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2La vera santità sta nella forza dell’anima e non nella mollezza sentimentale

La vera santità sta nella forza dell'anima e non nella mollezza sentimentale
La vera santità sta nella forza dell’anima e non nella mollezza sentimentale

La Chiesa insegna che la vera e completa santità è l’eroismo della virtù. L’onore degli altari non è concesso ad anime deboli, ipersensibili, che fuggono da pensieri profondi, da sofferenze acute, dalla lotta, insomma, dalla Croce di Nostro Signore Gesù Cristo. Memore delle parole del suo Divino Fondatore, «il regno dei cieli è dei violenti», la Chiesa canonizza solo coloro che, in vita, hanno autenticamente combattuto la buona battaglia, coloro che si sono cavati un occhio o si sono tagliati un piede quando faceva scandalo, e sacrificava tutto per seguire solo Nostro Signore Gesù Cristo. In realtà, la santificazione comporta il massimo eroismo, perché presuppone non solo la ferma e seria risoluzione di sacrificare la vita stessa se necessario per rimanere fedeli a Gesù Cristo, ma anche vivere un’esistenza prolungata sulla terra se Dio lo desidera, rinunciando costantemente a tutto carissimo per aderire solo alla volontà divina.

Una certa iconografia, purtroppo molto in uso, presenta i santi in modo ben diverso: essi appaiono molli, sentimentali, senza personalità né forza di carattere, incapaci di idee serie, solide e coerenti; sembrano essere anime guidate solo dalle proprie emozioni e, quindi, del tutto inadatte alle grandi lotte che da sempre accompagnano la vita terrena.

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La figura di Santa Teresa del Bambino Gesù è stata particolarmente deformata da una cattiva iconografia. Rose, sorrisi, sentimentalismi inconsistenti, una vita dolce e priva di preoccupazioni, una persona con ossa di zucchero candito e sangue di miele: questa è l’idea che vorrebbero che avessimo di quel grande, quell’incomparabile santo.

La vera santità sta nella forza dell'anima e non nella mollezza sentimentale

Quanto tutto questo differisce dal suo vero spirito – vasto e profondo come il firmamento, splendente e ardente come il sole, eppure così umile e così filiale – che si trova leggendo la sua autobiografia, La storia di un’anima ( libro in inglese qui, in italiano qui ).

I nostri due quadri rappresentano, per così dire, due “Teresse” diverse e addirittura opposte.

La vera santità sta nella forza dell'anima e non nella mollezza sentimentale

Nel primo non c’è niente di eroico; questa è Teresa insignificante, superficiale e profumata immaginata dall’iconografia romantica e sentimentale. La seconda è Thérèse autentica, fotografata il 7 giugno 1897, poco prima della sua morte avvenuta il 30 settembre dello stesso anno.

Il suo volto è segnato dalla profonda pace conquistata da grandi e irrevocabili rinunce. I suoi lineamenti hanno una definizione, una forza e un’armonia possedute solo da anime dalla logica ferrea. Il suo sguardo rivela tremende sofferenze nei recessi più profondi dell’anima ma, allo stesso tempo, rivela il fuoco e il coraggio di un’anima eroica, determinata ad avanzare a tutti i costi.

Contemplando questa fisionomia, forte e profonda come solo la grazia di Dio può rendere un’anima umana, viene in mente un altro Volto: quello della Sacra Sindone di Torino, che nessun uomo avrebbe potuto immaginare e forse nessuno osa descrivere. Tra il Volto di Nostro Signore Morto, che ha una pace, una forza, una profondità e un dolore che le parole umane non possono esprimere, e il volto di Santa Teresa, c’è una somiglianza imponderabile eppure molto reale. E perché dovrebbe stupire che il Volto Santo abbia impresso qualcosa di Sé nel volto e nell’anima di colei che nella vita religiosa si chiamava Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo?

Plinio Corrêa de Oliveira 8 novembre 2007

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