
Sulla base di solide argomentazioni, l’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira ha pubblicato a San Paolo, in Brasile, una puntuale analisi dell’Esortazione Amoris Laetitia, sollevando serie riserve sul documento e chiedendone la revoca, in quanto rappresenta una svolta fondamentale nella dottrina pastorale e prassi della Chiesa cattolica nei confronti delle “coppie irregolari” e in particolare dei “divorziati risposati”.
Pur rimanendo nell’ambito di azione proprio dell’Istituto, che è la difesa dell’ordine temporale cristiano, il comunicato mette anche in guardia sul fatto che Amoris Laetitia favorisce un nuovo modello familiare antigerarchico che priva il marito del suo ruolo di capofamiglia, diluisce il principio dell’autorità, e inverte l’ordine dei fini del matrimonio privilegiando l’affetto reciproco della coppia rispetto alla procreazione e all’educazione dei figli, e aprendo così il fianco all’agenda LGBT.
L’IPCO ricorda l’insegnamento di San Pietro, che dobbiamo “obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (At 5,29) e l’esempio di San Paolo, che resistette allo stesso San Pietro “in faccia” (Gal. 2,11). per giustificare la sua “legittima e rispettosa resistenza” ai punti di AL contrastanti con la dottrina della Chiesa. Il comunicato si conclude esortando prelati e movimenti laici finora silenziosi a riaffermare pubblicamente gli insegnamenti di Nostro Signore Gesù Cristo sulla natura divina e irreformabile del matrimonio.
L’American Society for the Defense of Tradition, Family and Property ( TFP ) condivide pienamente l’analisi e la richiesta del documento IPCO e ritiene opportuno farlo conoscere nel nostro Paese.
* * *
Amoris Laetitia apre le porte della Chiesa e della società per una demolizione programmata del matrimonio e della famiglia
Un appello ai prelati silenziosi e ai movimenti
Sommario
I – La nuova disciplina “caso per caso” introdotta dall’esortazione
che pone fine alla distinzione tra matrimoni regolari e unioni irregolari
“segni d’amore che in qualche modo riflettono l’amore di Dio stesso”
Relativismo morale in nome di una valutazione soggettiva delle circostanze
II — Famiglia senza gerarchia: il modello “comunitario” di Amoris laetitia
Il contesto attuale della famiglia
La famiglia proposta da papa Francesco: uno spazio autonomo aperto al mondo
L’evanescenza del padre come capofamiglia
In netto contrasto con i precedenti insegnamenti di il magistero pontificio
i genitori ascoltino i figli per indurli a “fare spontaneamente il bene”
già denunciato da Pio XI, un modello educativo che nega il peccato originale
omissione incomprensibile al dovere primario dei genitori in materia di educazione sessuale
III — “Cambiamento antropologico”? O rivolta contro l’ordine naturale creato da Dio?
Soluzioni “inculturate” piuttosto che convinzioni dottrinali: un trionfo del sentimentalismo e del soggettivismo
Un cambiamento antropologico e culturale, sotto il respiro dello “spirito”…
Da uno “stereotipo” familiare ideale a un mosaico confuso di realtà diverse
Da Casti Connubii ad Amoris Laetitia , un cambio di paradigma?
Da un modello di matrimonio “istituzionale” a uno “relazionale”
Una radicale inversione nella gerarchia dei fini del matrimonio…
…che fa parte del processo di “privatizzazione” del matrimonio…
…e porta al “matrimonio” tra persone dello stesso sesso…o Ancora di più!
IV – Di fronte a questa impasse, i cattolici dovrebbero cambiare le loro convinzioni o resistere?
“Il matrimonio non è stato inventato per istituzionalizzare particolari forme di amore”
Il dramma affrontato da milioni di cattolici che desiderano rimanere fedeli all’insegnamento tradizionale: dovrebbero cambiare le loro convinzioni? O dovrebbero resistere?
Le persone iniziano a esprimere il proprio malcontento
V – Un appello ai cattolici silenziosi
Amoris Laetitia apre le porte della Chiesa e della società per una demolizione programmata del matrimonio e della famiglia
Un appello ai prelati silenziosi e ai movimenti
Pubblicata l’8 aprile, l’Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia (d’ora in poi “AL”) è stata accolta con fragorosi applausi dai media laici e dai settori progressisti della Chiesa cattolica, e con stupore e apprensione negli ambienti cattolici conservatori, in particolare tra il clero e i laici di spicco versati nella dottrina morale.
Il documento ha suscitato un’impressione particolarmente dolorosa in quanti seguivano con attenzione l’andamento degli avvenimenti ecclesiastici sin dal Sinodo sulla famiglia dell’ottobre 2014, e auspicavano che il Santo Padre emanasse, nel successivo Sinodo del 2015, un illuminante e fermo chiarimento in linea con con la dottrina e la tradizione cattolica. Ci riferiamo ai quasi 900.000 fedeli di tutto il mondo, tra cardinali, arcivescovi e vescovi, che hanno inviato a papa Francesco un “ Appello filiale ” chiedendogli rispettosamente di non permettere “una relativizzazione dell’insegnamento di Gesù Cristo stesso” sulla famiglia. Dopo la pubblicazione di Amoris laetitia, questa élite della popolazione cattolica mondiale non poteva non provare il sapore amaro della delusione.
I – La disciplina “caso per caso” recentemente introdotta nell’esortazione
Questa delusione è dovuta al fatto che, pur affermando di non voler cambiare la dottrina della Chiesa cattolica sull’indissolubilità del matrimonio, AL introduce in realtà un enorme cambiamento nella sua prassi nell’affrontare le cosiddette “situazioni irregolari” e in particolare i divorziati e le coppie risposate civilmente, consentendo loro di essere ascoltate in Confessione senza la risoluzione di regolarizzare la loro situazione, e di ricevere comunque la Santa Comunione.
Tale autorizzazione non è stata concessa in termini generali perché richiederebbe una modifica del Codice di Diritto Canonico, in quanto il canone 915 vieta di dare la Comunione a coloro «che persistono ostinatamente in peccato grave manifesto». L’Esortazione si limita a incoraggiare i pastori ad “accompagnare” le persone che vivono in unioni coniugali irregolari ed esercitare il “discernimento” per comprendere la loro situazione al fine di integrarle pienamente nella vita della Chiesa. La nota 351 spiega che tale integrazione potrebbe arrivare fino alla ricezione dei Sacramenti. In altre parole, secondo la naturale interpretazione del capitolo VIII dell’Esortazione, l’assoluzione sacramentale e l’Eucaristia possono essere concesse, purché “caso per caso”.
Si tratta dunque di un cambiamento sostanziale, che il cardinale Walter Kasper, suo principale sostenitore, ha salutato come «un nuovo capitolo nella storia della Chiesa in più di 1.700 anni».
Tuttavia, numerosi ecclesiastici e laici fedeli alla dottrina sull’indissolubilità del matrimonio, ritengono che tale cambiamento non sia meramente disciplinare ma una grave rottura con l’insegnamento tradizionale della Chiesa, e chiedono quindi che AL sia abrogato dall’attuale Papa o dal suo eventuale successore. Altri ancora ritengono che l’Esortazione, non riuscendo a stabilire una regola generale e chiara e giungendo ad una conclusione meramente implicita, sia ambigua, e quindi chiedono l’emanazione di un’interpretazione ufficiale che confermi la disciplina tradizionale. In ogni caso, tutti i difensori dell’indissolubilità del matrimonio sono concordi nell’osservare che, anche dopo la pubblicazione di AL, nessun “discernimento pastorale” potrà mai permettere a un sacerdote di dare l’assoluzione sacramentale e la santa Comunione a una persona che vive oggettivamente e stabilmente nel peccato di adulterio o di concubinato.
Fine della distinzione tra matrimoni regolari e unioni irregolari
Mentre la discussione si fa più accesa e le obiezioni montano, sta di fatto che la pubblicazione dell’Esortazione apostolica, sostenuta dal clamore mediatico che ne è seguito, ha prodotto un danno incalcolabile alle anime. Agli occhi dell’opinione pubblica, la Chiesa cattolica appare ora aver cambiato posizione sull’indissolubilità del matrimonio e di fatto rinunciato a difenderlo, pur favorendo stili di vita immorali largamente praticati nella società odierna.
Nel presentare l’Esortazione nella Sala Stampa vaticana, il cardinale Cristoph Schönborn (l’interprete più qualificato del documento, secondo Papa Francesco ) ha affermato che la distinzione che si è sempre fatta tra unioni regolari e irregolari proveniva da una focalizzazione “artificiale”: “C’è spesso una tendenza, forse inconscia, a discutere queste realtà della vita sulla base di due distinti binari. Da una parte ci sono i matrimoni e le famiglie ‘regolari’, che corrispondono alle regole, dove tutto va ‘bene’ e ‘in ordine’, e poi ci sono le situazioni ‘irregolari’ che rappresentano un problema”. E conclude: “La mia grande gioia per questo documento risiede nel fatto che supera coerentemente quella divisione artificiale, superficiale, netta tra ‘regolare’ e ‘irregolare’”.
Da questo punto di vista, si può dire che Amoris Laetitia abbia pienamente realizzato la mal riposta proposta dell’arcivescovo lussemburghese Jean-Claude Hollerich. Rivolgendosi alla segreteria del Sinodo, quel presule ha affermato che oggi non si cerca più di “fondare una famiglia, ma di trovare la felicità in una relazione d’amore”, e di conseguenza ha proposto un rivoluzionario “passaggio pastorale da una pastorale della famiglia a una pastorale dell’amore”. che «accompagna le persone nel loro progetto d’amore».
“Segni d’amore che in qualche modo riflettono l’amore di Dio stesso”
Se la concessione dell’assoluzione sacramentale e della s. le unioni illecite avranno un effetto altrettanto devastante sulla dottrina e sulla prassi della Chiesa e anche sulla vita sociale, abbattendo le ultime barriere che ancora frenano questo scivolamento verso il libero amore.
Questo nuovo approccio pastorale è in palese contrasto con l’insegnamento tradizionale della Chiesa. Ad esempio, negli anni Trenta, quando già in Occidente si sentivano fortemente gli effetti nefasti del degrado dei costumi iniziato dopo la prima guerra mondiale, Papa Pio XI alzò la voce per difendere “la dignità del matrimonio casto”, rifiutando categoricamente “ falsi princìpi di una morale nuova e tutta perversa» in cui «il divorzio, l’adulterio, tutti i vizi più vili o sono esaltati o almeno sono raffigurati con colori tali da sembrare esenti da ogni rimprovero e infamia».
Otto decenni dopo, Papa Francesco assume una posizione molto diversa, se non diametralmente opposta, affermando che «la scelta del matrimonio civile o, in molti casi, della semplice convivenza, spesso non è motivata da pregiudizi o resistenze a un’unione sacramentale, ma da situazioni culturali o contingenti” che “…riflettono in qualche modo l’amore stesso di Dio”.
Inoltre, aggiunge, sebbene il matrimonio cristiano “si realizzi pienamente nell’unione tra un uomo e una donna che si donano l’uno all’altra in un amore libero, fedele ed esclusivo” altre forme di unione non contraddicono radicalmente questo ideale perché “realizzano almeno in modo parziale e analogo”. Così «i Padri sinodali hanno affermato che la Chiesa non trascura gli elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non corrispondono più al suo insegnamento sul matrimonio».
La stessa “valutazione” vale per i “divorziati entrati in una nuova unione”. Curiosamente, in AL la parola “adulterio” non è usata nemmeno una volta per descrivere queste situazioni peccaminose; sostiene invece che «non devono essere incasellati o rientrare in classificazioni troppo rigide che non lascino spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale».
La benevolenza verso tali stati intermedi tra il matrimonio e l’amore libero si estende anche alle unioni omosessuali: «Bisogna prendere atto della grande varietà di situazioni familiari che possono offrire una certa stabilità», tra le quali papa Francesco include «le unioni di fatto o omosessuali». Tuttavia, AL non rimprovera affatto tali unioni, ma osserva semplicemente che “non possono essere semplicemente equiparate al matrimonio”. Potrebbe esserci un modo “non semplicistico” di equipararli al matrimonio?
Relativismo morale in nome di una valutazione soggettiva delle circostanze
Coerentemente con quanto sopra, in diversi passaggi dell’Esortazione Papa Francesco si riferisce a situazioni di adulterio e concubinato con l’eufemismo situazioni “irregolari”, mettendo l’aggettivo “irregolare” tra virgolette e facendo così intendere che tale qualificazione non sarebbe opportuna. E il testo suggerisce che le coscienze di chi vive in situazioni così peccaminose potrebbero essere giustificate dall’accusa che, data “l’influenza di tali fattori concreti” la coscienza può riconoscere “quella che per ora è la risposta più generosa che si possa dare a Dio e anche che «è ciò che Dio stesso chiede nella complessità concreta dei propri limiti, pur non essendo ancora pienamente l’ideale oggettivo».
Come si può intendere uno stato di vita peccaminoso come «la risposta più generosa che si possa dare a Dio»? Dove porteranno tali circonlocuzioni retoriche? Teniamo presente che, con questo ragionamento, non solo il sesto e il nono comandamento («Non commettere adulterio» [Dt 5,18], che proibisce anche i pensieri e le azioni impure, e «Non desiderare l’amore del tuo prossimo» moglie” [Dt 5,21]) sono svuotate della loro validità pratica. Essa relativizza, in nome di una valutazione soggettiva delle circostanze, tutto l’ordine oggettivo naturale e divino riassunto nel Decalogo. AL non presenta più come “intrinsecamente cattivi” quegli atti definiti tali dalla morale tradizionale e dall’Enciclica Veritatis Splendor (nn. 56 e 95), così come cessano di esistere quegli assoluti morali per i quali bisogna essere disposti a dare la propria vita per non offendere Dio.
Ciò premesso, noi direttori, membri e volontari dell’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira ribadiamo la nostra adesione ai principi immutabili della morale cattolica e del diritto naturale nell’ambito del matrimonio e della famiglia, relativizzati dall’esortazione apostolica Amoris laetitia . Tali principi sono stati esposti da Papa Pio XI nella sua Enciclica Casti Connubii, il grande documento magisteriale della Chiesa dedicato esclusivamente al matrimonio. Riportiamo in Appendice alcuni dei suoi passaggi più rilevanti come espressione della nostra fedeltà alla dottrina cattolica esposta in questa enciclica.
II — Famiglia senza gerarchia: il modello “comunitario” di Amoris laetitia
Un altro aspetto di AL la cui gravità non è stata sufficientemente evidenziata nel dibattito, è il suo pregiudizio egualitario e antigerarchico riguardo alle relazioni interne alla famiglia.
Eredi della vasta e mirabile eredità intellettuale e delle fortunate iniziative del Prof. Plinio Corrêa de Oliveira in difesa della tradizione, della famiglia e della proprietà – tre pilastri della civiltà cristiana – comprese le memorabili campagne a favore della famiglia, riteniamo fondamentale concentrare la nostra analisi su questo aspetto sociologico livellante del documento papale in quanto va contro l’ordine naturale e favorisce il disordine nella famiglia e nella società.
Il contesto attuale della famiglia
Va sottolineato fin dall’inizio che Amoris laetitia si inserisce nel contesto del più ampio cambiamento nella famiglia e nei rapporti familiari che sia mai avvenuto nella storia dell’umanità.
La famiglia tradizionale ( libro in inglese ) è sempre stata considerata un’istituzione fondata sul dovere e derivata dal diritto naturale e sacramentale, il cui scopo principale è la perpetuazione del genere umano e la trasmissione dei valori della cultura e della civiltà. I rapporti familiari sono stati quindi costruiti su una norma statutaria implicita o esplicita che privilegia il principio della gerarchia tra i membri e in particolare tra coloro che trasmettono la vita e l’educazione e coloro che li ricevono, instillando la nozione che gli interessi individuali sono subordinati agli interessi familiari.
Al contrario, la famiglia moderna è considerata il risultato di una “partnership” elettiva fondata sull’amore reciproco di coppia per affrontare insieme il presente e creare uno spazio di comunicazione. Le regole non sono più statutarie ma negoziate quotidianamente, basate sull’assoluta uguaglianza tra i coniugi e tra questi ei figli, con la precedenza a rapporti interni “democratici” che dovrebbero favorire la libertà, l’autonomia e l’iniziativa di tutti i suoi membri, in particolare dei figli. In educazione, ciò si esprime con metodi formativi molto elastici e permissivi, basati su una fiducia vacua e incoraggiando, soprattutto nei bambini, sentimenti di autostima, creatività senza punti di riferimento, pensiero critico e indipendente.
La famiglia proposta da Papa Francesco: uno spazio autonomo aperto al mondo
Nel contesto del dibattito dottrinale generato dagli effetti di questa mutazione, Papa Francesco si schiera con il nuovo modello “relazionale” in modo sobrio ma indiscutibile.
Ciò è evidente, innanzitutto, nella luce ingiustificatamente negativa in cui Amoris Laetitia presenta la famiglia tradizionale, esagerando la sua presunta “dimensione cupa” in cui la relazione amorosa “si trasforma in dominio”. Abbondano le frasi dispregiative del tipo: «Sicuramente è legittimo e giusto rifiutare le forme più antiche della famiglia tradizionale segnate dall’autoritarismo e persino dalla violenza…» oppure, “La storia è gravata dagli eccessi delle culture patriarcali che consideravano le donne inferiori…” e, “In alcune famiglie un tempo regnava l’autoritarismo e, a volte, anche l’oppressione”. Tali situazioni avrebbero portato la società odierna a liberarsi «dal padre come padrone, dal padre come rappresentante di una legge imposta dall’esterno, dal padre come arbitro della felicità dei figli e ostacolo all’emancipazione e autonomia dei giovani”.
In contrasto con la visione negativa e distorta che presenta della famiglia tradizionale, AL fornisce un’immagine idilliaca della famiglia rinnovata come “una comunione di persone a immagine dell’unione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. E il testo idealizza la famiglia come contenente «al suo interno i due principi fondamentali della civiltà umana sulla terra: il principio di comunione e il principio di fecondità», facendone «l’agente principale di un’ecologia integrale» nel senso che tutte le parti si incastrerebbero l’uno nell’altro.
In questa nuova realtà familiare, “[s]alcuni decenni fa, i vescovi spagnoli hanno notato che le famiglie sono arrivate a godere di una maggiore libertà ‘attraverso un’equa distribuzione di doveri, responsabilità e compiti’”. “Questa fiducia rende libera una relazione. Significa che non dobbiamo controllare l’altra persona… Questa libertà… promuove l’indipendenza, l’apertura al mondo che ci circonda e a nuove esperienze.
L’evanescenza del padre come capofamiglia
Sui rapporti tra marito e moglie, sempre guidati dal principio dell’autorità del marito, Papa Francesco si rallegra nel vedere “scomparire vecchie forme di discriminazione e, all’interno delle famiglie, crescere una reciprocità” che ritiene “opera dello Spirito per un più chiaro riconoscimento della dignità e dei diritti delle donne”, anche se “sono sorte alcune forme di femminismo che dobbiamo considerare inadeguate”. «Certamente apprezzo il femminismo, ma quello che non pretende uniformità né nega la maternità», ha detto il Pontefice. Ha aggiunto: «C’è chi ritiene che molti dei problemi di oggi siano sorti a causa dell’emancipazione femminile. Questo argomento, però, non è valido, ‘è falso, falso, una forma di maschilismo.’” Che strana lingua in un testo pontificio!
A nome di questo femminismo non uniforme, AL cerca di spogliare il marito della sua funzione di capofamiglia: “In casa, le decisioni non possono essere prese unilateralmente, poiché ogni coniuge condivide la responsabilità della famiglia”. Così, «[a] ogni nuova fase della vita coniugale, è necessario sedersi e rinegoziare gli accordi, in modo che non ci siano vincitori e vinti [sic!], ma piuttosto due vincitori».
Netto contrasto con i precedenti insegnamenti del magistero pontificio
Tutto ciò porta l’Esortazione apostolica a “rileggere” in chiave egualitaria l’epistola di san Paolo agli Efesini circa il precetto: “Le donne siano sottomesse ai loro mariti come al Signore” (Ef 5,22). Per cominciare, scrive Papa Francesco, «ogni forma di sottomissione sessuale deve essere chiaramente respinta». Per lui, parlando di sottomissione, San Paolo «rispecchia le categorie culturali del tempo, ma la nostra preoccupazione non è per la sua matrice culturale, ma per il messaggio rivelato che essa veicola». Piuttosto, la frase significherebbe “essere sempre attenti agli altri: ‘Siate sottomessi gli uni agli altri’ (Ef 5,21). Nel matrimonio, questa ‘sottomissione’ reciproca assume un significato speciale, ed è vista come un’appartenenza reciproca liberamente scelta”.
Orbene, rifiutare in linea di principio ogni forma di sottomissione della moglie al marito (e non solo atteggiamenti abusivi) equivale essenzialmente a mettere in discussione la struttura gerarchica della famiglia, fermamente stabilito da Dio, come ricorda Papa Pio XI nella sua EnciclicaCasti Connubii:
Confermata, dunque, la società domestica da questo vincolo d’amore, dovrebbe fiorire in essa quell’ « ordine d’amore », come lo chiama sant’Agostino. Tale ordine comprende sia il primato del marito nei confronti della moglie e dei figli, sia la pronta sottomissione della moglie e la sua obbedienza volontaria , che l’Apostolo raccomanda con queste parole: «Le donne siano sottomesse ai loro mariti come al Signore, perché il marito è capo della moglie e Cristo è capo della Chiesa» ( Ef 5,22-23 ).
Questa soggezione, però, non nega né toglie la libertà che appartiene pienamente alla donna… né, infine, implica che la moglie debba essere messa sullo stesso piano di quelle persone che per diritto sono chiamate minorenni, alle quali non è consuetudine consentire il libero esercizio dei propri diritti…. Perché se l’uomo è il capo, la donna è il cuore , e come egli occupa il primo posto nel governo, così lei può e deve reclamare per sé il primo posto nell’amore.
Ancora, questa soggezione della moglie al marito può variare nel grado e nel modo secondo le diverse condizioni delle persone, dei luoghi e dei tempi. Infatti, se il marito trascura il proprio dovere, spetta alla moglie prendere il suo posto nella direzione della famiglia. Ma la struttura della famiglia e la sua legge fondamentale, stabilita e confermata da Dio, devono sempre e dovunque mantenersi intatta.
I genitori devono ascoltare i figli per indurli “a fare il bene spontaneamente”
È interessante notare che il modello di famiglia proposto da Papa Francesco non solo ignora ma si oppone apertamente all’insegnamento di tutti i suoi predecessori in materia, in particolare Leone XIII, Pio XI e Pio XII. Trasposta ai rapporti tra genitori e figli, la “comunità” essenzialmente egualitaria che AL introduce diluisce il più possibile la nozione di potestà genitoriale e di obbedienza e disciplina dei figli.
Il testo considera la famiglia come “l’ambiente primario di socializzazione, poiché è lì che impariamo per la prima volta a relazionarci con gli altri, ad ascoltare e condividere, ad essere pazienti e mostrare rispetto, ad aiutarci a vicenda e vivere insieme”. Abbastanza interessante, il verbo “obbedire” è assente da questa relazione, sostituito da un principio egualitario di “amore”: “Nella vita familiare, la logica del dominio e della competizione su chi è il più intelligente o potente distrugge l’amore”. Questa opposizione tra autorità e amore è evidentemente fuori luogo, perché«Se mi ami, osserva i miei comandamenti»(Gv 14,15); “ed erano stupiti della sua dottrina, perché la sua parola era potente”(Lc 4,32).
Secondo AL, il padre di famiglia non è più il simbolo dell’autorità e della legge e l’espressione di un amore vigoroso che incoraggia gli altri ad assumersi la responsabilità. “Dio pone il padre nella famiglia in modo che con i doni della sua mascolinità possa essere ‘vicino a sua moglie e…ai suoi figli mentre crescono…. Quando dico “presente”, non intendo “controllare”. I padri che controllano troppo mettono in ombra i loro figli, non li lasciano crescere’”. Questa frase equivoca non distingue il controllo parentale legittimo dal suo abuso: i genitori “controllanti” e “troppo controllanti” “oscurerebbero” e ostacolerebbero i loro figli. Una scrittura così carente è incomprensibile in un testo pontificio.
AL inoltre minimizza e mette persino in discussione il dovere dei genitori di vegliare sui propri figli aggiungendo: “Ciò che è più importante è la capacità di aiutarli amorevolmente a crescere in libertà, maturità, disciplina generale e reale autonomia”. Insistendo arbitrariamente su una presunta opposizione tra libertà e controllo, il testo sostiene che nessuno dei due genitori dovrebbe essere “ossessionato dal sapere sempre dove sono i propri figli e controllare tutti i loro movimenti”. E supplica che «ogni bambino ci sorprenda con idee e progetti nati da quella libertà, che ci sfidano a ripensare le nostre idee. Questa è una buona cosa.” Cosa succede quando tali progetti non sono così buoni? I genitori dovrebbero lasciare che il loro bambino affondi nelle distese fangose di questo mondo?
I genitori saranno certamente d’accordo con AL sul fatto che “l’istruzione include l’incoraggiamento all’uso responsabile della libertà per affrontare i problemi con buon senso e intelligenza”. Tuttavia, noteranno giustamente anche che l’educazione comporta necessariamente l’esercizio dell’autorità, l’affermazione di principi, la fissazione di regole e l’applicazione di divieti e sanzioni quando necessario.
Al contrario, AL sostiene che questa formazione “dovrebbe avvenire anche in modo induttivo, in modo che i bambini possano apprendere da soli l’importanza di determinati valori, principi e norme, piuttosto che imponendoli come verità assolute e indiscutibili”.
Già denunciato da Pio XI, un modello educativo che nega il peccato originale
Di conseguenza, il modello pedagogico di Papa Francesco appare inconsapevole della presenza nei bambini delle devastazioni del peccato originale e favorisce un sistema educativo simile al modello rivoluzionario dell’utopico Jean-Jacques Rousseau di “educazione secondo natura”: “Educazione morale”, afferma AL, ” ha a che fare con il coltivare la libertà attraverso idee, stimoli, applicazioni pratiche, stimoli, premi, esempi, modelli, simboli, riflessioni, incoraggiamenti, dialoghi e un costante ripensamento del nostro modo di fare; tutto ciò può aiutare a sviluppare quei principi interiori stabili che ci portano spontaneamente a fare il bene».
Ora, dunque, un figlio è evidentemente incapace di “coltivare la libertà” senza autorità o di “fare spontaneamente il bene” al di fuori delle regole stabilite dalla stessa autorità, e sempre sotto l’occhio amoroso ma “vigile” del sagace San Giovanni Bosco raccomandava ai genitori e educatori nel suo famoso “metodo preventivo”. Ha ideato questo metodo, insuperato fino ad oggi, proprio per «mettere i giovani in condizione di non poter commettere colpe».
Invece, la libertà e la spontaneità promosse dal modello educativo di AL ripropongono errori che Papa Pio XI denunciò con chiarezza e forza nella sua Enciclica Divini Illius Magistri (Sull’educazione cristiana):
Ogni metodo di educazione fondato, in tutto o in parte, sulla negazione o dimenticanza del peccato originale e della grazia… è malsano. Tali, in generale, sono quei sistemi moderni, con vari nomi, che fanno appello a un preteso autogoverno e a una libertà sfrenata da parte del fanciullo, e che diminuiscono o addirittura sopprimono l’autorità e l’azione dell’educatore , attribuendo al fanciullo un primato esclusivo di iniziativa, e un’attività indipendente da ogni legge superiore, naturale o divina, nell’opera della sua educazione….
Tali uomini sono miseramente illusi nella loro pretesa di emancipare, come dicono, il bambino, mentre in realtà lo stanno rendendo schiavo del proprio cieco orgoglio e dei suoi affetti disordinati, che, come logica conseguenza di questo falso sistema, vengono essere giustificate come legittime esigenze di natura cosiddetta autonoma.
Pio XI segnalava che, piuttosto che assumere un atteggiamento compiacente, i genitori dovrebbero saper impiegare energie per formare il carattere dei propri figli, e soprattutto per aprire la loro anima alla vita soprannaturale:
Bisogna allora correggere le inclinazioni disordinate, incoraggiare e regolare le buone tendenze fin dalla tenera infanzia, e soprattutto illuminare la mente e rafforzare la volontà con la verità soprannaturale e con i mezzi della grazia, senza la quale è impossibile dominare i cattivi impulsi, impossibile giungere alla piena e completa perfezione dell’educazione voluta dalla Chiesa, che Cristo ha così riccamente dotata della dottrina divina e dei Sacramenti, mezzi efficaci della grazia.
Omissione incomprensibile sul dovere primario dei genitori in materia di educazione sessuale
Infine, non meno stupefacente è l’affermazione di Papa Francesco: “Né è bene che i genitori siano prepotenti. Quando ai bambini viene fatto sentire che ci si può fidare solo dei loro genitori…” proprio nel paragrafo immediatamente precedente alla sezione intitolata “La necessità dell’educazione sessuale”. Allude a un contributo delle “istituzioni educative” ma mantiene un assordante silenzio sulla missione dei genitori, come se non avessero alcun ruolo da svolgere in una materia così delicata.
A questo proposito, Papa Pio XI insegna:
Troppo comune è l’errore di coloro che con pericolosa sicurezza e sotto un brutto termine propagano una cosiddetta educazione sessuale, immaginando falsamente di poter premunire i giovani contro i pericoli della sensualità con mezzi puramente naturali… Tali persone sbagliano gravemente nel rifiutare di riconoscere l’innata debolezza della natura umana, e la legge di cui parla l’Apostolo, combattendo contro la legge della mente (Rom. 7:23); e anche nell’ignorare l’esperienza dei fatti…. In questa delicatissima materia, se tutto sommato si trova necessaria e opportuna qualche istruzione privata, da parte di coloro che tengono da Dio l’incarico di insegnare e che hanno la grazia di stato, si deve prendere ogni precauzione. Tali precauzioni sono ben note nell’educazione cristiana tradizionale.
Soprattutto, nell’affrontare questo tema con un bambino non si può non tener conto che egli, come tutti i figli di Adamo, è portatore di cattive tendenze derivanti dal peccato originale. Quindi, quando necessario, l’educazione sessuale dovrebbe essere fatta preferibilmente dai genitori, e con molto tatto.
III — “Cambiamento antropologico”? O rivolta contro l’ordine naturale creato da Dio?
L’Esortazione non solo attenua la netta distinzione morale tra matrimoni regolari e unioni cosiddette irregolari, ma annacqua anche la gerarchia all’interno della famiglia tra marito, moglie e figli, favorendo apparentemente l’autonomia individuale. Si trova quindi agli antipodi di quanto il Magistero universale della Chiesa cattolica ha insegnato fino ad oggi, e specialmente prima del Concilio Vaticano II.
Papa Francesco giustifica questo cambiamento partendo da due presupposti: 1) la società e la famiglia stanno attraversando un cambiamento antropologico e culturale; e 2) Senza cambiare la dottrina, è necessario adattare la prassi pastorale della Chiesa alle nuove realtà.
Soluzioni “inculturate” piuttosto che credenze dottrinali: un trionfo del sentimentalismo e del soggettivismo
Affermando che «non tutte le discussioni su questioni dottrinali, morali o pastorali hanno bisogno di essere risolte da interventi del magistero» e che ci sono «vari modi di interpretare alcuni aspetti di tale insegnamento o di trarne determinate conseguenze», l’Esortazione postula che “[ogni] paese o regione… può cercare soluzioni più adatte alla propria cultura” in materia di matrimonio e famiglia.
Quale potrebbe essere una soluzione “più adatta alla cultura” per problemi strettamente legati alla morale familiare? Uno degli artefici del nuovo modello, il cardinale Kasper indica il senso di questa inculturazione: “Amoris Laetitia dice … che la Chiesa deve inculturare. E le culture sono diverse. In altre parole, ciò che è considerato sbagliato in Africa può essere corretto per noi.Il papa poi lascia spazio a diverse situazioni e sviluppi futuri”. Per non lasciare dubbi su quale possa essere quel “margine di manovra” nel pensiero di papa Francesco, il cardinale Kasper presenta l’esempio di una donna tedesca divorziata e risposata civilmente, “molto attiva” in una parrocchia di Rottemburg. Il parroco le ha permesso di ricevere la Comunione alla Prima Comunione della figlia affermando che quel giorno “non poteva” (sic) dire alla ragazza: “’Puoi fare la Comunione, ma non tua madre’”. Il Cardinale ha approvato la sacrilega Comunione e più tardi ne parlò al Papa. “Francesco ha confermato la mia posizione”, ha spiegato.
Il sentimentalismo viene così issato nella Chiesa come fattore determinante per risolvere le questioni morali, al di là del Decalogo e della Legge istituita da Gesù Cristo! Inoltre, il soggettivismo ne è il fondamento: AL sostiene che i fedeli «sono capaci di compiere il proprio discernimento in situazioni complesse». Ora, che cosa differenzia questo discernimento nelle “situazioni complesse” dal libero esame luterano? È facile valutare il grado di confusione che la propagazione di tali affermazioni provoca nei fedeli in generale.
Il sentimentalismo incombe anche quando l’esortazione si riferisce in modo peggiorativo alla pratica pastorale tradizionale: “Spesso siamo stati sulla difensiva, sprecando energie pastorali nel denunciare un mondo in decadenza senza essere proattivi nel proporre modi per trovare la vera felicità”.
Ma l’unica possibile “via per la felicità” su questa terra è obbedire alla Legge Divina: “Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano” (Lc 11,28). In un senso diverso, AL sostiene che la sua peculiare politica pastorale sulla felicità per “i fidanzati e i coniugi” implica non solo “aiutarli ad accettare l’insegnamento della Chiesa” ovvero la “difesa di una dottrina arida e senza vita” ma che occorre «formare animatori laici che aiutino nella pastorale familiare, con l’aiuto di insegnanti e counselor, medici di famiglia e di comunità, assistenti sociali, avvocati minorili e familiari, e avvalendosi degli apporti di psicologia, sociologia, terapia e consulenza coniugale”.
Un cambiamento antropologico e culturale, sotto il respiro dello “Spirito”…
La giustificazione per il dispiegamento di questo straordinario esercito di specialisti è che “i cambiamenti antropologici e culturali dei nostri tempi influenzano tutti gli aspetti della vita e richiedono un approccio analitico e diversificato”. Secondo questo approccio, le discipline umanistiche aiuterebbero anche ad approfondire la stessa Rivelazione. A questo proposito AL riprende gli schemi della “teologia della liberazione” affermando che è salutare “mettere a fuoco le realtà concrete poiché ‘la chiamata e le esigenze dello Spirito risuonano negli avvenimenti della storia’, e attraverso di esse ‘la Chiesa può siate guidati anche a una più profonda comprensione del mistero inesauribile del matrimonio e della famiglia’” “…come lo Spirito ci guida verso la verità tutta intera”.
Si scopre che “tutta la verità” sul matrimonio e la famiglia è già fissata per sempre nell’Antico e nel Nuovo Testamento e nella Tradizione della Chiesa. Tuttavia, ciò che AL dice, in termini contorti e insieme criptici, indicherebbe che questa verità emergerebbe gradualmente da un’evoluzione sociologica in cui lo Spirito Santo ci rivelerebbe un arcano “mistero” matrimoniale. E l’unica cosa certa di quel mistero, per ora, è che appare antitradizionale: «né la società odierna né quella verso cui stiamo procedendo consentono una sopravvivenza acritica di forme e modelli più antichi».
Questa frase AL è perfettamente ambigua. Ovviamente, nessuno sostiene una sopravvivenza “acritica” di forme e modelli più antichi. Ma quelle forme e quei modelli autenticamente generati dalla Chiesa e dalla civiltà cristiana devono rimanere, almeno nei loro principi costitutivi. Un documento di forte responsabilità papale come questa Esortazione Apostolica, dovrebbe indicare almeno in linea di principio quali forme e modelli dovrebbero sopravvivere e quali no. Gesù Cristo disse: “La verità vi farà liberi” (Giovanni 8:32); potremmo parafrasarlo dicendo: “e l’ambiguità ti ucciderà”.
Da uno “stereotipo” familiare ideale a un mosaico confuso di realtà diverse
Nella sua fase attuale, questa evoluzione antropologica si starebbe spostando da un modello matrimoniale precostituito a un altro in cui gli sposi stessi “costruiscono” la loro relazione. In questa costruzione, AL avverte che ci sono pericoli di “un estremo individualismo” (l’idea che “la propria personalità sia modellata dai suoi desideri, che sono considerati assoluti” ) ma anche di una “cultura dell’effimero” che si riflette nella “velocità con cui le persone passano da una relazione affettiva all’altra”, oltre a “l’influenza delle ideologie che svalutano il matrimonio e la famiglia”.
Di passaggio, e in un immeritato secondo posto, AL cita tra i fattori che hanno contribuito alla mutazione della famiglia, quello che i precedenti Pontefici hanno sempre indicato come fattore principale: «L’indebolimento della fede e della pratica religiosa», non citandolo per la sua importanza intrinseca ma come generatore di “solitudine, derivante dall’assenza di Dio nella vita di una persona”.
Stranamente, AL non approfondisce un’analisi delle evidenti cause morali e religiose della crisi familiare ma afferma che, nell’attuale contesto sociologico “non ha senso limitarsi a denunciare i mali del presente, come se ciò potesse cambiare le cose ” e “né è utile cercare di imporre regole con la pura autorità”. Inoltre, il documento suggerisce che la Chiesa sarebbe in parte responsabile della crisi del matrimonio per aver troppo insistito sul modello istituzionale del matrimonio, che «abbiamo spesso presentato in modo tale che il suo significato unitivo, la sua chiamata a crescere nell’amore e il suo ideale di mutua assistenza sono offuscati da un’insistenza quasi esclusiva sul dovere della procreazione.
Quindi, per AL, la grande sfida per la Chiesa è accettare questa nuova realtà antropologica e culturale e cercare di illuminarla con i valori della famiglia cristiana: “Le riflessioni del Sinodo ci mostrano che non esiste lo stereotipo della famiglia ideale, ma piuttosto un mosaico impegnativo fatto di tante realtà diverse, con tutte le loro gioie, speranze e problemi. Le situazioni che ci riguardano sono sfide. Non dobbiamo rimanere intrappolati nello sprecare le nostre energie in lamenti dolenti, ma cercare piuttosto nuove forme di creatività missionaria”.
“In ogni situazione che si presenta, ‘la Chiesa è consapevole della necessità di offrire una parola di verità e di speranza… I grandi valori del matrimonio e della famiglia cristiana corrispondono ad un anelito che è parte integrante dell’esistenza umana’”.
Da Casti Connubii ad Amoris Laetitia, un cambio di paradigma?
Orbene, una tale “parola di verità e di speranza” non poteva che provenire da un’esposizione chiara e categorica della dottrina cattolica, lo scrigno degli insegnamenti da cui la Chiesa attinge “cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52). Tuttavia, l’Esortazione sembra intenderla diversamente. Spiace dirlo, ma leggendo tutto questo ragionamento si arriva inevitabilmente alla conclusione che in AL Papa Francesco dà almeno un mezzo sigillo di approvazione all’enorme annacquamento che il matrimonio e la famiglia ha subito nell’ultimo secolo, e contro cui i Papi Pio XI e Pio XII cercarono di erigere una barriera di contenimento, facendo della Chiesa cattolica il principale e indiscusso baluardo del vincolo matrimoniale.
Il puro contrasto dei titoli fornisce una testimonianza eloquente di questo radicale cambiamento di atteggiamento: piuttosto che la difesa di un “matrimonio casto” fatta dal suo predecessore Pio XI, Papa Francesco esalta la “gioia dell’amore”. Mentre Casti Connubii sottolinea giustamente l’origine divina dell’istituto del matrimonio, il suo carattere irreformabile e indissolubile e il suo scopo primario di assicurare la procreazione, AL insiste sulla sua evoluzione storica, sulla fluidità dei suoi condizionamenti culturali e sull’unione amorosa che si dice serva come suo fondamento.
Il gesuita padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, che ha contribuito alla sua stesura sottolinea che “il tema dell’Esortazione va ben definito” perché “come attesta chiaramente il suo sottotitolo”, si tratta “dell’amore in famiglia” e “non di la dottrina sul matrimonio e la famiglia” e “questa è una chiave molto importante per leggere il documento”.
Da un modello di matrimonio “istituzionale” a uno “relazionale”.
Nel mondo reale, questa insistenza sull’amore comporta in gran parte un cambiamento di dottrina in quanto rappresenta l’abbandono, almeno in parte, del modello tradizionale e istituzionale del matrimonio a favore del modello contrattuale contemporaneo. In questo nuovo modello il vincolo matrimoniale si riduce ad un mero riconoscimento sociale e giuridico dell’affetto reciproco della coppia (che può fruttificare o meno con la nascita o l’adozione di figli, nella misura desiderata). Questo è quanto si può dedurre da vari passaggi di AL:
“È importante che il matrimonio sia visto come una questione d’amore, che solo chi si sceglie liberamente e si ama si possa sposare ”. “Quando l’amore si esprime davanti agli altri nel contratto matrimoniale ,con tutti i suoi impegni pubblici…” “[L] suo impegno pubblico di amore …” «In quanto istituzione sociale, il matrimonio protegge e forma un impegno condiviso per una crescita più profonda nell’amore». «Quando il loro amore trova espressione nel matrimonio …la loro unione trova in questa istituzione i mezzi per assicurare che il loro amore duri e cresca veramente».
Queste ultime due citazioni rendono palesemente chiaro che per AL il matrimonio è una “istituzione” non tanto per il suo scopo di assicurare la perpetuazione della specie ma perché assicura stabilità e crescita nell’amore reciproco della coppia. Formalizzandolo con un impegno pubblico, dando “priorità all’amore reciproco” di fronte alla società lo salverebbe presumibilmente dall’essere trasformato in “una mera associazione spontanea per la reciproca gratificazione, che trasformerebbe il matrimonio in un affare puramente privato”.
Un’inversione radicale nella gerarchia dei fini del matrimonio…
Sebbene AL non manchi di riconoscere l’evidente funzione procreativa del matrimonio, lo pone sempre in secondo piano dopo l’amore e il mutuo sostegno dei coniugi, posto come scopo primario, e inverte così la gerarchia dei fini del matrimonio:
Il matrimonio è…un’amicizia segnata dalla passione, ma una passione sempre rivolta ad un’unione sempre più stabile e intensa . Questo perché « il matrimonio non è stato istituito solo per la procreazione dei figli» ma anche perché l’amore reciproco «possa esprimersi correttamente , perché cresca e maturi».
Il matrimonio è anzitutto una «intima comunione di vita e di amore» ( Gaudium et Spes, 48) che è un bene per gli stessi sposi (CCL, c. 1055 § 1), mentre la sessualità è « ordinata all’amore coniugale dell’uomo e della donna ( Catechismo, 2360)… Tuttavia, l’unione coniugale è ordinata alla procreazione “per sua stessa natura” ( Gaudium et Spes, 48).
Invertendo così la gerarchia dei fini del matrimonio, AL contraddice frontalmente il chiaro insegnamento della Chiesa, magistralmente ricapitolato da Pio XII nel suo celebre discorso sull’Apostolato delle Ostetriche del 29 ottobre 1951, in cui il Pontefice dice:
Ora, la verità è che il matrimonio , in quanto istituzione della natura, in forza della volontà del Creatore, non ha come fine primario ed intimo la perfezione personale dei coniugi, ma la procreazione e l’educazione a nuova vita. Gli altri fini , in quanto intesi dalla natura, non sono ugualmente primari, tanto meno superiori al fine primario, ma sono essenzialmente ad esso subordinati .
È bene ricordare che la dottrina morale e canonica della Chiesa distingue tra finis operis (il fine naturale dell’azione) e finis operantis (la motivazione soggettiva dell’agente). Se due commensali si incontrano in un ristorante per fare un affare, l’intenzione di concludere un affare (finis operantis) non cambia la natura nutrizionale del pasto (finis operis). Parimenti nel matrimonio, il cui fine primario è la procreazione, la motivazione soggettiva di chi si sposa (l’amore e il sostegno reciproco) non ne altera la natura riproduttiva.È quindi del tutto inappropriato, nel definire il matrimonio, porre la sua ragion d’essere nella comunità di vita piuttosto che nello scopo primario per cui Dio lo ha istituito: “Siate fecondi e moltiplicatevi”.
…che fa parte del processo di “privatizzazione” del matrimonio…
Oltre a rompere con un insegnamento della Chiesa chiaramente basato sul Nuovo Testamento e definito dal suo Magistero, questo clamoroso capovolgimento nella gerarchia dei fini del matrimonio cede a un falso principio che ha guidato fin dall’inizio l’attuale processo di demolizione del matrimonio e della famiglia, e li ha condotti all’abisso attuale. È il“primato dell’amore”sull’istituto familiare, e il primato della “logica individuale” sulla “logica statutaria”. Il sociologo e professore della Sorbona François de Singly, considerato uno dei massimi specialisti francesi della vita privata, descrive e difende questo duplice primato. Per Singly, questo concetto è nato parallelamente alla crisi dell’ordine medievale. Lo descrive così:
“ La storia della vita privata è lunga. Si può farla risalire al XII secolo, con la nascita di un [sentimento] molto particolare chiamato ‘amore’, nato da ‘amor cortese’, che fu costruito contro il matrimonio” e anche come “ammutinamento antimatrimoniale” .
Ma a quel tempo, aggiunge, le persone ritenevano “la logica sentimentale e amorosa relativamente instabile e relativamente contraria a un’istituzione duratura” come lo è il matrimonio. Il “diritto all’amore” doveva percorrere una strada separata dal matrimonio: “L’ideologia dell’amor cortese è stabilita”. Secondo Singly, “l’amore è entrato nel matrimonio dal diciassettesimo secolo. Ma in realtà, in Occidente, nel ventesimo secolo si è cominciato a celebrare i matrimoni per amore”.
Questo processo, dice, ha portato all’imposizione di “quella che chiamo logica personale in contrasto con la logica statutaria. Quello che vedi nella storia della vita privata occidentale è che la nostra identità personale diventa sempre più importante”.
In questo contesto, afferma Singly, l’attuale Pacs (legislazione sui contratti tra persone dello stesso sesso “unione civile” attuata in Francia) in cui “uomini e donne, uomini con uomini e donne con donne possono scegliersi l’un l’altro su base esclusivamente personale, indipendentemente da il loro orientamento sessuale” sarebbe “un passo avanti verso il primato dell’identità personale nell’insieme delle identità….Pacs è un’escalation del pluralismo istituzionale, che irrompe insieme a un’espansione della nostra identità personale”.
…e porta al “matrimonio” tra persone dello stesso sesso…o anche oltre!
Si noti che mettendo in secondo piano lo scopo procreativo del matrimonio e descrivendolo principalmente come un “impegno pubblico d’amore” che “esprime la ferma opzione di appartenere l’uno all’altro”, AL fornisce alla lobby LGBT argomenti per affermare che omosessuali e i transessuali sono discriminati perché anche loro “si amano” e vogliono essere una “comunità di vita e di amore” come gli eterosessuali. Howard Kainz, Professore Emerito di Filosofia alla Marquette University (USA), ha osservato acutamente: “Più di recente, questa de-enfasi sulla procreazione a favore del ‘significato unitivo’ [del matrimonio] ha certamente facilitato lo scivolamento verso il ‘matrimonio’ ovviamente non procreativo ‘ tra omosessuali.
IV – Di fronte a questa impasse, i cattolici dovrebbero cambiare le loro convinzioni o resistere?
È facile prevedere i danni che AL potrebbe produrre tra i fedeli nel loro complesso, sempre più disorientati dall’espansione del relativismo. Basti ricordare che anche nella cattolica Irlanda – data l’omissione dell’Episcopato – una maggioranza di quasi due terzi dell’elettorato ha recentemente approvato una riforma costituzionale che legalizza il “matrimonio” tra persone dello stesso sesso proprio in nome della “parità matrimoniale” per tutti coloro che “amarsi” l’un l’altro, qualunque sia il loro orientamento sessuale.
In fondo all’orizzonte, sul cammino aperto da AL, si profilano prospettive di caos religioso, morale e sociale inimmaginabili fino a poco tempo fa. Non solo gli omosessuali e i transgender possono trarre vantaggio da questo cambio di paradigma, ma anche i promotori della poligamia, in nome dell’“amore multiplo” (perché accontentarsi di una visione “egoista” dell’amore limitato a due individui?) e dell’incesto (perché non si potrebbe t due fratelli “si amano”?).
Se la procreazione non è più il fine primario del matrimonio, come possono i cattolici opporsi a qualsiasi devianza sessuale che, sotto il termine “amore”, possa essere istituzionalizzata in un “matrimonio” spurio e caricaturale?
“Il matrimonio non è stato inventato per istituzionalizzare particolari forme di amore”
La via d’uscita dall’impasse in cui l’Esortazione apostolica Amoris laetitia pone i cattolici in genere e in particolare i movimenti pro-famiglia che propugnano il matrimonio monogamo e indissolubile tra un uomo e una donna, è ribadire pubblicamente e con ogni mezzo lecito la dottrina tradizionale e immutabile della Chiesa su questo argomento, contrastando gli errori che le si oppongono.
Particolare rilievo va dato al carattere istituzionale del matrimonio e al suo fine primario, la propagazione del genere umano, al quale sono subordinati gli altri fini. È quanto ha fatto, ad esempio, Mons. Vincent Jordy, Vescovo di Saint-Claude (Francia) in un discorso forte durante il dibattito sul disegno di legge socialista per introdurre il falso “mariage pour tous” (“matrimonio per tutti ” ) su misura per gli omosessuali:
Etimologicamente, matrimonio viene da matrimonium , che a sua volta viene da mater , che significa “madre”. Quindi, il matrimonio è letteralmente un uomo che stipula un contratto con una donna affinché lei diventi la madre dei suoi figli…. Il matrimonio non è stato inventato per istituzionalizzare forme particolari di amore, ma per assicurare la struttura sociale che poggia sulla filiazione . Questo è essenziale. È la base stessa della stabilità delle nostre società.
Questa è la dottrina che deve essere esposta, ricordata e proclamata «a tempo opportuno e fuor di tempo» (2 Tm 4,2) e specialmente oggi, giunto il tempo predetto dall’Apostolo, in cui gli uomini «non sopporteranno la sana dottrina; ma, secondo i propri desideri, si accumuleranno maestri” (2 Tim. 4:3) sembra essere vicino. Di fronte alla demolizione programmata del matrimonio e della famiglia promossa dalle lobby ideologiche anticristiane e da altri sedicenti “cristiani”, ma deludentemente ignorata da AL, non è più possibile per i cattolici tacere.
Il dramma affrontato da milioni di cattolici che desiderano rimanere fedeli all’insegnamento tradizionale: dovrebbero cambiare le loro convinzioni? O dovrebbero resistere?
Gli ufficiali, i membri ei volontari dell’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira sono cattolici che lavorano nella società in difesa dei principi perenni della civiltà cristiana. Una giustificata preoccupazione per il futuro della famiglia ci ha portato ad analizzare in profonditàAmoris laetitiae le pratiche pastorali inaccettabili che essa promuove. E abbiamo constatato che tali pratiche si stanno diffondendo in varie parti in nome dell’Esortazione, seminando sempre più scompiglio in tutto il mondo cattolico con grave danno per gli animi e per l’ordine sociale.
Siamo costernati nel vedere l’escalation dell’attacco mediatico, finanziario e legale contro il matrimonio e la famiglia raggiungere un apice senza precedenti in Occidente. E proprio in questo momento, in cui le famiglie cattoliche afflitte tendono a rivolgersi alla Cattedra di Pietro cercando una chiara parola di incoraggiamento e di fermezza, piuttosto che ricevere l’antidoto che le conserverebbe, Amoris Laetitia le induce a un atteggiamento relativistico, psicologico, dottrinale e smobilitazione spirituale che non esitiamo a definire catastrofica.
* * *
È con questa angoscia nel cuore che i firmatari della Filiale Petizione a Sua Santità Papa Francesco sul futuro della famiglia hanno ricevuto la pubblicazione di Amoris Laetitia.Durante i quattro mesi che hanno preceduto l’ottobre 2015, quando si è tenuto il secondo Sinodo sulla famiglia, proprio 879.451 cattolici di 178 Paesi hanno apposto le loro firme implorando una parola a nome della dottrina cattolica tradizionale e della politica pastorale: “Santo Padre, ti preghiamo dire questa parola. Lo facciamo con un cuore devoto a tutto ciò che sei e rappresenti. Lo facciamo con la certezza che la tua parola non separerà mai la pratica pastorale dall’insegnamento lasciato in eredità da Gesù Cristo e dai suoi vicari, poiché ciò non farebbe che aumentare la confusione. Infatti Gesù ci ha insegnato molto chiaramente che ci deve essere coerenza tra la vita e la verità (cfr Gv 14,6-7)». Tra i firmatari vi sono ben 211 prelati (tra cardinali, arcivescovi e vescovi).
Questo sforzo monumentale per mantenere la dottrina e la politica pastorale sul matrimonio cristiano è stato sponsorizzato da una coalizione di sessantadue associazioni, molte delle quali fondate da discepoli di Plinio Corrêa de Oliveira in tutto il mondo, e in Brasile, dall’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira.
Un sepolcrale silenzio è seguito alla consegna delle firme presso la Segreteria di Stato vaticana il 29 settembre 2015 (con addendum il 22 ottobre). Papa Francesco, così prodigo nell’accogliere e coccolare leader non cattolici e persino anticattolici di tutto il mondo, non ha avuto una parola per questi fedeli che non chiedevano nulla per se stessi ma solo il bene della Chiesa, e lo ha fatto con rispetto e riverentemente. Eppure, o tempora o mores, non è stato solo in silenzio: è arrivata poi Amoris laetitia, aprendo le porte alla demolizione programmata del matrimonio e della famiglia, come abbiamo analizzato in questo documento.
Che cosa sarà dato a coloro che chiedono il pane della buona dottrina? “E chi di voi, se chiede il pane al padre, gli darà una pietra? o un pesce, gli darà forse un serpente per un pesce? (Luca 11:11).
* * *
Inoltre, constatiamo con sgomento che in successive dichiarazioni papa Francesco ha alimentato questa relativizzazione. Ad esempio, ha recentemente espresso al Congresso Ecclesiale della Diocesi di Roma la sua convinzione che “una parte” dei matrimoni sacramentali “sono nulli”, e tuttavia ha espresso un giudizio opposto su certe forme di convivenza: «Sono certo che questo è un vero matrimonio, hanno la grazia del matrimonio».
Di fronte ad affermazioni così atte a disorientare e diluire l’adesione alla morale della Chiesa tra i fedeli, siamo tenuti ad esprimere pubblicamente, per dovere di coscienza e con tutto il rispetto dovuto all’ufficio e alla persona del Sommo Pontefice, le gravi osservazioni il documento ci suscita.
Da tempo seguiamo con apprensione la crescita della confusione dottrinale tra i cattolici su punti cardine della morale familiare, che li espone sempre più alla marea montante dell’immoralità e alla dittatura del relativismo, con grave danno per la salvezza eterna dei loro anime. Di conseguenza, l’ Istituto Plinio Corrêa de Oliveira ha concentrato sempre più il suo lavoro nell’allertare il pubblico contro le iniziative per relativizzare il matrimonio e distruggere la famiglia tradizionale. Tale azione si estende anche ai singoli, chiarendo loro la gravità morale delle cosiddette “situazioni matrimoniali irregolari”. Questo vitale apostolato è ora messo in discussione dall’Esortazione apostolica Amoris laetitia. Quindi, vincolati in coscienza dalle circostanze, non possiamo tacere.
La venerazione e l’obbedienza filiale che rendiamo alla Cattedra di Pietro non possono esimerci dal dire lealmente a Papa Francesco: in coscienza, non possiamo accettare le affermazioni, la disciplina sacramentale e le proposte pastorali di Amoris Laetitia , che qui abbiamo messo in discussione. Né possiamo smettere di lottare contro la demolizione della famiglia promossa dalle lobby ideologiche e dai loro alleati nei media, nella finanza, nella politica e negli ambienti cattolici progressisti.
Ci confortano in questa legittima e rispettosa resistenza le parole di san Pietro, che ci insegna che «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At 5,29) e l’esempio di san Paolo, che resistette allo stesso santo Pietro “in faccia” (Gal 2,11), proprio sugli errori disciplinari che proponeva.
Ci sostiene anche il Codice di Diritto Canonico, che prevede nel canone 212 § 3 il diritto “e talvolta anche il dovere”, che qui esercitiamo, per esporre rispettosamente il nostro dissenso su tali questioni e, «tenuto conto del bene comune della Chiesa», per chiedere larevocaAmoris laetitia
Data la somiglianza tra le situazioni, adottiamo qui questa affermazione del Prof. Plinio Corrêa de Oliveira nella conclusione del suo famoso manifesto di resistenza alla politica vaticana di distensione con i governi comunisti: “Questa spiegazione era imperativa. Ha il carattere di una legittima difesa delle nostre coscienze cattoliche”.
Le persone iniziano a esprimere il proprio malcontento
Alla luce di quanto sopra, non stupisce che autorevoli ecclesiastici e laici cattolici abbiano chiesto la revoca di AL per aver notoriamente e gravemente violato la morale e la disciplina tradizionale della Chiesa in molti suoi insegnamenti e proposte pastorali. A tali richieste, l’Istituto Plinio Corrêa de Oliveiraaggiunge la propria incisiva e fondata adesione.
Alcuni fratelli nella Fede potrebbero chiedersi se ponendoci in uno stato di filiale resistenza all’attuazione di AL non rischiamo la separazione dalla massa dei fedeli, che le grandi organizzazioni mediatiche di solito presentano come un blocco coeso di entusiasti dello stile di Papa Francesco, dichiarazioni e scritti.
La risposta è che la presunta popolarità dell’attuale Pontefice presso il pubblico cattolico esprime più un anelito dei media laici e di sinistra, che una realtà di fatto.
In effetti, le inquietanti iniziative di papa Francesco sono accolte con entusiasmo solo da una piccola ma rumorosa minoranza di anziani progressisti eredi della “teologia della liberazione” e delle cosiddette correnti “profetiche” degli anni ’60. Sono ripresi anche dai grandi media e dai cattolici non praticanti (molti dei quali vivono in “situazioni irregolari” che Amoris Laetitia ora dà il suo sigillo). Ma sono certamente accolti da un silenzio misurato, esitante, perplesso e talvolta angosciato da un gran numero di cattolici praticanti che la domenica riempiono le chiese. E cominciano a suscitare una rispettosa opposizione da parte di quanti, dal pontificato di Giovanni Paolo II, si sono impegnati in numerose iniziative della “nuova evangelizzazione”, in particolare di coloro che hanno fatto della lotta all’aborto e della difesa Humanae vitae e matrimonio tradizionale l’asse principale del loro apostolato, se non della loro vita spirituale.
Finora questo vasto pubblico cattolico militante, che alcuni osservatori chiamavano “Gli ultimi eserciti sacri del Papa”, stava mantenendo una posizione attendista. Ma sin dalla pubblicazione di Amoris laetitiacominciano discretamente a manifestare il loro giusto e fondato malcontento.
In materia religiosa e civile-religiosa, quale direzione prenderà questo immenso gregge di cattolici scontenti che ora si allontanano da papa Francesco a causa delle sue controverse iniziative e dei suoi scritti? Non temiamo assolutamente che possa produrre una rivolta contro la Chiesa. Perché è proprio per il loro spirito di gerarchia e amore per la disciplina religiosa che questo gregge percepisce che l’attuale pontificato si sta pericolosamente allontanando dalla missione che Nostro Signore Gesù Cristo gli ha affidato.
V – Un appello ai cattolici silenziosi
Diversa è la situazione nelle file dei vescovi e del clero mondiale, degli Ordini e delle istituzioni religiose, dei movimenti laicali ecclesiali. Purtroppo, molti di coloro che dovrebbero parlare rimangono in silenzio. Se da un lato questo silenzio non sembra coerente con i loro doveri più gravi, dall’altro può essere visto come motivo di speranza. In effetti, coloro che tacciono avrebbero tutti i tipi di vantaggi se parlassero a favore di Amoris Laetitia. Se non lo fanno è perché presumibilmente non sono d’accordo con il suo contenuto. Così il loro silenzio non deve essere visto solo come una comoda posizione di coloro che sono lontani dalla lotta, ma anche come dotati di rette coscienze che evitano seriamente di collaborare attivamente con il male.
Dedichiamo le considerazioni di cui sopra in particolare a quei “silenti” – vescovi, preti e laici – che tacciono nella tempesta dottrinale che scuote gli ambienti cattolici. Lo facciamo con riverenza e affetto cristiani, ricordando loro che se c’è un tempo per tacere, c’è un tempo per parlare (Eccl. 3:7). E con la pubblicazione di Amoris laetitia è arrivato il momento di alzare la voce per i veri difensori della morale cattolica e dell’indissolubilità del matrimonio.
Al fine di dissipare la confusione dottrinale dominante, esortiamo con urgenza tutti gli scontenti ma “silenziosi” a riaffermare pubblicamente, e con tutti i mezzi legittimi a loro disposizione, gli insegnamenti di Nostro Signore Gesù Cristo e della Santa Chiesa su:
* il carattere divino e irreformabile dell’istituto matrimoniale;
* l’indissolubilità del vincolo matrimoniale;
* il primato della procreazione sugli altri fini del matrimonio;
* la struttura gerarchica della famiglia;
* l’impossibilità di dare l’assoluzione sacramentale e la santa Comunione a coloro che si ostinano a vivere pubblicamente in una situazione oggettiva di peccato grave.
Dio ha posto nelle mani di questi prelati e istituzioni finora silenziosi, mezzi che possono ancora porre rimedio alla situazione. Li imploriamo di unirsi alla lotta, di parlare, insegnare e resistere!
La Sacra Famiglia di Nazareth attende per confortarli in battaglia. E la Madonna, sorridendo, prepara loro il centuplo promesso già su questa terra a coloro che lasciano tutto per amore del Regno dei Cieli. Infine, tremino alla presenza di Dio, meditando su ciò che può accadere in un modo o nell’altro alla Chiesa, ai cattolici e a se stessi se non impiegano tutta la loro autorità e il loro prestigio nella buona battaglia.
ISTITUTO PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA
San Paolo, 16 luglio 2016
Festa della Madonna del Carmine
APPENDICE
Ricordando i saggi insegnamenti di Papa Pio XI nell’Enciclica Casti Connubii
• “[E]l’uso stesso della facoltà data da Dio per la procreazione di vita nuova è diritto e privilegio del solo stato coniugale, per legge di Dio e di natura, e deve essere confinato assolutamente entro i limiti sacri di quello stato”.
• “[L]a natura del matrimonio è del tutto indipendente dal libero arbitrio dell’uomo, così che se uno ha contratto una volta il matrimonio è in tal modo soggetto alle sue leggi divine e alle sue proprietà essenziali.”
• “Per il matrimonio, quindi, le anime dei contraenti sono unite e legate insieme più direttamente e più intimamente di quanto lo siano i loro corpi, e ciò non per alcun affetto passeggero del senso dello spirito, ma per un atto deliberato e fermo della volontà ; e da questa unione di anime per decreto di Dio nasce un vincolo sacro e inviolabile».
• “[L]a natura di questo contratto, che è propria e peculiare solo ad esso, lo rende completamente diverso… dalle unioni casuali degli uomini, che sono molto lontane da tutte le vere e onorevoli unioni di volontà e non godono di alcun diritto della vita familiare. Da ciò risulta chiaro che l’autorità legittimamente costituita ha il diritto e quindi il dovere di restringere, impedire e punire quelle unioni vili che si oppongono alla ragione e alla natura.
• “Così, tra le benedizioni del matrimonio, il bambino occupa il primo posto. E infatti lo stesso Creatore del genere umano, che nella sua bontà vuole servirsi degli uomini come suoi aiutanti nella propagazione della vita, lo insegnò quando, istituendo il matrimonio in Paradiso, disse ai nostri progenitori, e per mezzo loro a tutti i futuri sposi : ‘Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra.’”
• “Poiché… l’atto coniugale è destinato principalmente dalla natura alla procreazione dei figli, coloro che esercitandolo deliberatamente ne frustrano la potenza e lo scopo naturali peccano contro natura e commettono un atto vergognoso e intrinsecamente vizioso.”
• “Dio non avrebbe provveduto a sufficienza per i figli che erano nati, e quindi per l’intero genere umano, se non avesse dato a coloro ai quali aveva affidato il potere e il diritto di generarli, anche il potere e la diritto di educarli…. Ora è certo che sia per la legge di natura che per Dio questo diritto e dovere di educare la loro prole appartiene in primo luogo a coloro che hanno iniziato l’opera della natura generandoli, ed è loro infatti proibito lasciare incompiuta quest’opera e così esponilo a certa rovina”.
• “La seconda benedizione del matrimonio…consiste nella reciproca fedeltà degli sposi nell’adempimento del contratto matrimoniale, affinché ciò che spetta a una delle parti in ragione di questo contratto sancito dalla legge divina, non gli sia negato o lecito qualsiasi terza persona…. Perciò la fede coniugale… esige in primo luogo l’unità completa del matrimonio, che lo stesso Creatore ha posto all’inizio, quando ha voluto che non fosse altrimenti che tra un uomo e una donna».
• “[M]la fede matrimoniale esige che marito e moglie siano uniti in un amore particolarmente santo e puro, non come si amano gli adulteri, ma come Cristo ha amato la Chiesa. Questo precetto l’Apostolo lo stabilì quando disse: ‘Mariti, amate le vostre mogli come anche Cristo ha amato la Chiesa’ (Ef 5,25; Col 3,19)».
• “[L]a sua accumulazione di benefici è completata e, per così dire, coronata da quella benedizione del matrimonio cristiano che con le parole di sant’Agostino abbiamo chiamato sacramento, con la quale si denota sia l’indissolubilità del vincolo sia la innalzamento e santificazione del contratto da parte di Cristo stesso, con il quale lo ha reso segno efficace della grazia. …[T]la sua inviolabile stabilità…appartiene a ogni vero matrimonio, poiché la parola del Signore: ‘Ciò che Dio ha unito l’uomo non separi’, deve necessariamente includere tutti i veri matrimoni senza eccezione”.
• “[L]a natura sacramentale è così intimamente legata al matrimonio cristiano che non può esserci vero matrimonio tra persone battezzate ‘senza che esso sia per ciò stesso un sacramento.’”
• “Pertanto, poiché gli assalti di queste passioni incontrollate non possono in alcun modo essere attenuati, se lo spirito non mostra prima un’umile obbedienza al dovere e rispetto verso il suo Fattore, è soprattutto e prima di tutto necessario che coloro che sono uniti nel vincolo del sacro matrimonio dovrebbero essere interamente intrisi di un profondo e genuino senso del dovere verso Dio, che modellerà tutta la loro vita e riempirà le loro menti e volontà di un profondissimo rispetto per la maestà di Dio”.
• “Non può sorgere alcuna difficoltà che giustifichi l’annullamento della legge di Dio che proibisce ogni atto intrinsecamente cattivo. Non c’è circostanza possibile in cui marito e moglie non possano, rafforzati dalla grazia di Dio, adempiere fedelmente ai loro doveri e conservare nel matrimonio la loro castità immacolata.
• “[Spetta] alla pubblica autorità provvedere adeguatamente al matrimonio e alla famiglia, ma anche ad altre cose che riguardano il bene delle anime. Si devono fare [giuste] leggi per la tutela della castità, per il reciproco aiuto coniugale e per simili fini, e queste devono essere fedelmente applicate, perché, come la storia testimonia, la prosperità dello Stato e la felicità temporale dei suoi cittadini non possono rimanere sani e salvi dove il fondamento su cui sono stabiliti, che è l’ordine morale, è indebolito e dove la fonte stessa da cui lo Stato trae la sua vita, cioè il matrimonio e la famiglia, è ostacolata dai vizi dei suoi cittadini. “
Istituto Plinio Corrêa de Oliveira 29 settembre 2016