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1Non trattare i lupi come pecore smarrite

Non trattare i lupi come pecore smarrite
Plinio Corrêa de Oliveira a 24 anni è stato il più giovane deputato eletto nella storia brasiliana.

La dottrina di Nostro Signore Gesù Cristo è piena di verità apparentemente antagoniste che tuttavia, esaminate da vicino, lungi dal negarsi a vicenda, in realtà si completano a vicenda, formando un’armonia veramente meravigliosa. È il caso, ad esempio, dell’apparente contraddizione tra giustizia divina e bontà. Dio è allo stesso tempo infinitamente giusto e infinitamente misericordioso. Ogni volta che chiudiamo gli occhi davanti a una di queste perfezioni per comprendere l’altra, cadiamo in grave errore. Nella sua vita terrena, Nostro Signore Gesù Cristo ha dato mirabili prove della sua mitezza e della sua severità.

Non cerchiamo di “correggere” la personalità di Nostro Signore secondo la meschinità dei nostri punti di vista, di chiudere gli occhi davanti alla bontà del Salvatore per comprendere meglio la Sua giustizia; né, d’altra parte, allontanarsi dalla sua giustizia per comprendere meglio la sua infinita compassione per i peccatori. Nostro Signore si è mostrato perfetto e adorabile sia quando ha accolto Maria Maddalena con un perdono ineffabilmente dolce, sia quando ha punito il linguaggio violento dei farisei. Non strappiamo nessuna di queste pagine del Santo Vangelo. Comprendiamo e adoriamo le perfezioni di Nostro Signore così come si rivelano in entrambi gli episodi. E infine, comprendiamo che la nostra imitazione di Nostro Signore Gesù Cristo sarà perfetta solo il giorno in cui sapremo non solo perdonare, confortare e accarezzare, ma anche flagellare, denunciare e fulminare come Nostro Signore.

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Sono molti i cattolici che considerano indegni di imitazione gli episodi del Vangelo che mostrano l’ira santa del Messia contro l’ignominia e il tradimento dei farisei. Almeno questo è quanto emerge dal loro modo di considerare l’apostolato. Parlano sempre di dolcezza e cercano sempre di imitare questa virtù di Nostro Signore. Che Dio li benedica per questo; ma perché non cercano di imitare le altre virtù di Nostro Signore?

Molto spesso, quando si propone qualche azione energica in materia di apostolato, la risposta invariabile è che bisogna procedere con la massima dolcezza «per non allontanare ulteriormente coloro che si sono smarriti». Si potrebbe sostenere che un’azione forte invariabilmente fa sì che i fuorviati “si allontanino ancora di più”? Si potrebbe sostenere che quando Nostro Signore chiamò i Farisei con ardenti invettive lo fece con l’intenzione di “allontanare ancora di più quegli sviati”? O si dovrebbe forse supporre che Nostro Signore non conoscesse o non si curasse dell’effetto “catastrofico” che le sue parole avrebbero provocato sui farisei? Chi oserebbe ammettere una tale bestemmia contro Nostro Signore, la Sapienza incarnata?

Dio non voglia che si debba invocare l’azione forte e la violenza verbale come unici rimedi per le anime. Dio non voglia, però, che si bandiscano tali eroici rimedi dai nostri metodi di apostolato. Ci sono circostanze in cui si dovrebbe essere soavi e altre circostanze in cui si dovrebbe usare la santa “violenza”. È sempre un grave male essere miti quando le circostanze richiedono severità, o severi quando le circostanze richiedono soavità.

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Tutto questo ordine unilaterale di idee che denunciamo deriva da una considerazione unilaterale delle parabole. Ci sono molte persone che prendono la parabola della pecorella smarrita come l’unica del Vangelo. Ora, questo è un gravissimo errore che non vogliamo esimerci dal denunciare.

Non trattare i lupi come pecore smarrite
Afferma il mite san Francesco di Sales: «I nemici dichiarati di Dio e della Chiesa vanno denigrati il ​​più possibile (purché si rispetti la verità) ed è opera di carità gridare: Ecco il lupo! quando è in mezzo al gregge, o dovunque si trovi”.
Credito fotografico: Sander van der Wel , CC BY-SA 2.0

Nostro Signore non parla solo della pecora smarrita, purtroppo insanguinata dalle spine, che il pastore cerca pazientemente in fondo all’abisso. Nostro Signore ci parla anche di lupi rapaci che circondano costantemente l’ovile cercando un’opportunità per infilarsi travestiti da pecore. Ora, se è mirabile un pastore che sa portare teneramente sulle spalle una pecora smarrita, cosa si potrebbe dire di un pastore che abbandonasse il suo fedele gregge e facesse un lungo cammino per andare a prendere un lupo travestito da agnello? sulle sue spalle, aprirgli le porte dell’ovile e deporre il lupo famelico tra le pecore?

Tuttavia, se applicassero efficacemente i principi unilaterali di apostolato che professano, quanti cattolici agirebbero proprio così!

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Per comprendere meglio che la perfetta imitazione di Nostro Signore non si trova solo nella mansuetudine e nella soavità ma anche nella severità citeremo alcuni episodi e frasi di alcuni santi. Santo è colui che la Chiesa ha dichiarato con infallibile autorità essere un perfetto imitatore di Nostro Signore. In che modo i Santi imitarono Nostro Signore? Lasciaci vedere.

Sant’Ignazio di Antiochia, martire del II secolo, scrisse diverse lettere a varie chiese (1) prima di essere martirizzato. Queste lettere contengono frasi sugli eretici come: “bestie feroci (Ef. 7); lupi rapaci (Fil. 2.2.); cani pazzi che attaccano a tradimento (Ef. 7); bestie con la faccia di uomini (Smyrn. 4.1.); erbe del diavolo (Ef 10,1); piante parassite che il Padre non ha piantato (Tral. 11); messi destinati al fuoco eterno (Ef 16,2).”

Come si vede, questo modo di trattare con gli eretici seguiva da vicino gli esempi di san Giovanni Battista che chiamava gli scribi e i farisei “razza di vipere”, e di Nostro Signore Gesù Cristo che li chiamava “ipocriti” e amava che fossero “imbiancati”. sepolcri”.

Gli Apostoli procedettero allo stesso modo. Sant’Ireneo, martire del II secolo e discepolo di san Policarpo, che a sua volta era stato discepolo di san Giovanni Evangelista, racconta che quando l’apostolo andò alle terme si ritirò senza lavarsi perché lì vide Corinto, un eretico che negava la divinità di Gesù Cristo, per timore, disse, che l’edificio crollasse perché in esso era Corinto, nemica della verità. Lo stesso san Policarpo, incontrando un giorno Marcione, un eretico docetista che gli chiese se lo conosceva, rispose: “Senza dubbio, tu sei il primogenito di Satana”.

Inoltre, così facendo, hanno seguito il consiglio di san Paolo: “L’uomo che è eretico, dopo la prima e la seconda ammonizione, evitalo” (Tt 3,10).

Se lo stesso san Policarpo si imbatteva in un eretico, si copriva le orecchie ed esclamava: “Dio di bontà, perché mi hai tenuto sulla terra a sopportare tali cose?” E sarebbe subito fuggito per evitare tale compagnia.

Nel IV secolo sant’Atanasio racconta che sant’Antonio eremita definiva i discorsi degli eretici un veleno peggiore di quello dei serpenti.

Ed è così che i Santi Padri trattavano gli eretici in genere, come si evince da un articolo pubblicato su Civiltà Cattolica , rivista fondata da Sua Santità Pio IX e affidata ai Padri Gesuiti a Roma. In questo articolo citano diversi esempi che trascrivo:

“San Tommaso d’Aquino, talvolta presentato come immancabilmente pacifico verso i suoi nemici, in una sua polemica con Guglielmo del Santo Amore, che ancora non era stato condannato dalla Chiesa, così trattava lui e i suoi scagnozzi: “Nemici di Dio, ministri della diavolo, membri dell’Anticristo, nemici della salvezza del genere umano, calunniatori, fogne di blasfemia, reprobi, empi, ignoranti, uguali al Faraone, peggiori di Gioviniano e Vigilantio (eretici che negarono la verginità della Madonna).” San Bonaventura chiamava Geraldo, un suo contemporaneo, “impudente, calunnioso, pazzo, avvelenatore, ignorante, bugiardo, malvagio, stolto, perfido”.

Il mellifluo San Bernardo, parlando di Arnaldo da Brescia che guidò uno scisma contro il clero e i beni ecclesiastici, lo definì: “disordinato, vagabondo, impostore, vaso d’ignominia, scorpione vomitato da Brescia, guardato con orrore in Roma, con abominio in Germania, disprezzata dal Romano Pontefice, lodata dal demonio, operatrice d’iniquità, divoratrice di popoli, bocca piena di maledizioni, seminatrice di discordie, artefice di scismi, lupo feroce.

Nei tempi più antichi, san Gregorio Magno, rimproverando Giovanni, Vescovo di Costantinopoli, gli denunciava in faccia il suo orgoglio profano e abominevole, l’orgoglio di Lucifero, le sue sciocche parole, la vanità e la mancanza di intelligenza.

Né i santi Fulgenzio, Prospero, Girolamo, Siricio papa, Giovanni Crisostomo, Ambrogio, Gregorio Nazianzeno, Basilio, Ilario, Atanasio, Alessandro vescovo di Alessandria, i santi martiri Cornelio e Cipriano, Atenagora, Ireneo, Policarpo, Ignazio martire, Clemente e infine tutti i Padri della Chiesa che si sono distinti per le loro virtù eroiche parlano diversamente.

Se si vuole sapere quali regole provvedono i Dottori e Teologi della Chiesa da seguire nelle controversie con gli eretici, si legga San Francesco di Sales, il mite San Francesco di Sales in Filotea, capitolo 20 della parte 2: “I dichiarati nemici di Dio e la Chiesa va denigrata il più possibile (a condizione che si rispetti la verità) ed è opera di carità gridare: Ecco il lupo! quando è in mezzo al gregge, o dovunque si trovi”. (2)

Quante proteste dovremmo ascoltare se Legionário pubblicasse contro i nemici contemporanei della Chiesa la metà di quanto detto sopra!

L’articolo precedente è stato originariamente pubblicato su O Legionário , il 28 settembre 1941. È stato tradotto e adattato per la pubblicazione senza la revisione dell’autore. –Ed.

Note a piè di pagina

  1. Le Lettere, o Epistole di Sant’Ignazio di Antiochia, Padre della Chiesa. Tra queste lettere ci sono quelle agli Efesini, ai Filadelfi, agli Smirnesi e ai Tralliani, menzionate qui.
  2. Le citazioni fin qui sono tratte dall’articolo di Civiltà Cattolica , vol. I, sezione V, pag. 27.

Plinio Corrêa de Oliveira 13 novembre 2015

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