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Cattolicesimo sociale conservatore
Cattolicesimo sociale conservatore

Il seguente articolo è tratto dal libro Teologia della liberazione: come il marxismo si è infiltrato nella Chiesa cattolica, scritto da Julio Loredo de Izcue.

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Questo libro non parla di cattolicesimo sociale conservatore, fedele al Magistero. Per completezza, però, vi dedicheremo qualche riga. I rappresentanti di questa tendenza sostenevano che il problema fosse di morale, non di istituzioni. La soluzione, a loro avviso, doveva iniziare con un profondo rafforzamento della fede cattolica e dei principi morali, non con l’ingegneria sociale.

Tuttavia, rendendosi conto che la causa principale del problema proletario era il crollo della società organica, proponevano soluzioni basate sul recupero di istituzioni organiche come la famiglia, le corporazioni e le corporazioni. Poiché la caduta (o quanto meno l’indebolimento) di quelle istituzioni aveva eliminato i corpi intermedi tra l’individuo e lo Stato, si ebbe una duplice tendenza rivoluzionaria: o lo Stato tendeva a fagocitare tutto (socialismo di Stato), oppure l’individualismo dilagante tendeva a dissolvere il tessuto sociale (anarchismo sociale). Solo il ripristino dei corpi intermedi potrebbe proteggere le persone da quel doppio pericolo e riportare l’equilibrio nella società. Questo è il principio di sussidiarietà, cardine della dottrina sociale cattolica. In questa materia, vale la pena notare le opere del gesuita italiano p. Luigi Taparelli (1793–1862),Civiltà Cattolica a Roma.

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Opposti sia al socialismo che al liberalismo, i cattolici sociali conservatori erano spesso associati a settori allora chiamati intransigenti, controrivoluzionari o ultramontani, cioè alla destra politica. Tra i suoi rappresentanti più noti in Francia c’erano Frédéric LePlay (1806–1882), Charles Périn (1815–1905) ed Emile Keller (1828–1909). C’era anche una scuola guidata da Mons. Charles Emile Freppel, vescovo di Angers (1827–1891). Questa scuola difendeva i diritti della proprietà privata e rivendicava un ruolo maggiore per la libera impresa, limitando il ruolo dello Stato alla tutela dei diritti individuali e alla correzione degli abusi. Diffidente nei confronti dei sindacati, spesso infiltrati dai socialisti, proponeva invece una cooperazione costante tra management e lavoratori per risolvere la questione sociale. Insomma,

In Italia, il cattolicesimo sociale è sorto in un contesto storico peculiare. Nel 1868 l’anticlericalismo della monarchia sabauda aveva spinto Pio IX a varare la politica nota come non expedit(non conviene), che dichiarava inaccettabile che i cattolici italiani partecipassero alle elezioni politiche e, per estensione, alla vita politica. Papa Leone XIII ribadì tale disposizione nel 1886. Esclusi dalla politica, molti cattolici si dedicarono ad iniziative caritative e ad opere educative e sociali. Quella fu l’epoca dei grandi santi sociali come san Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786–1842), san Giovanni Bosco (1815–1888), san Leonardo Murialdo (1828–1900), san Giovanni Piamarta (1841–1913), San Luigi Guanella (1842–1915), Beato Bartolo Longo (1841–1926), Sant’Annibale di Francia (1851–1927), Beato Contardo Ferrini (1859–1902), e molti altri. Le iniziative sociali provenivano spesso dall’aristocrazia, come nel caso della serva di Dio Giulia Falletti Colbert de Maulévrier, marchesa di Barolo (1785–1864).

Vissero il loro impegno sociale non solo con doverose opere di carità verso i poveri, ma anche come sfida di fronte alla persecuzione liberale contro la Chiesa, affermazione dello spirito cattolico in opposizione alla nuova classe politica, e strumento per organizzare la Masse cattoliche e soprattutto giovani.

Con la fusione del crescente movimento sociale cattolico, il 29 giugno 1867 fu fondata la Società della Gioventù Cattolica Italiana. L’avvocato Giovanni Acquaderni (1839-1922) ne assunse la presidenza. La sua fedina penale lo classificava come un “clericale reazionario”. Successivamente si unì a lui il conte Mario Fani Ciotti (1845–1869). Papa Pio IX approvò la nuova associazione nel 1868, con il breve Dum filii belial . La Fraternità difese Pio IX e la sua politica antiliberale. Il sovrano pontefice ricambiò con una frase che divenne un motto:

“Insieme combatteremo l’errore. . . .”

“. . . Tu sei con me, io sono con te”.

Il programma della Società, pubblicato il 4 gennaio 1868, iniziava con un attacco alla Massoneria (“quegli uomini senza fede e senza Dio che tutto hanno invaso e corrotto”), e sottolineava l’urgenza dell’educazione religiosa per la gioventù. Nella sfera sociale, ha proposto una società basata sulla famiglia, la morale e la fede.

Il primo Convegno cattolico nazionale si tenne a Venezia nel giugno 1874. Presieduto da Giovanni Acquaderni, i cinquecento delegati si accordarono per salvaguardare le tradizioni religiose italiane contro la società liberale. Nei loro discorsi attaccavano con forza la Rivoluzione, “questo serpente che avvelena, questa tigre che smembra, questa lupa che divora, questa sporca strega”.3 In un secondo convegno, tenutosi a Firenze nel 1875, crearono l’Opera dei Congressi, affidandone la presidenza ad Acquaderni. Il clima era di grande entusiasmo. Giovanni Spadolini ha parlato di “araldi del re del cattolicesimo”.

Giulio Loredo 28 giugno 2023

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