Gli incendi che stanno avvenendo nella regione amazzonica brasiliana attestano l’ascesa di una nuova psicosi mondiale: una fissazione per l’ambientalismo. Il rimedio proposto per curare questa nuova malattia consiste in una prescrizione universale: fermare la crescita economica e lo sviluppo.
Consideriamo i fatti.
Da quando il presidente brasiliano Jair Bolsonaro è entrato in carica all’inizio di quest’anno, la pressione internazionale è cresciuta immensamente sulla presunta deforestazione della regione amazzonica. Questa preoccupazione ha acquisito le caratteristiche di un dramma durante il recente incendio.
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Secondo gli artefici di questa psicosi, che comprendono i presidenti europei e la maggior parte dei media occidentali, l’Amazzonia, con la sua vasta vegetazione, è il “polmone verde del mondo”. La sua “deforestazione” significherebbe che tutti smetteranno di respirare molto presto.
Quindi, il vertice del G7 ha affrontato, su richiesta del presidente Macron, il tema della salvaguardia della regione, “la nostra Amazzonia”, come ha affermato il presidente francese, con toni molto colonialisti.
Le autorità brasiliane hanno espresso indignazione per l’appello a “internazionalizzare” l’Amazzonia. Affermano che si basa su bugie e allarmi infondati.
Il vicepresidente del Brasile, il generale Hamilton Mourão, ha scritto su Twitter: “L’Amazzonia brasiliana è salva! Ci ho vissuto e so come sono gli incendi nei periodi di siccità. Trasformarli in una crisi dimenticando le tragedie che il fuoco ha causato negli Stati Uniti e in Europa mostra la malafede di chi non sa che i polmoni del mondo sono gli oceani e non l’Amazzonia.
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Coerentemente con dichiarazioni precedenti, un altro funzionario ha recentemente tenuto una conferenza in cui confuta i fondamenti scientifici dell’enciclica Laudato si’. Il noto scienziato brasiliano Professor Luiz Carlos Molion, Ph.D. in meteorologia con un post-dottorato in idrologia forestale e meteorologo e ricercatore presso l’Università Federale di Alagoas (UFAL), ha sfatato una serie di miti:
“Il clima varia per cause naturali. Gli “eventi estremi” si sono sempre verificati. La CO2 non controlla il clima globale ed è il gas della vita. Senza CO2 piante, animali e uomini finirebbero. Senza energia, compresa quella nucleare, i paesi poveri non usciranno dalla povertà”.
Il famoso professore ha concluso che è molto inquietante sentire che un Papa ha chiesto un “governo mondiale per controllare le emissioni di gas” in una grande enciclica.
Tutta questa raccolta di dichiarazioni e sentenze giudiziarie contro lo sviluppo, la moltiplicazione di leggi “ambientaliste” e l’esaltazione della vita di povertà condotta dai popoli aborigeni ci portano a concludere che gli eco-promotori mondiali stanno creando un clima ideale per l’accettazione da parte dell’opinione pubblica le idee del comunismo vestite di verde.
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Stanno cambiando il vecchio slogan, “Lavoratori di tutto il mondo, unitevi”, in “Indiani, animali e alberi di tutto il mondo, unitevi”. Uniti contro chi? Ieri era contro la borghesia; oggi è contro l’umanità, che cerca di progredire. Cosa vogliono imporre? Ieri era il socialismo di stato. Oggi è la fine dello Stato e l’imposizione di uno stile di vita povero ed egualitario all’ex società capitalista.
Insomma, è il trionfo del comunismo in verde.
Juan Antonio Montes Varas 13 settembre 2019
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