista di nuove regioni, la lotta per lo spazio vitale non manca mai. Ma nel Paradiso tutto cambia. Nella vastità sconfinata dei cieli non c’è più bisogno dello spazio vitale. Che bella cosa sarà vivere ciascuno a suo agio e spostarsi con assoluta indipendenza dagli altri.
Sulla terra, a causa delle distanze, quanti offrono nonostante che la scienza e la tecnica ci hanno forniti mezzi sempre più rapidi per spostarci; mezzi sempre più facili e perfetti di telecomunicazioni, fino a udire la voce dei nostri cari al telefono ecc. Rimane tuttavia il fatto irrimediabile di dover trascorrere ore ed ore della nostra giornata lontano dai nostri cari, perché occupati nell’attività dell’ufficio, del negozio, del campo, dell’officina, della scuola… Tutto questo blocca spesso a lungo la più soave delle nostre aspirazioni: vivere accanto ai nostri cari, cuore a cuore!
Avidi di conoscere il grande regno della natura, desiderosi di ammirare le meraviglie disseminate dovunque, dobbiamo pur fare i conti con le distanze che ce ne separano e che più o meno ostacolano o ritardano i nostri spostamenti. Ma nella vita beata del Paradiso di quali impedimenti potranno esserci le distanze, se saremo dotati della facoltà di spostarci con la velocità del pensiero? Il cammino di secoli e millenni che impiega la luce, la più veloce degli esseri sensibili (300.000 chilometri al secondo), noi lo percorriamo in un attimo.

Liberi dalla tirannia del tempo
Tutto passa su questa terra. Il tempo vola e nella sua corsa vertiginosa porta via tutto, anche noi. Nulla di ciò che vediamo, tocchiamo, udiamo, amiamo, è duraturo. Giorni e stagioni, anni e secoli, uomini e cose, città e imperi, tutto passa e non ritorna più! L’infanzia coi suoi trastulli passa; la giovinezza coi suoi sogni dorati passa; l’età matura coi suoi timori e preoccupazioni passa; la vecchiaia con le sue ultime illusioni passa. Tutto passa! Però l’opera devastatrice del tempo è molto salutare, perché la fugacità di tutte le cose deve liberare il nostro cuore da ogni schiavitù, deve disgustarci di questa terra per innamorarci del Paradiso. Che importa che tutto passa? Il tempo scorre veloce, ma per portarci l’eternità. Scompaiono i beni terreni per far posto ai beni celesti. Termina la vita mortale perché incominci la vita immortale.
Entrati nell’eternità, vedremo stabilizzato in noi tutto ciò che continuamente ci sfuggiva sulla terra. La vita celeste ci sarà conferita come un dono definitivo,un regalo eterno.
Si succederanno i milioni e i miliardi di secoli, ma nessuno di essi ci strapperà mai un capello dal nostro capo, scaverà una ruga nella nostra pelle, rallenterà mai di un battito il nostro cuore, logorerà mai una del le nostre forze fisiche, uno dei nostri organi, una delle nostre facoltà: «Tempus non est amplius — il tempo non ci sarà più» (Ap. 10,6).
Liberi dalla schiavitù della fatica
(Gen. 3,19): «Con il sudore del tuo volto mangerai il pane». Parola del Creatore che segnò la condizione dell’uomo sulla terra piena di triboli e spine. Il lavoro quasi sempre è duro e pesante, eppure è una legge a cui ben pochi riescono a sottrarsi. E vero che oggi, nei paesi progrediti, la parte più pesante del lavoro viene fatta dalla macchina che va liberando sempre più l’uomo dallo sforzo penoso, lasciandogli solo il compito di controllare, al più completare l’opera. Il lavoro così è diventato arido, monotono, automatico, rigidamente calcolato in modo da sopprimere al lavoratore ogni iniziativa e ogni interessamento.
Alla penosità della fatica è succeduta invece la febbre della produzione e del guadagno: produrre sempre più e sempre meglio, per poter consumare di più. Nel mastodontico meccanismo industriale l’uomo moderno è lanciato alla competizione più spregiudicata, che gli fa sacrificare alle esigenze economiche i valori più sacri della vita familiare, dell’educazione della prole, dell’elevazione morale e spirituale. L’idolatria del guadagno sferza tutti, individui e collettività.
Nonostante il progredire della tecnica, il perfezionamento degli attrezzi da lavoro, la produzione sempre più abbondante di beni di consumo e la liberazione dallo sforzo faticoso, la legge del lavoro è rimasta inalterata, la sua esigenza non è venuta meno. L’uomo è ben lontano dall’aver prodotto abbastanza per potersi concedere le ferie continue! Ebbene queste ferie continue verranno, e, una volta cominciate, non finiranno più: saranno le vacanze eterne del Paradiso.
Con quale piacere il lavoratore assapora oggi le sue ferie, lo scolaro le sue vacanze! Ma con quale tristezza e pena ne vedono arrivare la fine! In Paradiso invece questa tristezza e pena non si ripeteranno più. Il Paradiso è tutto solo un luogo di riposo e di ricreazione, una villeggiatura gratuita ed eterna, fornita abbondantemente di quanto al presente non sappiamo neppure immaginare e desiderare.

Liberi dalla tirannia dell’ignoranza
Da millenni l’uomo studia con passione il grande libro di Dio, la natura, e negli ultimi decenni è stato in grado di fare passi da gigante in questa conoscenza. Le biblioteche di libri che sorgono dappertutto, le montagne di riviste istruttive che si stampano ogni giorno testimoniano il profitto lusinghevole da noi fatto in ogni ramo del sapere. Non contenti più dello scibile diffuso sulla terra, siamo andati sulla luna e pensiamo di esplorare altri pianeti.
L’uomo può essere orgoglioso della sua scienza. Eppure gli ottusi di mente possono credere che stiamo per toccare le vette supreme del sapere, come solo i fatui possono illudersi di toccare il cielo col dito quando abbiano scalato un monte. La realtà è che a ogni nuova scoperta, non solo non si scoprono i confini del mondo, ma si aprono invece dei nuovi abissi senza fondo. I più mortificati dall’ignoranza sono proprio i più intelligenti e i più appassionati dello studio, perché proprio loro si rendon conto che le cose ignorate sono sempre più numerose di quelle conosciute. Oggi, poiché sappiamo molto di più dei nostri antenati, ci sentiamo molto più ignoranti di loro.
Quale moltitudine di misteri ci nascondono ancora le viscere della terra, gli abissi del mare, le profondità del cielo! Più scrutiamo i cieli e più si allontanano i confini dell’universo; più indaghiamo le leggi fisiche e più scopriamo misteri insondabili; più in fondo scendiamo nelle acque dei mari e più troviamo meraviglie insospettate. Quale mortificazione costituisce per noi la nostra ignoranza sempre più evidente!
Quanta fatica per la conquista del sapere. L’aggiornamento ai continui progressi che si vanno compiendo in ogni singolo ramo del sapere è di tale esigenza che lo studio non si può mai interrompere. A studi terminati ci accorgiamo d’essere già superati e di dover quindi continuare a studiare. Tirannia dell’ignoranza!
In Paradiso noi saremo liberati da tale tirannia. Da vanti ai nostri occhi, purificati e potenziali, balzerà tutto il mondo della creazione materiale, e lo stesso Dio!
Lo spirito umano è naturalmente curioso e avido di sapere. Ebbene in Paradiso tutto lo scibile sarà a nostra portata, i nostri occhi lo vedranno da sé e la nostra mente lo comprenderà da sé, senza sforzi, senza bisogno di riflettere, ma direttamente e intuitivamente. Tutto è centrato in Dio, e noi, vedendo Dio, vedremo la nozione, l’essenza, la ragione, l’origine, la perfezione, la trasformazione, la proprietà, la finalità dei singoli esseri e l’armonico accordarsi di tutti tra loro. Quale gioia leggere così, senza alcuna fatica, tutto il gran libro della natura! Contemplare svelati e lampanti tutti i misteri e tutte le meraviglie del regno minerale, del regno vegetale, del regno animale, dell’uomo, dell’Angelo e, in parte, anche di Dio! Filosofi, artisti, scienziati, letterati, poeti, musici, tutti i geni che si sono torturati nella ricerca faticosa del vero e del bello, troveranno, per così dire, l’eternità troppo breve per contemplare a loro agio tutto il campo della realtà creata e della increata.
E tutti noi con loro conosceremo tutto, conoscendo contempleremo estatici, contemplando godremo beati. Questa contemplazione sarà un movimento perenne perché più conosceremo più desideriamo di conoscere. Sarà una sazietà capace e avida di maggiormente e continuamente saziarsi ancora. Solo in terra ci sono barriere e limiti, in Paradiso no!
Liberi dall’ignoranza di noi stessi
Noi ci conosciamo pochissimo. Troppe distrazioni attirano la nostra attenzione al di fuori. D’altra parte la nostra miseria morale è così evidente a noi stessi, la consapevolezza delle nostre vigliaccherie e insuccessi è così deprimente, l’impegno a nasconderci agli occhi altrui così poco geloso, che finiamo di non guardarci mai nello specchio interiore e col negare a noi stessi che quello che ci scotta troppo sia vero. Tutte le passioni ci sfigurano la verità, per cui il nostro «io» è diventato misterioso e tenebroso. Di quante amare delusioni e insuccessi è sorgente continua la stima eccessiva di noi stessi! Basta ricordare il rinnegamento di S. Pietro così convinto di poter affrontare qualunque prova per il suo Divino Maestro, e così pusillanime alla voce di una serva da rinnegando per ben tre volte. Di quali e quante rinunce, pusillanimità e mancate riuscite è sorgente ogni giorno la sottostima che hanno di sé i timidi e gli scoraggiati.
Però in Paradiso, rinati a nuova vita, ci troveremo immersi nella luce infinita di Dio e così il nostro io si scoprirà ai nostri occhi per quello che è in realtà. Dovremo arrossire delle nostre vergogne attuali? No, per ché una volta che noi siamo stati assolti dai nostri peccati dal Sacerdote, l’espiazione in Purgatorio diventerà un detersivo così energico ed efficace da togliere in noi fin l’ultimo atomo di sudiciume morale: in Paradiso si entra completamente puri e santi!
Allora per tutta l’eternità la vista di se stesso sarà a ciascuno di noi motivo di gioia immensa perché scorgeremo nitidi tutti i valori umani molto più pregevoli di tutti i valori della natura materiale. Constateremo tutti i valori soprannaturali conferitici per i meriti di Gesù Cristo e perfezionati dalla grazia divina durante tutta la nostra vita con infinita pazienza. Ci renderemo conto di tutta la gloria eterna proporzionata ai nostri meriti che l’onnipotenza rimuneratrice di Dio ha realizzato in noi in Paradiso. Rimarremo come storditi dallo stupore della gioia nel vedere realizzato in noi da Dio un capolavoro di perfezione immensamente più completo di tutti i capolavori elaborati dai nostri geni artistici.
Liberi dalla tirannia dell’ignoranza degli altri
Su questa terra è malsicura la conoscenza di noi stessi, ma è più malsicura la conoscenza del nostro prossimo. Tutti siamo portati alla diffidenza e a vedere spesso delle mire oblique anche nelle opere più sante del prossimo. Non ci conosciamo mai abbastanza. L’orgoglio istintivo non ci lascia vedere il bene negli altri, mentre ci dà la convinzione che solo il nostro modo di vedere e pensare è retto. L’invidia innata del bene altrui non ci permette di lodare, approvare, esaltare spassionatamente la condotta e le buone opere altrui per paura dì eclissare le nostre. L’inevitabile difettosità umana che vediamo in loro, spesso molto minore o soltanto diversa dalla nostra, per noi è sufficiente per diminuire la nostra stima in persone molto più benemerite di noi. Purtroppo ci conosciamo soltanto superficialmente, per cui quanti malintesi e continue diffidenze avvelenano tante nostre amicizie e affezioni, e amareggiano la nostra esistenza.
Quando in Paradiso, invece, sarà perfetta la conoscenza mutua delle nostre anime, rese sante e confermate nella santità, chi può dire quale intensità di ardore avranno allora i nostri cuori di amici e parenti? La luce chiara nella quale svaniranno tutti i sospetti, più o meno fondati, ci farà realizzare per sempre la più perfetta comprensione scambievole.
Le prove, le tribolazioni, le opere buone, ecc. elevano le anime alle più alte vette della santità. Ora se in Paradiso contempleremo tante meraviglie e perfezioni nel mondo fisico, quante più ne ammireremo nel mondo delle anime, perché Dio compie certamente i suoi mirabili capolavori nel campo spirituale. Perciò proveremo una grande gioia quando potremo vedere la storia intima di ogni anima e renderci conto dello squisito lavoro compiuto in esse dalla grazia. Così la nostra ignoranza e il nostro conoscerci imperfetto sulla terra avrà contribuito efficacemente a non guastare l’azione segreta dello Spirito Santo nei cuori. Scomparsa l’eredità delle miserie umane irritanti, capiremo come la varietà sorprendente delle anime è condizione di armonia e sorgente di bellezza per il mondo degli spi riti; capendolo lo ammireremo senza riserva e ne godremo senza invidia.

Pace e riposo
L’uomo ha sentito sempre il bisogno della pace. Gesù parlava della pace come di una cosa tutta sua e la metteva in opposizione alla pace del mondo (esteriore, civile, militare) e diceva (Gv. 14,27): «Vi lascio la pace, vi dà la mia pace. Non come la dà il mondo, io la dò a voi».
S. Agostino dice che la pace è un vero stato di perfezione, è il vero regno di Dio in noi. Infatti, egli dice, è pacifico colui che tiene composti tutti i moti del suo animo sotto il dominio della ragione. Colui che tiene i suoi sensi, i suoi istinti, comuni alle bestie, soggetti alla ragione. Questa a sua volta deve essere sottomessa a Dio: ecco realizzato in noi il regno di Dio. Questa pace fatta di perfetto equilibrio interiore, è evidentemente dono di Dio perché è grande la felicità di perdere il controllo dei nostri istinti, dei nostri sensi; è grande la difficoltà di rimettere e conservare sotto freno la nostra innata instabilità e irrequietezza, che è da sola la nemica più terribile della pace del nostro cuore. Tale dono della pace i Beati lo possederanno in Paradiso in grado assoluto e irrevocabile. Nella patria celeste la pace costituirà la nostra più naturale condizione di vita. Uniformati alla volontà divina, non avremo più da rattristarci per il timore che il sereno dell’anima nostra venga offuscato minimamente.
Vedremo i mali che continueranno a far soffrire i nostri cari lasciati in terra, ma li vedremo in Dio e invece di rattristarci, come facciamo ora, ne trarremo motivo di gioia, constatando di quali benedizioni, di quali gradi di santità e felicità eterna andranno debitori ad essi i nostri cari.
Vedremo, senza più nessun’ombra di invidia, sollevate a grandi altezze di gloria persone con le quali ora rivaleggiamo. Vedremo forse escluse dal Paradiso persone oggi a noi molto care e la cui separazione eterna ci sembra come una spina nel nostro cuore. Ma non è così. Pienamente coscienti dell’infallibilità del giudizio di Dio, dimenticheremo ben presto queste persone che si sono ostinate nel rifiuto di Dio fino all’ultimo istante della loro vita.
I mondani, immersi nei godimenti e negl’interessi terreni, non pensano alla loro sorte eterna. Se qualche volta, per un brusco risveglio della coscienza, provano i rimorsi del male fatto e i terrori della giustizia di vina, cercano di stordirsi nelle cose del mondo per non sentire il pungolo della coscienza. I buoni invece, che si sforzano di amare il Signore, temono per la propria salvezza. Anche se non cadono in peccati gravi e quindi non hanno seri motivi di andare all’inferno, tuttavia essi temono molto perché sono consapevoli della propria fragilità e instabilità nel bene. Anche grandi Santi son vissuti timorosi per paura dell’inferno e perciò hanno pregato molto e hanno fatto molte penitenze per garantirsi di evitarlo. Ebbene in Paradiso non ci sarà più tale timore. Per chi è vissuto trepidante a ragione o a torto, sarà una immensa gioia essere liberati da tale angosciosa incertezza e di essere ormai sicuro nella felicità del Paradiso.
Mai più la tirannia delle passioni che ci fanno tanto soffrire. Mai più quel lavoro penoso, noioso, pesante, insopportabile. Mai più i fastidiosi incomodi di salute. Mai più l’assillo di preoccupazioni di sorta né per sé, né per i familiari, né per gli altri: ma solo e sempre pace imperturbabile, lieta, serena, tranquilla nel godi mento della felicità eterna.
La felicità assoluta del Paradiso!

Il Paradiso, oltre ad essere felicità somma dell’anima, sarà pure felicità somma del corpo. La felicità assoluta consiste nell’assenza di qualsiasi male e nel possesso di ogni bene desiderabile. Questa felicità assoluta si realizza esclusivamente in Paradiso, perché su questa terra, valle di lacrime, è impossibile.
Cerchiamo ora di applicare tale definizione al Paradiso. Immaginiamo con la nostra fantasia i momenti di gioia più viva che una persona può incontrare su questa terra: amore, ricchezza, fortune, divertimenti, soddisfazioni, onori, dignità, ecc. Immaginiamo i piatti più squisiti di godimenti umani che ci possono essere serviti. Ebbene, terminato l’elenco di essi, dobbiamo dire che tutto questo cumulo di godimenti sarà soltanto l’antipasto del banchetto celeste della felicità del Paradiso.

Se noi ci accontentassimo soltanto di questo gustoso piatto terreno, di questo cumulo di gioie e godimenti terreni, che abbiamo passati in rivista con la nostra fantasia, e non volessimo le portate di piaceri e godimenti soprannaturali di dimensione divina del Paradiso, noi rassomiglieremmo a quel tonto di Bertoldo (protagonista dell’omonimo racconto di Giulio Cesare Croce e figura tipica del contadino rozzo), il quale, invitato alla sfarzosa mensa del re, non voleva saggiare altro se non un piatto di cavoli lessi. Noi, purtroppo, abituati e infatuati dei beni e piaceri terreni, non sappiamo concepire e desiderare beni e godimenti immensamente superiori, quali sono quelli del Paradiso. Per esempio dire a una persona che in Paradiso non ci sarà più posto per i piaceri sessuali, significa mettere tale persona in condizione di capire ben poco una felicità priva di tali piaceri. In Paradiso non ci sarà più la funzione del sesso, come esplicitamente ha detto Gesù. Un giorno Egli fu avvicinato da un gruppo di Sadducei, membri di una setta religiosa ebraica che non credeva alla resurrezione dei corpi. Costoro, per mettere in imbarazzo Gesù e mettere in ridicolo la resurrezione, gli dicono (Mat. 22,24-30):
«Maestro, Mosè ha detto (Deut. 25,5-6): Se qualcuno muore senza figli, il fratello ne sposerà la vedova e così darà una discendenza al fratello. Ora c’erano tra noi sette fratelli. Il primo, appena sposato, morì e non avendo discendenza, lasciò la moglie al suo fratello. Così anche il secondo e il terzo fino al settimo. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla resurrezione, di quale dei sette essa sarà moglie? Poiché tutti l’hanno avuta per moglie». E Gesù rispose loro: «Alla resurrezione non si prende né moglie, né marito, ma si è come Angeli nel Cielo». In Paradiso dunque non cì si sposa più, ma si vive come Angeli. Questi non sposano perché, essendo puri spiriti, non hanno corpo e sesso. I Beati invece, pur riavendo in Paradiso i loro corpi con la distinzione del sesso — come afferma S. Tommaso — tuttavia non sposano perché la facoltà generatrice, essendo completato il numero dei Beati, cesserà per sempre la sua funzione, e quindi essi vivranno nella più assoluta purezza come gli Angeli.
Dio, per la moltiplicazione del genere umano sulla terra, (Gen. 1,27) creò «l’uomo: maschio e femmina» e pose nel cuore e nel corpo dell’uomo e della donna una forte attrazione reciproca per unirsi nel legittimo matrimonio istituito da Lui stesso (Gen. 1,28 e 2,24) «Siate fecondi e moltiplicatevi… per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne». Dio, creatore della natura con le sue ammirabili leggi, per incentivare la moltiplicazione degli uomini sulla terra e quindi dei Beati in Cielo, ha congiunto all’atto sessuale della funzione generatrice un grande piacere sensibile. Ebbene in Paradiso, ultimato ormai il numero dei Beati stabilito da Dio, la funzione generatrice cesserà per sempre e quindi non ci saranno più piaceri sessuali. Questi, essendo piccoli e brevi, non potrebbero più soddisfare l’immensa capacità di godimento del corpo risorto, per cui i piaceri sessuali saranno sostituiti da altri piaceri sensibili, molto più intensi di quelli terreni, che Dio escogiterà per la completa felicità dei suoi figli Beati con il loro corpo risorto.
I corpi risuscitati, per essere in grado di godere ebbrezze sensibili molto più intense di quelle terrene, saranno dotati di capacità sensorie molto più perfette di quelle che avevano in terra. E i Beati godranno tale cumulo di godimenti non con un senso solo o in una parte limitata del corpo, come avviene sulla terra, ma con tutti i cinque sensi insieme (ciascuno alla sua maniera) e con tutte le membra del corpo insieme. Né si dica che la Visione Beatifica di Dio supplirà abbondantemente a tutto ciò che l’uomo può desiderare, perché la Teologia, i Dottori della Chiesa, come S. Bernardo e S. Tommaso d’Aquino, insegnano che in Paradiso le anime, nonostante siano felici, tuttavia sentono la mancanza del loro corpo, perché è esigenza insostituibile della natura umana composta di anima e di corpo, e perciò i Beati, se non dovessero più riavere i loro corpi, rimarrebbero per sempre col desiderio istintivo più potente insoddisfatto, e quindi non sarebbero pienamente felici, il che non può ammettersi in Cielo.
Inoltre se i Beati dovessero godere soltanto spiritualmente con l’anima e non col corpo, la resurrezione di quest’ultimo sarebbe del tutto inutile, e Dio non fa cose inutili. Egli non ci ha creati puri spiriti come gli Angeli, ma composti essenzialmente di anima e di corpo, di spirito e materia, perciò in Paradiso godremo con l’anima e col corpo.
Il corpo, che su questa terra sopporta una parte notevolissima delle prove dolorose, in Paradiso ha diritto a una parte notevolissima del premio celeste confacente alla sua natura.
Inoltre, se i godimenti sensibili del corpo risorto, per ricompensare i Beati delle sofferenze, dei dolori, dei sacrifici sostenuti sulla terra per restare fedeli a Dio, non dovessero non solo uguagliare, ma superare immensamente i godimenti sensibili della vita terrena, il Signore non sarebbe quell’onnipotente e quel generoso rimuneratore che Egli è. Perciò, Dio, infinitamente potente e infinitamente giusto, farà godere ai suoi figli Beati anche col loro corpo risorto le massime ebbrezze sensibili adattate ai loro cinque sensi.
Non sta a noi suggerire a Dio per quali vie le massime ebbrezze sensibili potranno insinuarsi in tutte le nostre membra gloriose e immortali; per quali vie esse potranno permearle non in una sola parte, come avviene quaggiù sulla terra, ma tutte quante per intero; per quali vie esse potranno colmare di felicità tutti i nostri cinque sensi, pur vivendo nella purezza degli Angeli. A noi, per intuire che i piaceri dei nostri sensi, resi perfetti, raggiungeranno intensità impensabili su questa terra, basta sapere che Dio rimetterà a nuovo tutto l’universo materiale per la gioia dei suoi figli beati.
In Paradiso la nostra vita rassomiglierà a quella di Gesù risorto: cioè vita umana
Il primo corpo risorto, quello di Gesù, causa esemplare della nostra resurrezione, si trattenne sulla terra quaranta giorni e coloro che ebbero il privilegio di esserne testimoni, ebbero tutta la comodità di vederlo, osservano, palparlo e assicurarsi che era un corpo umano realissimo, né più né meno del nostro corpo.
Gesù risorto si è mostrato proprio l’uomo che era prima, anzi più accessibile, più disponibile, più intimo ancora, per farci convinti che in Paradiso non si è meno uomini che sulla terra. E rimasto uomo in mezzo agli uomini, riconoscibile in tutti i particolari della sua fisionomia.
Sulla riva del lago preparò e offrì agli Apostoli, come non aveva fatto mai prima, un pranzetto, sedendo si in mezzo a loro a mangiare, dopo averli serviti.
Gesù, ritornato in vita, fu di nuovo quello conosciuto dai suoi, e le sue abitudini umane rimasero quasi immutate: Gesù è rimasto essenzialmente Lui, proprio Lui come in terra, così in Paradiso per tutta l’eternità.
E noi, ci assicura San Giovanni Evangelista, saremo simili a Lui, sempre con la nostra personalità umana come in terra, così in Paradiso. La nostra vita eterna sarà non meno sensibile che intellettiva, non meno materiale che spirituale, non meno umana che divina o divinizzata.
Noi dunque riavremo un corpo, un corpo vero, reale, esteso, visibile, tangibile, palpabile, libero però da la schiavitù limitativa e coercitiva della materia allo Stato presente.
Perché allora dovremmo avere il timore di parlare del nostro corpo risorto? Il nostro corpo umano non è stato pensato, voluto, creato da Dio né più né meno della nostra anima? E Gesù (Dio fatto uomo) non ha preso la natura corporea come noi?
In Paradiso la vita dei Beati sarà vita sociale: tutto un mondo di affetti e tenerezze
La resurrezione dei corpi non è solo un fatto individuale, ma anche sociale. Mentre la morte è una rovina strettamente personale, che toglie a ciascuno la vita terrena e apre la porta della vita eterna, invece la restaurazione dallo sfacelo della morte, cioè la resurrezione è un avvenimento solennissimo e universale, perché non riguarda soltanto gli uomini, ma l’intero universo.
Il Paradiso, come segnerà il trionfo dell’unione sostanziale del nostro corpo con la nostra anima, così segnerà il trionfo della nostra più intima unione fraterna con tutti e con ciascun Beato. In Cielo tutti, compresi gli Angeli, saremo fratelli e sorelle affettuosissimi, figli dello stesso Padre Celeste, della stessa Madre Celeste e fratelli dello stesso Gesù.
Le nostre anime, pervase dalla stessa presenza beatificante di Dio, e i nostri corpi, splendenti della stessa gloria divina, agiranno finalmente con assoluta docilità alle operazioni della grazia senza più pericolo di peccato. Su questa terra i nostri corpi, decaduti dalla santità iniziale e guasti per il peccato originale, Sentono troppo l’istinto animalesco della bestia per cui facilmente pecchiamo, vinti dalle passioni più basse e pericolose. Ma quando saremo in Paradiso, investiti e compenetrati dalla luce purissima di Dio, anche la bellezza smagliante del nostro corpo contribuirà vicendevolmente alla nostra felicità senza offuscare minimamente la santità di ciascun Beato. Né la sensualità, né altre passioni potranno più contaminare le relazioni più vive e più tenere di affetto anche tra i due sessi.
Il Paradiso è vita cosmica
La redenzione di Gesù Cristo riguarda direttamente tutti gli uomini, liberandoli dalla condanna eterna dell’Inferno e indirettamente riguarda tutto l’universo materiale, rimettendo a nuovo ogni cosa per la felicità dei Beati.
Gli uomini adesso sono abitatori soltanto della terra, domani, ripieni di gloria e di felicità, abiteranno l’universo intero rinnovato.
Il Signore ci ha fatto in anticipo una promessa molto lusinghiera sul mondo futuro, dove siamo destinati a vivere eternamente. Ci ha infatti assicurati che rifarà a nuovo l’universo materiale nella massima perfezione fisica per metterlo a nostra piena disposizione: sia come nostra dimora, sia come luogo di nostro divertimento, sia come campo delle nostre occupazioni geniali, sia come luogo dei nostri trattenimenti più svariati.
Tale promessa del Signore dà le ali alla nostra fantasia e al nostro cuore perché essa spalanca alle nostre aspettative, ai nostri desideri di perpetuo godimento, l’intero universo in tutta la sua estensione di miliardi di anni-luce e con lo spettacolare ammasso di miriadi di stelle.
La luce — come ci dice la scienza — percorre in un secondo 300.000 chilometri. In un secondo e frazione essa raggiunge la luna, che dista da noi 384.000 chilometri. In otto minuti e diciassette secondi essa raggiunge il sole distante da noi 150 milioni di chilometri. In un’ora percorre 1 miliardo e 80 milioni di chilometri; in un giorno ne percorre 26 miliardi; in un anno ne percorre 9.490 miliardi. Mentre sulla terra l’unità di misura è il metro e il chilometro, per l’universo stellare l’unità di misura è l’anno-luce, cioè il percorso che la luce fa in anno: 9.490 miliardi di chilometri.
Quanti anni-luce occorrono per attraversare il diametro dell’universo? Molti miliardi di anni.
L’universo è pieno di galassie. La galassia è un ammasso fittissimo di stelle, che ad occhio nudo appaiono come una nebbia luminosa.
L‘astronomia “odierna” ci dice che nell’universo ci sono più di 100 miliardi di galassie, e in ogni galassia ci sono da 100 a 300 miliardi di stelle. L’astronomia di domani con l’invenzione di strumenti più sofisticati e perfetti per esplorare l’universo stellare, dovrà certamente aumentare il numero. Un esempio. Nel 1995, dopo una decina di giorni di in interrotte osservazioni con il sofisticato telescopio spaziale “Space Telescope Hubble” (in America) puntato su una minuscola regione della volta stellare, pari a un trentesimo del diametro della nostra luna, sono state scoperte altre 1500 nuove galassie. La sorpresa è stata grande perché dove prima si vedeva qualche debole stellina, ora sono state trovate addirittura 1500 nuove galassie. Da questo si deduce che il numero delle stelle sopra riportato ora va moltiplicato per miliardi di miliardi di volte perché non c’è solo quel pò di cielo osservato col telescopio spaziale di Hubble, ma c’è tutto l’universo.
Se noi potessimo contare i 100 miliardi di stelle che compongono la nostra Galassia, chiamata Via Lattea, al ritmo di una stella al secondo, ci metteremmo quasi 2.500 anni. La luce per attraversare la Via Lattea impiega 100 mila anni.
O grandezza di Dio! Il Salmo (146,4) dice: «Egli (cioè Dio) conta il numero delle stelle e chiama ciascuna per nome. Grande è il Signore Onnipotente, la sua Sapienza non ha confini’.
Considerando queste grandezze smisurate, la nostra mente prova le vertigini, ma nello stesso tempo ci fa ammirare l’Onnipotenza e l’Amore infinito di Dio che ha creato tutto questo universo materiale per metterlo (dopo averlo rimesso a nuovo, perfezionato e abbellito) a nostra completa disposizione come strumento della nostra felicità sensibile.
Noi saremo i padroni dell’intero universo; padroni di percorrerlo tutto da un estremo all’altro, a nostro piacere, e di visitarlo in tutti i suoi angoli più remoti; padroni di spostarci attraverso lo spazio in ogni direzione con la velocità della luce e con la facilità con cui il corpo glorioso di Gesù salì al Cielo, senza la schiavitù di doverci rinchiudere in capsule spaziali e farci portare da razzi vettori; padroni di intrattenerci nella stella che più c’interesserà, senza più l’ostacolo di inabilità come è adesso. Saremo i padroni di casa dell’intero universo nel senso letterale della parola, perché parteciperemo in pieno della proprietà, dell’autorità e della potenza assoluta di Dio su tutte le cose.
Se poi riflettiamo che Dio farà assumere al futuro universo forme innumerevoli di perfezione e gli conferirà capacità sempre nuove di allietarci, indicibilmente superiori alle attuali, noi ci rendiamo conto di poter godere immensamente nel visitare, o abitare valli e monti, fiumi e laghi, continenti e mari, spiagge e campagne, boschi e prati, giardini e parchi, ecc.
Saremo dunque i padroni dell’intero universo per ché avremo il potere di dominare la materia senza sforzo alcuno e di volgerla a tutto quello che vorremo senza alcun contrasto: simili a Gesù che comandava alle leggi della natura da padrone assoluto.
Spazieremo nell’universo e ci occuperemo con la materia glorificata, Dio, rimesso a nuovo tutto l’universo fisico, lo darà in uso ai suoi figli Beati, i quali vi ammireranno tutte le perfezioni sparse nelle miriadi di stelle e pianeti che popolano lo spazio sconfinato. La visita al museo cosmico dei capolavori materiali di Dio stesso certamente non sarà tanto breve!
All’uomo ancora innocente Dio aveva affidato la cura piacevole del giardino dell’Eden, del paradiso terrestre, che era fertile da sè.
All’uomo peccatore Dio ha imposto la dura fatica di lavorare la terra, ormai resa avara e ostile. O da santo nell’Eden, o da peccatore nella terra aspra e tribolata, la sorte dell’uomo è legata al mondo della materia, con la quale è concorporeo, e quindi è logico che all’uomo glorificato rimarrà in dotazione l’uso e il godimento della natura materiale, rimessa a nuovo e glorificata.
La materia perciò migliorata notevolmente nelle sue proprietà, regolata da leggi di assoluto rispetto alla nostra integrità fisica, resa docile in tutto, sarà lasciata interamente a nostra completa disposizione, a disposizione della nostra inventiva, come noi lasciamo i nostri bimbi a sbizzarrirsi col «meccano» o con il «lego» a costruire case, strade, ponti, aeromodelli, ecc.
In Paradiso non sarà possibile annoiarsi
Quando in Paradiso non saremo più oppressi dal bisogno, non saremo più amareggiati e spossati dalla fatica, con quale interesse, con quale piacere la nostra attività sempre giovane, sempre fresca e deliziosa, si chinerà sulle nuove creature inferiori per agire su di loro come ideatori artistici di nuove bellezze, come armonizzatori inesauribili di nuovi accordi di luci, di colori, di suoni, di profumi, di dolcezze ed ebrezze, ecc.
In Paradiso conosceremo alla perfezione l’ingegneria genetica ed allora ci divertiremo a mettere in pratica le leggi del corredo genetico e quindi ci delizieremo come moltiplicatori geniali di innumerevoli forme viventi e di animali, e di innumerevoli forme di minerali. Assai meglio di Adamo nel paradiso terrestre, ciascuno di noi nel Paradiso Cosmico sarà come un piccolo dio impegnato a riprodurre in miriadi di varietà, sempre più belle, le perfezioni della propria persona e del proprio pensiero in modo simile a quello con cui Dio, il Creatore di ogni cosa, è andato disseminando le immagini delle sue infinite perfezioni nell’opera colossale del creato. Chissà allora quali e quante meraviglie noi sapremo realizzare in modo da confondere e umiliare tutte le scoperte, le trovate e le applicazioni più geniali di cui l’uomo moderno è tanto orgoglioso!
L’esercizio delle proprie capacità e attitudini determina in tutti l’attrattiva e la soddisfazione più gioiosa. Quando il Signore avrà rinnovata la nostra natura umana, dotandola di capacità fattive immensamente superiori alle attuali, non potrà condannarci all’inattività mortificante e all’inoperosità umiliante dei nostri migliori talenti naturali, che son doni suoi.
Qualunque nostra attività, per tutto il Paradiso Cosmico, avrà esclusivamente il carattere e il sapore di divertimento, perché tutto il creato verrà posto dall’Onnipotenza divina in tale esclusiva condizione. Pensiamo allora a tutto il mondo rinnovato dei minerali, dei vegetali, degli animali, collocati tutti a un livello molto superiore di perfezione, per essere messo a nostra completa disposizione. Essi saranno come semplici balocchi e trastulli posti da Dio nelle nostre mani, come noi poniamo i giocattoli in mano ai nostri bambini.
Dio ci conferirà sulla natura una specie di onnipotenza di piccoli dei, o almeno una potenza di dominio molto maggiore di quello esercitato, e purtroppo per duto troppo presto, da Adamo. E allora anche noi, come Gesù in terra, potremo comandare alle forze della natura, arrestare venti, placare il mare, moltiplicare i beni con una semplice parola. Saremo dunque i padroni dell’universo, perché avremo in mano il potere di dominare senza sforzo la materia e volgerla a nostro piacere a tutto quello che vorremo.
Inoltre va tenuto presente che l’infinita Sapienza e Onnipotenza di Dio non si è affatto esaurita nella creazione e nell’assetto attuale del mondo materiale.
Dopo il Giudizio Universale, Dio riorganizzerà tutto l’universo materiale adattandolo allo stato glorioso dei Beati, e per tutta l’eternità certamente non gli mancheranno mai altre trovate per scamparci, se ce ne fosse bisogno, dai tentacoli della noia. Certamente non mancherà a Dio la Sapienza e la Potenza di creare nuovi elementi naturali e nuovi corpi fisici; disporre e fissare nuove leggi di equilibrio delle forze esistenti; variare le proprietà della materia sia negli elementi che nei corpi, sia nelle loro strutture molecolari come nelle loro configurazioni, tanto nel regno animale quanto in quello vegetale e minerale. Senza dubbio Dio Creatore è in grado per tutta l’eternità di metterci dinanzi, di volta in volta, sempre nuovi piani di natura, uno più interessante dell’altro, e così i Beati avranno la possibilità di ricominciare da capo la loro esperienza in occupazioni divertenti attorno a un nuovo mondo di cose, e di esplicare le loro attitudini in un nuovo ordine di attività.
A tutto questo aggiungiamo che il Paradiso non avrà le dimensioni piccine di un continente, ma si estenderà all’universo intero popolato da miriadi di Beati e da miriadi di Angeli, uno più bello dell’altro, uno più amabile dell’altro, uno più caro dell’altro, uno più meraviglioso dell’altro.
I Beati, partecipando alla vita divina, sono presenti e operanti con Dio ovunque Egli si trovi e operi e cioè dappertutto, quindi partecipano, in qualche modo, al dinamismo universale di Dio. Nei Beati si ripercuotono le vibrazioni di ogni essere e di ogni vita, le pulsazioni dell’universo e di tutta l’eternità.
Tutto questo non è altro che l’interpretazione del la verità rivelata: «Nell’altra vita noi saremo partecipi, in sommo grado, della natura divina, cioè della massima potenza e della massima attività possibile sempre in atto.
Altro che inerzia! Altro che noia! Sarà una continua attività beatificante per tutta l’eternità!
Vedi anche: Il Paradiso di Don Tomaselli
La verità del Paradiso è una verità di Fede in tutti i suoi contenuti di mistero ineffabile, secondo la Chiesa Cattolica. Credere in questo mistero di Fede, infatti, significa credere nell’esistenza ed eternità del Paradiso, credere nella sua bellezza e beatitudine indicibili, credere nella presenza in esso di Dio Uno e Trino insieme alla Madre divina, Maria Santissima, in compagnia di tutti i cori degli angeli e di tutti i santi, i quali godono la visione e la fruizione di Dio, con la gloria dell’anima e del corpo degli uomini risorti per il Paradiso eterno, secondo le parole divine di Gesù: «I giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro» (Mt 11,43). In Paradiso si possiede il Lumen gloriæ per poter contemplare Dio faccia a faccia e non più «come in uno specchio, in maniera confusa» (1Cor 13,12), secondo le parole di san Paolo. In Paradiso avremo sempre la visione e la compagnia amorosissima di Gesù con la Madonna e san Giuseppe. Gesù, con la nostra natura umana, è alla destra del Padre, Maria, con la Maternità divina, è alla destra del Figlio, san Giuseppe, con la sua Paternità verginale, è sul trono più alto fra tutti i santi. Nel Paradiso le nostre anime sono glorificate nello splendore della grazia divina, con il dono della perfetta conoscenza dell’Increato e del creato, di Dio e del cosmo con le loro meraviglie senza numero; e i loro corpi spiritualizzati sono dotati di agilità, per spostarsi con la velocità del pensiero, di sottigliezza, per attraversare ogni cosa senza ostacoli (come il corpo di Gesù Risorto entrò nel Cenacolo a porte chiuse), di splendore che li renderà più trasparenti del cristallo e più fulgidi dell’oro.
Le testimonianze e gli insegnamenti letti in questa catechesi sono tratti dal libro di Padre Stefano Maria Manelli (Fondatore dei Francescani dell’Immacolata): I Novissimi. Meditazioni per ogni giorno del mese di novembre, Casa Mariana Editrice, Frigento 2016.
IL PARADISO – Visioni, rivelazioni, esperienze e testimonianze
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