Prospettive di Fatima n. 1297
In mezzo al disordine terminale della società civile, soccombendo al “veleno della nostra epoca” che è penetrato “persino nella Chiesa stessa”, per alludere alla celebre osservazione di Dietrich von Hildebrand ne La vigna devastata, è facile dimenticare la prospettiva eterna sugli eventi mondani.
Indipendentemente dal corso della storia umana, ognuno di noi affronterà la propria apocalisse individuale, passando attraverso il portale della morte nel regno eterno al di là. E per i beati defunti, come osservò notoriamente santa Teresa d’Avila, «alla luce del Cielo, la peggiore sofferenza sulla terra non sarà vista come più grave di una notte in un albergo scomodo».
Com’è ironico che la scienza moderna, il credo dell’uomo post-cristiano, sondando sempre più a fondo il regno della quantità materiale, abbia individuato nell’abbondante potentia del regno quantico segni fisicamente inspiegabili della presenza del Dio che conserva ovunque il mondo. Le conferme sperimentali del teorema di Bell che coinvolge i fotoni entangled distanti – decisamente troppo tecniche per essere provate qui – hanno indicato la conclusione suggerita dal fisico Nick Herbert ( in inglese ): che “la realtà profonda è veramente non-locale” e che “il mondo è in verità legato insieme ovunque da connessioni più veloci della luce…” ( Quantum Reality: Beyond the New Physics at 4095 [Kindle])
Essendo un buon fisico, Herbert immagina che questa interconnessione non locale dell’universo implichi una sorta di segnalazione che un giorno potrebbe essere scoperta e sfruttata come mezzo di comunicazione più veloce della luce. Ma gli scienziati respingono come “mera filosofia” (Herbert al 3879) l’idea che la “realtà profonda” sia la porta d’accesso a un regno metafisico, il mondo al di là di questo.
Si consideri, tuttavia, ciò che la Chiesa ha insegnato tradizionalmente sulle qualità del corpo risorto: “impassibilità”, “luminosità” o “gloria”, “agilità” e “sottilità”. Considera gli ultimi due come spiegato dalla Catholic Encyclopedia : l’agilità è quella qualità per cui “il corpo sarà liberato dalla sua lentezza di movimento e dotato della capacità di muoversi con la massima facilità e rapidità ovunque l’anima piaccia”. La sottigliezza, che consente l’agilità, è quella qualità “per cui il corpo diventa soggetto al dominio assoluto dell’anima”.
Dotato di sottigliezza, “Il corpo partecipa alla vita più perfetta e spirituale dell’anima a tal punto da diventare esso stesso come uno spirito. Vediamo questa qualità esemplificata nel fatto che Cristo è passato attraverso oggetti materiali”. Lo vediamo anche nella sua capacità di camminare sulle acque, che Pietro, in un atto di fede e assistito dalla grazia divina, ha potuto fare per alcuni istanti a imitazione di Nostro Signore finché non ha perso il coraggio.
In altre parole, questa operazione più perfetta dell’anima nel corpo risorto imbriglierà la materia del corpo in modi non possibili in questa vita e consentirà ai beati in Cielo di trascendere la mera località della materia. Nonostante la stretta impossibilità che una cosa sia letteralmente in due luoghi contemporaneamente, i filosofi cattolici tradizionalmente “sostengono che non vi è alcuna impossibilità assoluta che uno stesso corpo sia allo stesso tempo circoscrittivamente in un luogo e definitivamente altrove (modalità mista di localizzazione). La base di questa opinione è che l’estensione locale non è essenziale per la sostanza materiale . …. Dovrebbe, quindi, Dio scegliere di privare un corpo della sua relazione estensionale con il suo luogo e quindi, per così dire, delocalizzare la sostanza materiale, quest’ultima sarebbe quasi spiritualizzata e quindi, oltre alla sua naturale collocazione circoscrittiva , sarebbe suscettibile di ricevere collocazione definitiva e conseguentemente molteplice; poiché in questo caso l’ostacolo alla bilocazione, cioè l’effettiva estensione locale , sarebbe stato rimosso.
In altre parole, Dio consente la bilocazione non nel senso di una replica letterale del corpo, ma piuttosto nel senso che il suo confinamento all’estensione puramente locale (cioè, le sue dimensioni fisiche visibili viste in un luogo particolare) viene superato anche se il corpo rimane uno. Così, quando i fisici si meravigliano della scoperta di un elemento di non-località degli oggetti nell’universo materiale, sembrerebbe che ciò che suscita la loro meraviglia sia uno sguardo alla soglia stessa dell’aldilà, in cui i confini che ora ci confinano saranno trascesi in quel regno in cui “occhio non ha visto, né orecchio ha udito, né è entrato nel cuore dell’uomo, le cose che Dio ha preparato per coloro che lo amano“. (1 Corinzi 2:9)
Fonte: Il Centro di Fatima
Vedi anche: