
Il celibato sacerdotale è stato custodito dalla Chiesa per secoli come un gioiello splendente, e conserva immutato il suo valore anche nel nostro tempo, in cui la mentalità degli uomini e lo stato del mondo hanno subito profondi cambiamenti.
Del tutto conforme a questa missione, Cristo rimase per tutta la sua vita nello stato di celibato, che significava la sua totale dedizione al servizio di Dio e degli uomini. Questa profonda preoccupazione tra il celibato e il sacerdozio di Cristo si riflette in coloro che hanno la fortuna di condividere la dignità e la missione del Mediatore e Sacerdote eterno; questa condivisione sarà tanto più perfetta quanto più il sacro ministro sarà libero dai vincoli della carne e del sangue.
Il celibato consacrato dei ministri sacri manifesta infatti l’amore verginale di Cristo per la Chiesa, e la fecondità verginale e soprannaturale di questo matrimonio, dal quale nascono i figli di Dio, «non da sangue, né da volere della carne. “

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La consacrazione a Cristo sotto un titolo aggiuntivo ed elevato come il celibato conferisce evidentemente al sacerdote, anche in campo pratico, la massima efficienza e la migliore disposizione d’animo, mentale ed affettiva, per l’esercizio continuo di una carità perfetta. Questa carità gli permetterà di spendersi interamente per il bene di tutti, in modo più pieno e concreto. Ovviamente gli garantisce anche una maggiore libertà e flessibilità nel ministero pastorale, nella sua presenza attiva e viva nel mondo, al quale Cristo lo ha mandato affinché paghi interamente a tutti i figli di Dio il debito che è loro dovuto.
Non siamo facilmente indotti a credere che l’abolizione del celibato ecclesiastico aumenterebbe notevolmente il numero delle vocazioni sacerdotali… il loro senso di Dio e di tutto ciò che è santo, la loro stima per la Chiesa come istituzione di salvezza mediante la fede ei sacramenti.
Tratto dall’Enciclica Sacerdotalis Caelibatus di Papa Paolo VI.
TFP.org 19 giugno 2019