
Prospettive di Fatima #1318
Nel 1969, la polizia di New York City fece irruzione nello “Stonewall Inn”, un “bar gay” in cui veniva commessa la sodomia, poi criminalizzata. Le conseguenti rivolte dei “gay” nel Greenwich Village sono considerate la genesi del movimento del “gay pride”.
Il movimento si è diffuso in tutto il paese e alla fine ha ottenuto il riconoscimento governativo da parte di un governo federale apparentemente neutrale dal punto di vista religioso ma in realtà intrinsecamente antireligioso ( acquista il libro in inglese ). Due presidenti, Clinton e Obama, hanno “ufficialmente” dichiarato che giugno è il “Mese del Gay and Lesbian Pride”, impegnando così il governo federale “religiosamente neutrale” in una posizione morale che contraddice radicalmente un fondamentale precetto della legge divina e naturale, il Sesto Comandamento, al quale non ci sono eccezioni di sorta. Triste a dirsi, persino Trump ha riconosciuto il “mese dell’orgoglio” tramite un tweet.
Di cosa sono orgogliosi i membri del movimento “gay pride”? Vanno fieri di quella che il Catechismo della Chiesa Cattolica chiama giustamente una condizione “oggettivamente disordinata” che li porta a quelli che lo stesso Catechismo chiama “atti di grave depravazione” che sono “intrinsecamente disordinati”, dichiarando che “in nessun caso possono essere approvato.”
Oggi, se si desidera ricoprire cariche pubbliche, essere impiegati in una grande azienda o ricoprire qualsiasi posizione di rilievo nella vita sociale, comprese le arti dello spettacolo, bisogna inchinarsi al “gay pride”. Rifiutarsi di farlo significa commettere un suicidio professionale, almeno a livello di vita pubblica nel mainstream accettabile.
Anche la gerarchia cattolica, con poche nobili eccezioni, come questa, osserva la necessaria conformità; o peggio, nel caso di figure così imbarazzanti come il cardinale Dolan di New York, elargire le loro benedizioni a un male intrinseco oggettivo. Infinitamente peggio, niente meno che l’attuale titolare della Cattedra di Pietro ha segnalato la sua approvazione, per quanto ambigua , alle relazioni “gay” , compresa l’approvazione di un documento sinodale che dichiara che le “unioni omosessuali” forniscono “un prezioso sostegno nella vita di i soci ”.
Come è successo? In che modo la sodomia ha requisito la parola “orgoglio” in modo tale che nessuno possa mettere in discussione la menzogna senza il rischio di gravi conseguenze? Come siamo arrivati al punto in cui anche l’elemento umano della Chiesa è intimorito nell’accettare la nozione di “orgoglio gay”?
Nella sua storica enciclica Sapientiae Christianae, Papa Leone XIII ha dato la risposta in quella prosa nobile e chiara che ha caratterizzato l’insegnamento papale prima che la nebbia dell’offuscamento scendesse sulla Chiesa dopo il Vaticano II:
“[T]o tacere quando da tutte le parti si alzano tali clamori contro la verità, è parte di un uomo o privo di carattere o che dubita della verità di ciò che professa di credere. In entrambi i casi tale modo di comportarsi è vile e offensivo nei confronti di Dio, ed entrambi sono incompatibili con la salvezza dell’umanità. Questo tipo di condotta giova solo ai nemici della fede, poiché nulla incoraggia i malvagi tanto quanto la mancanza di coraggio da parte dei buoni.
Odia il peccato ma ama il peccatore. Odiare il peccato significa opporsi a qualsiasi tentativo di sancire l’approvazione del peccato nella vita pubblica. Amare il peccatore è difendere la verità con cui è reso libero, come proclama lo stesso Signore. Professare il proprio amore al peccato definendolo oggetto di superbia non è amare il peccatore, ma piuttosto fargli la più grande ingiustizia incoraggiandolo a proseguire su una strada che è, per dirla con Leone XIII, “incompatibile con la salvezza dell’umanità .”
L’uomo contemporaneo ha perso di vista la meta della salvezza e l’alternativa del castigo eterno, mentre la Chiesa incaricata di condurre gli uomini alla beatitudine e di evitare la dannazione ha, nel suo elemento umano, “ perso il coraggio di predicare la minaccia dell’inferno”, come Giovanni Paolo II ha ammesso in Varcare la soglia della speranza.
Per richiamare l’avvertimento profetico del Ven. Papa Pio XII nel 1951: “Venerabili Fratelli, voi ben sapete che quasi tutto il genere umano si lascia oggi trascinare in due campi opposti, per Cristo o contro Cristo. Il genere umano è coinvolto oggi in una crisi suprema, che sfocerà nella sua salvezza da parte di Cristo, o nella sua terribile distruzione”.
A un tale stato di cose nella Chiesa e nello Stato si può solo applicare la parola ‘apocalittico’. E gli sviluppi apocalittici sono precisamente ciò che il Terzo Segreto di Fatima ( vedi qui ), nella sua integrità, predice: il castigo divino è il correttivo ultimo per la ribellione dell’uomo contro il Dio che lo ha creato. E se ciò dovesse accadere, nessuno può dire in cuor suo di non sapere perché gli era capitato.
Fonte: Il Centro di Fatima