
Dei tre principi affermati nel nome TFP – Tradizione, Famiglia e Proprietà – solo il terzo, cioè la proprietà, viene contestato con una certa insistenza. Questo disaccordo viene principalmente – e naturalmente così – da socialisti e comunisti, che negano la proprietà privata. Però a volte viene anche da certi settori imprenditoriali e da alcuni ambienti cattolici, e questo è molto meno naturale.
L’uomo d’affari è, per definizione, un proprietario, ed è incomprensibile che qualcuno si insedi comodamente e opulentemente nella posizione di un proprietario e allo stesso tempo sia contro la proprietà. Questa contraddizione è come quella di un monarca che è anche repubblicano, o del presidente di una repubblica che si definisce anche anarchico. Date queste ipotesi, sarebbe una contraddizione sconvolgente che il monarca non rinunciasse alla sua corona o il presidente alla sua qualità di capo di Stato. Non è meno sconvolgente che il proprietario non rinunci ai suoi beni e li dedichi ad opere di beneficenza, per esempio.
Anche il fatto che i cattolici siano contrari alla proprietà privata è estremamente strano. In primo luogo, l’ostilità nei confronti della proprietà privata di molti di loro si manifesta piuttosto che manifestarsi. Cioè, filtra attraverso insinuazioni, critiche velate e inaspettate connivenze con la sinistra piuttosto che per franche affermazioni. Perché tutto questo mistero? Se sono contro la proprietà privata, perché non lo dicono? E se lo favoriscono, perché non lo difendono mai? Perché la loro simpatia va sempre a coloro che lo attaccano? E perché la loro antipatia si rivolge solo contro coloro che la difendono?
Va detto che ci sono cattolici che vanno ancora oltre, e affermano apertamente che la Chiesa è completamente slegata dall’istituzione della proprietà privata ai nostri giorni. Dicono che il comunismo, come regime sociale ed economico, è altrettanto accettabile per la Chiesa come qualsiasi altro, e che l’unica ragione del conflitto tra il comunismo e la Chiesa fino ad ora era il fatto che il primo religione perseguitata. Una volta cessate le persecuzioni, la Chiesa accetterà di vivere in totale sintonia con gli Stati comunisti, così come ha placidamente fatto con gli Stati capitalisti, come si è trovata a suo agio nello Stato monarchico-centralista prima dei francesi
Rivoluzione, e come Lei ancor più lontanamente, cioè nel Medioevo, collaborò intimamente con lo stato feudale
Ora, la posizione di questi cattolici di sinistra è sconcertante poiché la proprietà privata, con una modifica o con l’altra accidentale, è additata nei documenti pontifici come un’istituzione che procede dagli aspetti fissi e invariabili della natura stessa delle cose. Viene quindi definita un’istituzione legittima che dovrebbe durare finché il mondo è il mondo; come sacro diritto dell’uomo perché uomo; un diritto, dunque, che nessuno Stato può abolire senza entrare in gravissimo e frontale conflitto con la morale cattolica.
Per questo motivo è ancora più strano che alcuni cattolici classifichino la proprietà privata come un’ingiustizia dei tempi passati che la Chiesa ha sostenuto per debolezza, ma dalla quale dovrebbe dissociarsi a questo punto dell’evoluzione umana. Era quindi una debolezza di Dio affermare la proprietà privata in due comandamenti del Decalogo, “Non rubare” e “Non desiderare i beni del tuo prossimo”. Ed è stata una debolezza di Nostro Signore Gesù Cristo confermare per sempre il Decalogo affermando che “… finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un apice della legge…” (Mt 5,18)?
La cosa più fastidiosa è che tra questo “antiproprietario” patronale e il suo corrispettivo “cattolico” ci sono profonde convergenze.
Gli imprenditori “antiproprietari” tentano di giustificare la loro posizione in termini di encicliche, ei cattolici “antiproprietari” in termini economici.
Entrambi sembrano pensare che il mondo si stia dirigendo verso una situazione esoterica a loro già nota, ma che non osano ancora svelarci. Questa situazione non sarebbe identica al comunismo, anche se includerebbe l’abolizione della proprietà privata. Cioè, concludiamo, sarebbe genuinamente comunista. Quale coniglio sta per uscire dalle maniche o dalle tasche di questi enigmatici maghi?
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Questo coniglio non fa presagire nulla di buono. Il mistero creato prima di farlo finalmente emergere all’ammirazione dei popoli non può che destare sospetti. Ancor prima che il coniglio appaia sulla scena, promette di essere portatore di calamità. Occorre quindi fare di tutto per tenere il coniglio nelle maniche o nelle tasche dei maghi.
Il modo migliore per farlo è citare alcuni insegnamenti pontifici sulla proprietà privata che sconcertano gli imprenditori e zittiscono i cattolici della cricca “antiproprietaria”.
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Quindi non diranno che questi insegnamenti sono obsoleti (Cos’è un insegnamento papale obsoleto?), comincio subito con un testo di Giovanni XXIII:
“… il diritto di proprietà privata, anche in relazione ai beni impiegati nella produzione, vale per sempre. Perché dipende dalla natura stessa delle cose che ci dice che l’individuo è anteriore alla società civile e per questo esiste la società civile o l’uomo. Inoltre. a nessuno sarebbe riconosciuto il diritto di agire liberamente in materia economica se non gli fosse parimenti data la possibilità di scegliere e impiegare i mezzi necessari per l’esercizio di tale diritto. Inoltre, l’esperienza e la Storia attestano che laddove i regimi politici non riconoscono la proprietà da parte degli individui anche dei mezzi di produzione, allora l’uso della libertà umana nelle questioni fondamentali è violato o completamente distrutto.Da ciò risulta certamente chiaro che la libertà trova protezione e stimolo nel diritto di proprietà privata» (Enciclica Mater et Magistra , AAS, Vol. LIII, p. 427, corsivo nostro).
Attraverso questo passaggio si vede la legittimità e la perennità del regime della proprietà privata. Dimostra con luminosa semplicità come la soppressione della proprietà privata corrisponda alla più completa tirannia.
Plinio Corrêa de Oliveira 19 dicembre 2007
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