
Restano senza una risposta ufficiale le domande sull’Esortazione apostolica Amoris laetitiae presentate a papa Francesco da quattro cardinali sotto forma di Dubia ( Dubbi ). Più che chiarire il documento, le risposte indirette fornite da ecclesiastici vicini al Pontefice hanno solo rafforzato le domande sollevate dai quattro zelanti cardinali, l’americano Raymond Leo Cardinal Burke, i tedeschi Walter Brandmüller e Joachim Meisner e l’italiano Carlo Caffarra.
L’ultima “risposta indiretta” arriva dal cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi, “uno dei più stretti e ascoltati collaboratori” di papa Francesco.

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Papa Francesco non ha risposto ai Dubia ?
Non si può dire che Papa Francesco non abbia effettivamente risposto ai Dubia dei cardinali , almeno indirettamente. Le sue azioni, gesti, atteggiamenti e omissioni rivelano il suo pensiero tanto quanto le parole esplicite. E il sostegno che ha dato alle conferenze episcopali che interpretanoAmoris laetitiacome un permesso, almeno in linea di principio, per i cattolici divorziati e “risposati” civilmente di ricevere l’assoluzione sacramentale e la comunione rende chiara la sua interpretazione del capitolo 8 di Amorislaetitia.
Fr. Thomas Reese, SJ, ex caporedattore di Jesuit America Magazine , ha scritto il 9 marzo 2017 sul liberale National Catholic Reporter:
“ Il cardinale Burke ei critici del papa hanno ragione; il papa presenta un nuovo modo di pensare le questioni morali nel capitolo 8 di Amoris laetitia. Sta spostando la chiesa da un’etica basata sulle regole a un’etica basata sul discernimento. Fatti, circostanze e motivazioni contano in tale etica. In questo approccio alla teologia morale, è possibile vedere la santità e la grazia nella vita delle persone imperfette, anche quelle nei matrimoni irregolari”.
Il cardinale Coccopalmerio, autorevole portavoce di papa Francesco
Torniamo al cardinale Francesco Coccopalmerio.
Lo scorso febbraio, “su richiesta dello stesso Pontefice” (“su richiesta dello stesso Pontefice”), ha pubblicato un fascicolo di trenta pagine intitolato “Il Capitolo Ottavo della Esortazione Apostolica post SinodaleAmoris Laetitia” (“Capitolo 8 dell’Esortazione Apostolica post-sinodaleAmoris Laetitia”) edito dalla Libreria Editrice Vaticana.
Stranamente, il cardinale Francesco Coccopalmerio non è mai venuto alla presentazione del suo libro o alla conferenza stampa che avrebbe dovuto svolgersi durante l’evento.
Eppure, il 21 febbraio, pochi giorni dopo, concesse un’intervista a Edward Pentin, il corrispondente da Roma delNational Catholic Register. In quell’intervista il cardinale riassume le argomentazioni contenute nel suo libretto.
Alla domanda se il Papa avesse recensito il suo libro su Amoris Laetitia prima della sua pubblicazione, il cardinale Coccopalmerio ha risposto negativamente ma ha aggiunto: “Ho parlato altre volte con il Papa di queste questioni, e abbiamo sempre pensato la stessa cosa; anche durante i sinodi”.
Pertanto, questa intervista porta non solo il peso dell’attuale ufficio del cardinale, ma anche della sua affermazione che lui e il Papa la pensano allo stesso modo sui problemi morali trattati in Amoris laetitia — oggetto del suo libro e dell’intervista, nonché della Dubia presentati dai quattro cardinali.
Ripercorriamo alcune dichiarazioni del presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi in quell’intervista. Tanto per cominciare, c’è da dire che oltre alle vicissitudini comuni a qualsiasi intervista, le parole del cardinale sono scivolose, confuse, contraddittorie e cariche di ambiguità (per la dottrina corretta si veda il riquadro “Una dottrina precedentemente condannata” su Veritatis Splendor).
San Paolo proibisce la pratica del male per trarre qualsiasi bene
Il cardinale dice che una persona spesso sa di trovarsi in una situazione errata ma non è in grado di uscirne, «[ b ] perché se lo facessero, se lasciassero queste unioni, persone innocenti ne rimarrebbero ferite».
Ipotizza il caso di una donna che convive con un uomo abbandonato dalla moglie legittima, e dal quale ha avuto tre figli. Quella donna sa di essere in torto e vorrebbe uscire da quella situazione ma non può farlo perché ciò danneggerebbe i suoi figli e il suo compagno. Secondo il cardinale, dirà: “’Lascio questa unione sbagliata perché voglio correggere la mia vita,ma se lo facessi, farei del male ai figli e al compagno’; allora potrebbe dire:‘vorrei, ma non posso’”.
Le azioni della donna in questo ipotetico esempio del cardinale si opporrebbero chiaramente all’insegnamento di San Paolo che non si può fare un male per trarne un bene. Perché ella rimarrebbe in una situazione di peccato, concorrerebbe con il peccato del suo compagno, oltre a dare scandalo ai figli.
Nel suo esempio (che illustra la sua dottrina) il cardinale non distingue tra un bene relativo di ordine naturale — l’affetto per il compagno e per i figli — e il bene soprannaturale — recuperare la grazia santificante e praticare il vero amore: la carità, che consiste nell’amare il prossimo per amore di Dio. E quindi, seguendo la Legge di Dio.
La morale non può essere separata dalla vita spirituale
Nella concezione morale dell’illustre presule non si vede la ricerca di «quella sapienza che ci insegna ad accumulare tesori in cielo scambiando i beni di questo mondo con quelli dell’eternità».
Sebbene la sua ipotetica donna chiarisca che non abbandonerà il peccato, il cardinale ritiene che la sua intenzione (sebbene inefficace) sia sufficiente per darle i Sacramenti.
“Proprio in questi casi” dice il porporato, “in base alla propria intenzione di cambiare e all’impossibilità di cambiare, posso dare a quella persona i sacramenti, nell’attesa che la situazione si chiarisca definitivamente”.
Il giornalista Edward Pentin insiste con il cardinale: come si può conciliare questa situazione “in cui lei dice che è meglio per una donna continuare nella sua situazione di peccato” con l’insegnamento di San Paolo e del Magistero della Chiesa secondo cui “non è mai lecito fare il male per amore di un bene più grande”.
Il cardinale risponde:
Una dottrina precedentemente condannata
Nella sua intervista il cardinale Coccopalmerio attribuisce la moralità di un atto umano all’intenzione del suo agente e non alla sua natura o oggetto dell’atto stesso. Quindi, anche se una persona pratica un atto cattivo violando qualche Comandamento della Legge di Dio, l’atto sarà buono se l’intenzione è buona.
Questa teoria è stata condannata come contraria alla dottrina cattolica di recente come l’enciclica Veritatis Splendor di Giovanni Paolo II , basata su San Tommaso d’Aquino e sul Concilio di Trento:
“La moralità dell’atto umano dipende anzitutto e fondamentalmente dall’“oggetto” scelto razionalmente dalla volontà deliberata, come attesta l’acuta analisi, ancor oggi valida, di san Tommaso” (n. 78).
“… [Alcuni teologi moralisti hanno introdotto una netta distinzione, contraria alla dottrina cattolica, tra un ordine etico, che sarebbe di origine umana e valerebbe solo per questo mondo, e un ordine di salvezza, per il qualesarebbero significativi solo determinate intenzioni e atteggiamenti interiori nei confronti di Dio e del prossimo. Ciò ha poi portato ad una vera e propria negazione che esista, nella Divina Rivelazione, un contenuto morale specifico e determinato,universalmente valido e permanente. (N. 37)
Dichiarazione di fedeltà
Ricordando l’esistenza del male intrinseco, Veritatis Splendor afferma:
“… San Tommaso osserva che ‘accade spesso che l’uomo agisca con buona intenzione, ma senza guadagno spirituale, perché gli manca la buona volontà. Diciamo che qualcuno ruba per dar da mangiare ai poveri: in questo caso, anche se l’intenzione è buona, manca la rettitudine della volontà. Di conseguenza, nessun male fatto con buona intenzione può essere scusato. «Ci sono quelli che dicono: E perché non fare il male perché venga il bene? La loro condanna è giusta’ (Rm 3,8)’” (n. 78).
“Diciamo, se sei d’accordo, che se lascia questa situazione, danneggerà le persone. E poi per evitare questo male, [dice la donna] continuo in questa unione in cui già mi trovo».
Si noti che lo stato di peccato della donna in questione danneggerebbe non solo se stessa, ma anche il suo compagno – che lei aiuta a tenersi lontano da Dio – e i suoi figli, influenzati dalla loro situazione peccaminosa. Inoltre, le azioni di una persona influiscono non solo sulla propria vita esteriore, ma «danno definizione morale a colui stesso che le compie, determinandone i tratti spirituali profondi ». ( Veritatis splendor , n. 71).
La vita morale non può essere separata dalla pratica della fede, dalla vita spirituale e dal perfezionamento soprannaturale dell’anima.
“La strada per l’inferno è lastricata…”
L’intenzionalità della concezione morale del cardinale, insinuata sopra, diventa più chiara sotto.
Ma è bene ricordare le parole di San Bernardo di Chiaravalle che “L’inferno è pieno di buone intenzioni o desideri”, che ha dato origine al proverbio popolare, “La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni”.
Pentin presenta al porporato un testo dell’anno 2000 emanato dal Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi – di cui è ora presidente il card. e chiede se tale testo sia ancora in vigore.
Il testo recita:
“Ogni interpretazione del canone 915 che si contrapponga al contenuto sostanziale del canone, come dichiarato ininterrottamente dal magistero e dalla disciplina della Chiesa nel corso dei secoli, è chiaramente fuorviante”.
Mentre il cardinale risponde affermativamente, la sua interpretazione del canone 915 è intenzionalista:
“ È sempre in vigore . [Questi canoni si applicano a qualcuno] [che] è in peccato grave e dice “non ho intenzione di cambiare” : questi sono i canoni 915 e 916. Ma se qualcuno dice: “voglio cambiare, ma in questo momento non non posso, perché se lo faccio, ucciderò delle persone’, posso dire loro: ‘Basta qui. Quando potrai, ti darò l’assoluzione e la Comunione». O anche, posso insistere su questa tua intenzione e dire che non sei in peccato perché hai la seria intenzione di cambiare ma in questo momento non puoi farlo. Ci sono due cose da mettere insieme. Capire?”
Quante anime perderanno la fede?
Per il cardinale Coccopalmerio la sola intenzione di abbandonare il peccato (senza farlo effettivamente) sarebbe sufficiente perché la persona esca dallo stato di peccato. La sua intenzione unita all'”impossibilità” di abbandonare il peccato avrebbe presumibilmente tolto il carattere peccaminoso dell’adulterio o del concubinato.
Ora, se si applica questo principio a un ladro che sostiene la sua famiglia con i prodotti del suo furto, non si potrebbe dire che non può lasciare quell’attività peccaminosa perché così facendo danneggerebbe la sua famiglia e sarebbe così perdonato per aver rubato? Lo stesso non si applicherebbe a un trafficante di droga o di esseri umani?
“Simul Justus et Peccator”
Eppure il cardinale Coccopalmerio continua la sua spiegazione insistendo sulla tesi che perché una persona sia perdonata e perfino santificata basta l’intenzione, e non è richiesta alcuna azione positiva.
“ Questa persona è già convertita, è già distaccata dal male , ma materialmente non può farlo. Si tratta di prendersi cura di queste situazioni”.
Le azioni umane sarebbero così slegate dalla loro natura morale: una persona con “buona intenzione” può rimanere nel peccato perché “è già convertito, è già distaccato dal male”.
Cosa ne penserebbero i grandi santi penitenti ei grandi autori di vita spirituale? Si può allo stesso tempo disobbedire alla Legge di Dio e amarlo sopra ogni cosa?
Nostro Signore Gesù Cristo non ha forse detto: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti” ? E: «Chi ha i miei comandamenti e li osserva è colui che mi ama»?
Non è oggetto della morale rendere più comoda la vita terrena. “La morale non è ordinata a un fine qualsiasi, ma al fine ultimo dell’uomo , cioè a quel valore supremo che trascende e subordina a sé tutti gli altri valori e fini secondari, siano essi provvisori o intermediari”.
La dottrina esposta dal cardinale richiama il “Simul justus et peccator” di Lutero – un cristiano è insieme giusto e peccatore, secondo il quale si può peccare senza perdere la grazia santificante e l’amicizia di Dio. Il cardinale aggiunge la necessità di avere una “buona” intenzione.
Nessun cambiamento di vita? — “Tu lo assolvi”
Nella sua intervista, il cardinale Coccopalmerio torna sul tema che basta la buona intenzione per essere perdonati, senza abbandonare il peccato:
“Quando qualcuno viene a confessarsi e ti dice: ‘Ho commesso questo peccato. Voglio cambiare, ma so che non sono capace di cambiare, ma voglio cambiare ,’ cosa fai? Lo mandi via? No, tu lo assolvi.
Per inciso, si dica che tale assoluzione non sarebbe valida perché, come insegna il Concilio di Trento, perché un’assoluzione sia valida occorre «contrizione, confessione e soddisfazione». La vera contrizione, spiega lo stesso Concilio, «è un dolore della mente, e un’avversione per il peccato commesso, allo scopo di non peccare per l’avvenire ».
Rispondendo a due domande di Edward Pentin, il Cardinale insiste che la volontà di cambiamento è sufficiente perché la persona riceva l’assoluzione e la Comunione:
“I sacramenti sono l’assoluzione e l’Eucaristia. La persona fa le stesse cose , ma vuole sinceramente cambiare . Vedi che c’è un’impossibilità in questo caso? Non si può cambiare immediatamente.
Di conseguenza, il solo desiderio di uscire da una situazione di peccato è sufficiente per ricevere la Santa Comunione. La persona continua a peccare ma la specificazione morale dell’atto cambierebbe. D’altra parte, il porporato insiste sull’impossibilità della persona di uscire almeno immediatamente dal peccato.
Negare che un peccatore sia in grado di lasciare il peccato è negare l’efficacia della grazia divina che Dio non nega mai a un “cuore contrito e umiliato”.
“Cambiare la loro intenzione, non il loro stile di vita”
Pentin chiede: “Devono cambiare il loro stile di vita prima di ricevere la Comunione?”
Il cardinale risponde: «No, devono cambiare intenzione, non stile di vita . Se aspetti che qualcuno cambi stile di vita, non assolveresti più nessuno. È l’intenzione.
Di conseguenza, secondo il cardinale, bisogna cambiare la dottrina sui Sacramenti perché non c’è più nessuno capace di abbandonare il peccato…
E con ciò si comprende meglio la dottrina di Amoris Laetitia.
Pentin: Come si riconosce un vero penitente?
Cardinale: “Bisogna fare attenzione a quello che dice il penitente. Se lo sai, puoi capire se ti sta fuorviando. Ma chi viene a confessarsi, già per il fatto che viene a confessarsi, significa che ha intenzione di cambiare…. Se vengo a confessarmi è perché ho un’intenzione positiva, anche piccola , ma seria, di cambiare. Dovete porre tutta la vostra attenzione su questa intenzione . Farò tutto quello che posso.
“Il compagno si suiciderà!”
Messo con le spalle al muro dall’intervistatore sull’eventualità del martirio di San Tommaso Moro e di altri che hanno dato la vita per l’indissolubilità del matrimonio, il cardinale Coccopalmerio elude la questione e assume toni drammatici:
“Queste persone – prendi le donne di cui ho parlato nel libro – dicono a tutti che il matrimonio è indissolubile: ‘Sono in una brutta situazione. Ma vorrei cambiarlo proprio perché il matrimonio è indissolubile. Ma in questo momento non posso farlo.’
… Ma come può lasciare il sindacato? Lui [il suo coniuge civilmente sposato] si ucciderà. I bambini, chi si prenderà cura di loro? Rimarranno senza madre. Pertanto, deve rimanere lì.
Ci si potrebbe chiedere perché quell’uomo non si è ucciso quando la moglie legittima lo ha lasciato… Quanto ai figli, non avrebbe bisogno di rimanere nello stato di peccato per averne cura. Quante vedove si prendono eroicamente cura dei loro figli, dando loro il buon esempio di virtù e dedizione totale.
Dichiarazione di fedeltà all’insegnamento della Chiesa sul matrimonio
Amoris laetitia interpretata dal cardinale Coccopalmerio
Dopo aver scritto un breve saggio in difesa dell’Esortazione apostolica Amoris laetitia e riassunto in questa intervista la sua argomentazione principale, ci si può chiedere se il cardinale Coccopalmerio abbia contribuito a chiarire il famoso capitolo 8 dell’esortazione dal punto di vista della dottrina cattolica.
La risposta non può che essere negativa. Rendendo ancora più urgente che il Papa – invece di approvare indirettamente le spiegazioni altrui – dia una risposta ufficiale e chiara alle critiche mosse a quella Esortazione apostolica. Ciò vale soprattutto per quanto riguarda le questioni sollevate nei Dubia presentati dai quattro cardinali.
Nostro Signore Gesù Cristo ha ordinato agli Apostoli e ai loro successori: “lascia che il tuo discorso sia sì, sì, no, no”, e ha avvertito, “ciò che è al di sopra di questi, è del male”.
In altre parole, qualcosa di dubbio, sibillino, confuso, non viene da Colui che disse di sé: «Io sono la via, la verità e la vita», ma piuttosto dal maligno.
Luiz Sérgio Solimeo 20 marzo 2017