Infine, Il Mio Cuore Immacolato Trionferà!

1Autoritratto filosofico: Plinio Corrêa de Oliveira

Autoritratto filosofico: Plinio Corrêa de Oliveira
Autoritratto filosofico: Plinio Corrêa de Oliveira

Sono un tomista convinto. L’aspetto della filosofia che più mi attrae è la filosofia della storia. In considerazione di ciò trovo la connessione tra i due tipi di attività a cui ho dedicato la mia vita: lo studio e l’azione.

Quest’ultima l’ho esercitata in un campo ben definito, la diffusione della dottrina, svolta a volte alla maniera del dialogo, altre volte – e lo dico volentieri, per quanto anacronistico possa sembrare la cosa e la parola – con la polemica.

Il libro Rivoluzione e controrivoluzione, in cui condenso gli elementi essenziali del mio pensiero, spiega il mio orientamento ideologico.

Religione e filosofia muovono la storia

Uno dei presupposti di questo libro è che il corso della storia, contrariamente a quanto affermano tanti filosofi e sociologi, non è tracciato esclusivamente o preponderantemente dai dettami della materia sugli uomini. Senza dubbio, questi hanno la loro influenza nell’agire umano, ma la direzione della storia appartiene agli uomini, dotati come sono di anime libere e razionali. In altre parole, sono loro che dirigono il corso degli eventi, agendo più o meno profondamente sulle circostanze in cui si trovano e ricevendo in misura variabile gli influssi di queste stesse circostanze.

Ora, l’azione umana si svolge normalmente secondo la visione che l’uomo ha dell’universo, di se stesso e della vita. Ciò equivale a dire che le dottrine religiose e filosofiche dominano la storia, che il nucleo più dinamico dei fattori che trasformano la storia si trova negli atteggiamenti successivi dello spirito umano di fronte alla religione e alla filosofia.

Civiltà cristiana – Tutta la consonanza con la legge naturale e divina

Da ciò passo ad un altro presupposto di Rivoluzione e Controrivoluzione. Una visione cattolica della storia deve soprattutto tener conto che sia l’Antica Legge che la Nuova, di per sé, contengono non solo i precetti con cui l’uomo deve modellare la propria anima per divenire simile a Dio, preparandosi così alla Visione Beatifica , ma anche le norme fondamentali della condotta umana conforme all’ordine naturale delle cose.

Così, mentre l’uomo avanza nella vita di grazia mediante la pratica della virtù, nello stesso tempo elabora una cultura — un ordine politico, sociale ed economico — in piena consonanza con i principi fondamentali e perenni del diritto naturale. Questa è quella che si chiama civiltà cristiana.

Ovviamente, il buon ordinamento delle cose terrene non è composto esclusivamente da questi principi basilari e perenni. Comprende anche molto di ciò che è contingente, transitorio e gratuito. La civiltà cristiana abbraccia una varietà incalcolabile di aspetti e sfumature. Tanto vero che, da un certo punto di vista, si può parlare non solo di civiltà cristiana, ma di civiltà cristiane. Tuttavia, data l’identità dei principi fondamentali insiti in tutte le civiltà cristiane, la grande realtà che aleggia su tutte è una potente unità, che merita per antonomasia il nome di civiltà cristiana. Unità nella varietà e varietà nell’unità sono elementi di perfezione. La civiltà cristiana rimane una in tutta la varietà delle sue realizzazioni, per cui si può dire che, nel senso più profondo, c’è solo una civiltà cristiana. Ma varia così prodigiosamente nella sua unità che una legittima libertà di espressione permette di affermare che esistono diverse civiltà cristiane.

Legge eterna e naturale: il fondamento della morale e della legge

Fatta questa precisazione — analogamente applicabile al concetto di cultura cattolica — impiegherò le espressioni civiltà cristiana e cultura cristiana nel loro senso “maggiore”, quello di unità.

Mi dispensa dal riferire quelle affermazioni a testi di San Tommaso o del Magistero della Chiesa, essendo questi così numerosi e così conosciuti da chi studia seriamente le materie che l’opera diventerebbe, insieme, noiosa e superflua . Questa osservazione vale anche per altre considerazioni che seguiranno.

Sulla base di questi presupposti è facile definire il ruolo della Chiesa e della civiltà cristiana nella storia.

Le nazioni raggiungono la civiltà perfetta solo corrispondendo alla grazia e alla fede

Mentre l’uomo può con ferma certezza e senza contaminazione di errore conoscere ciò che nelle cose divine non è di per sé inaccessibile alla ragione umana, gli è impossibile, a causa del peccato originale, seguire durevolmente la legge di Dio. Questo è possibile solo per mezzo della grazia. Tuttavia, per salvaguardare l’uomo dalla sua stessa malizia e debolezza, Gesù Cristo ha dotato la Chiesa di un Magistero infallibile che infallibilmente insegna all’uomo non solo le verità religiose ma anche quelle morali necessarie per la salvezza. L’adesione dell’uomo al Magistero della Chiesa è frutto della Fede. Senza Fede l’uomo non può né durevolmente né interamente conoscere o osservare i Comandamenti. Così, le nazioni possono raggiungere la civiltà perfetta, che è la civiltà cristiana, solo corrispondendo alla grazia e alla Fede,

Il punto più profondo e centrale della storia consiste dunque nel conoscere, professare e praticare la fede cattolica.

Evidentemente dicendo questo non nego che ci siano stati aspetti elevati nelle civiltà non cristiane. Tuttavia, tutte queste civiltà sono state sfigurate dall’uno o dall’altro tratto sorprendentemente divergente dalla stessa elevazione che hanno mostrato in altri aspetti. Basti ricordare la grande estensione della schiavitù e la vile condizione imposta alle donne prima dell’avvento di Nostro Signore Gesù Cristo. Mai una civiltà ha mostrato l’eminente perfezione insita nella civiltà cristiana.

Allo stesso modo, non contesto che la civiltà possa contenere tracce importanti della tradizione cristiana in paesi in cui la popolazione è prevalentemente scismatica o eretica. Solo con la Chiesa cattolica, però, la civiltà cristiana può fiorire nella sua pienezza, e solo nei popoli cattolici può mantenersi perfettamente.

“C’era un tempo in cui la filosofia dei Vangeli governava gli Stati…”

Qualcuno potrebbe chiedersi quando, storicamente, è esistita questa perfetta civiltà cristiana? Questa perfezione è raggiungibile in questa vita?

La mia risposta scioccherà e irriterà molti lettori. Tuttavia, affermo che c’è stato un tempo in cui gran parte dell’umanità conosceva l’ideale della perfezione e tendeva ad esso con fervore e sincerità. In conseguenza di quella tendenza delle anime, i tratti fondamentali della civiltà divennero tanto cristiani quanto lo consentirono le circostanze di un mondo che si elevava lentamente dalla barbarie. Mi riferisco al Medioevo, del quale, nonostante questo o quel difetto, Leone XIII scriveva eloquentemente:

Processione eucaristica per le campagne
“Allora fu che il potere e la virtù divina della sapienza cristiana
avevano permeato le leggi, le istituzioni e i costumi del popolo”.

C’è stato un tempo in cui la filosofia dei Vangeli governava gli stati. Fu allora che il potere e la virtù divina della sapienza cristiana avevano permeato le leggi, le istituzioni e le usanze del popolo; permeando tutti i ranghi e le relazioni della società civile. Poi, poi, la religione istituita da Gesù Cristo, fermamente radicata nella degna dignità, fiorì dovunque grazie al favore dei principi e alla legittima protezione dei magistrati. Allora il Sacerdozio e l’Impero furono felicemente uniti nella concordia e nell’amichevole interscambio di buoni uffici. Così organizzata, la società civile diede frutti oltre ogni aspettativa, il cui ricordo è ancora, e sarà sempre, in fama, registrato com’è in innumerevoli documenti che nessun artifizio degli avversari potrà distruggere od oscurare. (Enciclica Immortale Dei, 1 novembre 1885).

Un monumento sorto da una rovina, un’istituzione da una consuetudine

Questo modo di vedere la pienezza dell’influenza della Chiesa nel Medioevo si trova anche nel seguente testo di Paolo VI, riferito al ruolo del Papato nell’Italia medievale:

Non dimentichiamo i secoli durante i quali il Papato visse nella storia [d’Italia], ne difese le frontiere, ne custodì il patrimonio culturale e spirituale, educò i suoi rampolli alla civiltà, all’eleganza dei costumi, alla virtù morale e sociale, e ne unì la coscienza romana e figli migliori alla stessa missione universale [del Papato]…” (Discorso al Presidente della Repubblica Italiana, 11 gennaio 1964).

Quindi, la civiltà cristiana non è utopica. È qualcosa di possibile e, in una determinata epoca, effettivamente realizzato. Infine, è qualcosa che in un certo modo perdurò anche dopo il medioevo, al punto che Papa San Pio X poté scrivere:

La civiltà non deve ancora essere fondata, né il nuovo Stato deve essere costruito tra le nuvole. Esisteva ed esiste; è la civiltà cristiana; è la Città Cattolica. L’unica questione è quella di rifondarla e restaurarla senza indugio sui suoi fondamenti naturali e divini contro gli attacchi continuamente reiterati dell’empia utopia della rivoluzione e dell’empietà (Lettera apostolica Notre Charge Apostolique, 25 agosto 1910 ).

Pertanto, la civiltà cristiana ha vestigia ampie e vive anche ai nostri giorni.

Le crisi derivano da passioni disordinate infiammate dai poteri delle tenebre

Qualcuno può immaginare che tutte le crisi della cultura e della civiltà nascano necessariamente da qualche pensatore, dalla cui mente vigorosa scaturisce la scintilla chiarificatrice — o distruttiva — che, prima si propaga negli ambienti dell’alta cultura e poi raggiunge l’intero corpo sociale. È chiaro che alcune crisi nascono così, ma la storia non attesta che tutte siano nate così. In particolare, non ebbe così origine la crisi che accelerò il declino del Medioevo e diede origine all’Umanesimo, al Rinascimento e alla pseudoriforma protestante.

L’influenza della Chiesa su ogni anima, ogni popolo, ogni cultura e ogni civiltà è continuamente minacciata dal fatto stesso che essa chiede agli uomini un’austerità di costumi che la decadente natura umana trova ardua. Le passioni disordinate, infiammate dall’azione soprannaturale delle Potenze delle Tenebre, incitano continuamente uomini e nazioni al male. Queste tendenze sfruttano la debolezza dell’intelligenza umana. L’uomo inventa facilmente sofismi per giustificare le cattive azioni che vuole compiere o sta già praticando, o le cattive usanze che già ha o sta acquisendo. Come scriveva Paul Bourget, “Bisogna vivere come si pensa, con la pena, prima o poi, di pensare come si è vissuti” ( Le Démon du Midi ).

Il peso dell’orgoglio e della sensualità nella rivolta contro la Chiesa

Due passioni in particolare, l’orgoglio e la sensualità, fomentano la rivolta contro la morale cristiana e la fede.

L’orgoglio porta l’uomo a rifiutare ogni superiorità in un altro e genera in lui un appetito di preminenza e di comando che porta facilmente al parossismo. Questo parossismo è il fine verso cui tendono tutti i disordini. Al suo apice, l’orgoglio assume varie sfumature metafisiche: non contento di scrollarsi di dosso questa o quella specifica superiorità o struttura gerarchica, la persona orgogliosa desidera l’abolizione di ogni e qualsiasi superiorità in qualunque campo possa esistere. Pertanto, egli immagina che sia sopportabile solo l’eguaglianza onnicomprensiva e completa e, proprio per questo, la massima suprema della giustizia. L’orgoglio finisce così per generare la propria moralità, al centro della quale vi è un principio metafisico: l’ordine dell’essere richiede l’uguaglianza, e ogni disuguaglianza è ontologicamente cattiva. Per quello che chiamerei “orgoglio integrale,

La sensualità è un’altra passione disordinata di importanza decisiva nel processo di rivolta contro la Chiesa. Di per sé porta alla spudoratezza, invitando l’uomo a calpestare ogni legge ea rifiutare come insopportabile ogni costrizione. I suoi effetti si sommano a quelli della superbia per provocare nella mente umana ogni sorta di sofismi capaci di minare il cuore stesso del principio di autorità.

La tendenza che risveglia l’orgoglio e la sensualità mira ad abolire ogni disuguaglianza, autorità e gerarchia.

La fede porta all’amore per la gerarchia; Corruzione, all’egualitarismo anarchico

È chiaro che queste passioni disordinate, anche quando vi si cede, possono incontrare in un’anima — o nello spirito di un popolo — contrappesi posti da convinzioni, tradizioni e simili. In tal caso l’anima — o la mentalità del popolo — si divide tra due poli opposti: da una parte la Fede, che la invita all’austerità, all’umiltà e all’amore di tutte le legittime gerarchie; e, dall’altra, la corruzione, invitandola al completo egualitarismo, “anarchico” nel senso etimologico della parola. Come vedremo un po’ più avanti, la corruzione alla fine porta al dubbio religioso e alla completa negazione della Fede.

L’opzione per l’uno o per l’altro di questi poli di solito non si fa da un momento all’altro, ma poco a poco. Per mezzo di atti successivi di amore per la verità e per il bene, una persona o una nazione può progredire gradualmente nella virtù e persino convertirsi completamente. Così è avvenuto con l’Impero Romano sotto l’influenza delle comunità cristiane, le preghiere dei fedeli nelle catacombe e nei deserti, l’eroismo che hanno mostrato nell’arena, gli esempi di virtù che hanno dato nella vita quotidiana. È un processo di ascensione.

Il processo può anche essere di decadenza. Con l’urto delle passioni disordinate, le buone convinzioni vengono scosse, le buone tradizioni perdono linfa vitale, i buoni costumi sono sostituiti da costumi osé che degenerano fino a essere francamente censurabili e alla fine scandalosi.

Professor Corrêa de Oliveira
Il professor Corrêa de Oliveira parla a Rio de Janeiro contro la riforma agraria nei primi anni ’60.

Principali elementi dottrinali della rivoluzione e della controrivoluzione

Tutto ciò premesso, ricapitolo qui i principali elementi dottrinali su cui ho fondato Rivoluzione e Controrivoluzione:

a) la missione della Chiesa come unica maestra, guida e fonte di vita dei popoli in cammino verso la civiltà perfetta;

b) la continua opposizione delle passioni disordinate, specialmente l’orgoglio e la sensualità, all’influenza della Chiesa;

c) l’esistenza di due poli opposti nello spirito umano, verso uno dei quali esso necessariamente tende: da una parte, la Fede cattolica, che infonde l’amore per l’ordine, l’austerità e la gerarchia; dall’altra le passioni disordinate, che provocano immodestia e rivolte contro la legge, la gerarchia e ogni forma di disuguaglianza, e che portano infine al dubbio e alla totale negazione della Fede;

d) la nozione di un processo — espressione intesa senza pregiudizio del libero arbitrio — mediante il quale individui o popoli, sentendo l’attrazione dei due poli opposti, si avvicinano gradualmente l’uno e si allontanano dall’altro.

e) l’influenza di questo processo morale sullo sviluppo delle dottrine. Le cattive tendenze inclinano verso l’errore, le buone tendenze verso la verità. Le grandi modificazioni dello spirito dei popoli non sono il mero risultato di dottrine elaborate da piccoli ritiri di intellettuali serenamente elucubranti ai margini della società. Perché una dottrina trovi risonanza in un popolo è solitamente necessario che quel popolo abbia affinità con la dottrina. E non è raro che le stesse elucubrazioni fatte dai dotti nei loro studi siano influenzate più di quanto si creda da questi appetiti per l’ambiente in cui essi stessi vivono.

Alcune definizioni fondamentali

Avendo tutto questo in vista, è facile definire i concetti fondamentali di Ordine, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione:

1) Ordine: non solo la disposizione metodica e pratica delle cose materiali ma, corrispondente alla concezione tomista, la retta disposizione delle cose secondo il loro prossimo e remoto fine fisico, metafisico, naturale e soprannaturale;

2) Rivoluzione: non essenzialmente una rivolta nelle strade, una raffica di colpi di arma da fuoco o una guerra civile, ma ogni sforzo che mira a disporre gli esseri contro l’Ordine;

3) Contro-Rivoluzione: ogni sforzo che mira a circoscrivere ed eliminare la Rivoluzione.

Rivoluzioni A e B

Come si vede, l’Ordine, così come la Rivoluzione e la Controrivoluzione, può esistere in a) tendenze; b) idee; c) leggi, strutture, istituzioni e consuetudini.

Così chiamiamo la Rivoluzione “tendenziale” finché esiste nelle tendenze, e “sofistica” quando si sviluppa nel terreno delle dottrine, sotto l’influenza delle tendenze.

Queste due modalità della Rivoluzione costituiscono un fenomeno eminentemente spirituale; cioè hanno come campo di azione l’anima umana e la mentalità delle società. Formano un insieme che chiamiamo “Rivoluzione A”.

Quando la Rivoluzione passa dall’interno delle anime agli atti, producendo convulsioni storiche, sconvolgendo leggi, strutture, istituzioni e così via, costituisce quella che chiamiamo “Rivoluzione B”.

Evidentemente queste nozioni, qui presentate con estrema brevità, esigono una serie di precisazioni e adattamenti che espongo in Rivoluzione e controrivoluzione e che qui è impossibile spiegare.

Mi limito a precisare che nel delineare ciò che di più essenziale ha la storia in queste materie, non pretendo che la storia si riduca a questo. L’osservazione più elementare indica che innumerevoli fattori, anche etnici, geografici ed economici, condizionano potentemente il corso della storia.

Gli egualitari avranno ardenti obiezioni contro la fede

Rimane una parola da dire sul nesso tra l’egualitarismo assoluto e metafisico e la Fede. Chi è radicalmente egualitario avrà necessariamente innumerevoli obiezioni contro la dottrina cattolica. Egli obietterà ai concetti di un Dio personale, perfetto ed eterno, che si libra infinitamente al di sopra delle Sue creature imperfette e contingenti; della Legge promulgata da Dio, alla quale è necessario obbedire; della Rivelazione, che comunica verità al di là della naturale capacità di conoscenza della mente umana; del Magistero infallibile della Chiesa; della struttura monarchica e aristocratica della Chiesa. Tutto, dopotutto, anche l’idea di un giudizio che ricompenserà il bene e castigherà il male, irrita l’egualitario e lo tenta alla sfida.

D’altra parte, il cattolico apprende da San Tommaso ( Summa Theoligica , I, q. 47, a.2) che la disuguaglianza è un prerequisito per la perfezione dell’ordine creato. E di conseguenza le disuguaglianze di potere, di scienza, di classe sociale e di fortuna sono intrinsecamente legittime e indispensabili al buon ordine, purché non siano accentuate fino a negare la dignità e la sufficienza e la stabilità della vita che è propria di ciascuno. giusto in virtù del suo essere uomo, del suo lavoro, e così via.

LUTERO
DANTONE
LENINO

Lutero, Danton, Lenin, figure chiave delle Tre Rivoluzioni.

La prima rivoluzione: umanesimo, rinascimento, protestantesimo

Ciò detto, incontriamo il senso profondo della Rivoluzione sofisticata sviluppata nel piano “A” e quello della Rivoluzione B, avvenuta nell’Europa del XV secolo in conseguenza della precedente Rivoluzione tendenziale A.

Il declino del Medioevo fu segnato da un’esplosione di orgoglio e sensualità. Quell’esplosione generò tendenze egualitarie e liberali che non fecero altro che progredire nei secoli successivi.

Per questo, nell’Umanesimo e nel Rinascimento troviamo ostilità verso il soprannaturale, il Magistero della Chiesa, i costumi. Nel protestantesimo troviamo il libero esame; minimalismo di fronte al soprannaturale; l’accettazione del divorzio; l’abolizione dello stato religioso e la sottomissione espressa nei voti di povertà, castità e obbedienza; e la virtuale eliminazione della gerarchia ecclesiastica. Certo, esiste uno status ecclesiastico in quasi tutte le sette protestanti, ma la chiara e profonda differenza tra il clero e il laicato che esiste nella Chiesa cattolica è stata debilitata al loro interno in accordo con la loro comprensione del sacerdozio. Inoltre, la struttura gerarchica dello stato ecclesiastico così come esiste nella Chiesa è stata profondamente mutilata anche nelle sette protestanti dalla loro negazione dell’elemento monarchico, il papato. Se tra gli anglicani la tendenza egualitaria non ha abolito la dignità episcopale, già tra i presbiteriani non ci sono dignitari chiamati “vescovi”, ma solo “presbiteri”. In altre sette la raffica dell’egualitarismo arrivò al punto di abolire anche la classe dei “sacerdoti”.

La Chiesa non può cambiare la sua struttura gerarchica istituita da Cristo

Sottolineando il fattore liberale ed egualitario dell’umanesimo, del rinascimento e del protestantesimo, non pretendo chiaramente di negare che altre cause possano aver contribuito alla generazione e all’espansione di questi movimenti. Dico solo che nell’origine, nella psicologia, nelle dottrine e in quella che oggi chiameremmo la riuscita propagazione e realizzazione di questi movimenti, la Rivoluzione tendenziale A, in senso radicalmente anarchico ed egualitario, ha svolto il ruolo di forza principale.

Non intendo nemmeno affermare che questa forza principale abbia agito solo in quei paesi che si sono separati dalla Chiesa. Il Rinascimento e l’Umanesimo soffiarono con tutta l’intensità anche nel mondo cattolico. E anche se la tendenziale Rivoluzione A non è riuscita a provocare la loro rottura formale con la Chiesa, ha comunque risvegliato in loro forme larvali di protestantesimo, giansenismo in primis. Ciò produsse un progressivo raffreddamento religioso, che culminò nello scetticismo. Uno studio attento dell’assolutismo reale, che in nessun paese protestante fu più radicale che nella Francia cattolica, mostra che la politica dei monarchi assolutisti, in tutto ciò che non apparteneva alla loro autorità, era segnata da un certo spirito egualitario. La progressiva riduzione dei privilegi del clero e della nobiltà da parte dei monarchi assolutisti andava verso un livellamento politico di tutti i cittadini sotto il potere dello Stato. Il continuo favore dei re per la parte più attiva e sviluppata della classe plebea, la borghesia, contribuì ancor più all’uguaglianza politica.

La seconda rivoluzione: enciclopedismo, assolutismo, rivoluzione francese

La corruzione dei costumi, in crescita dalla fine del Medioevo, raggiunse nel Settecento un grado tale da spaventare anche alcuni dei capi di questa scuola di pensiero.

Rivoluzione e controrivoluzione di Plinio Corrêa de Oliveira

La società francese, gonfia dei fattori che avevano prodotto il protestantesimo nei paesi nordici, si preparava attraverso l’enciclopedismo e l’assolutismo a una profonda convulsione che non sarebbe stata altro che la proiezione nella sfera religiosa, filosofica, politica, sociale ed economica dell’essenza del protestantesimo.

LETTURA GRATUITA: Rivoluzione e controrivoluzione

Così, alla fine del Settecento, il protestantesimo, già invecchiato e stanco, si mostrò privo di forza di espansione, minato dall’interno da crescenti dubbi e scetticismi, pur mantenendo un residuo di vita grazie principalmente allo Stato, mentre in Francia il liberale e le tendenze egualitarie raggiunsero l’apice. L’umanesimo e il Rinascimento erano morti da tempo, e tutto si esaurì nel protestantesimo. Ma ciò che era più dinamico e fondamentale in questi tre movimenti – lo spirito che li ha provocati – è sopravvissuto ed è stato più forte che mai. Questo spirito precipiterebbe necessariamente la Francia, e poi tutta l’Europa, in un cataclisma liberale ed egualitario. La Rivoluzione francese è stata segnata in modo tale dallo spirito del protestantesimo che la chiesa costituzionale da essa organizzata non era altro che uno strumento mal velato per l’impianto del vero protestantesimo in Francia. L’orientamento egualitario, antimonarchico e antiaristocratico della Rivoluzione francese è la proiezione in ambito civile della tendenza egualitaria che portò il protestantesimo a rifiutare gli elementi aristocratici e monarchici della gerarchia ecclesiastica. Il fermento comunista che operò l’estrema sinistra della Rivoluzione e alla fine si esplicitò in movimenti come quello di Babeuf, non fu altro che l’analogia laica dei movimenti comunisti, come la Fratellanza di Moravia, che produsse quella che si potrebbe chiamare l’estrema sinistra protestante . Gli effetti dell’Umanesimo, del Rinascimento,

Mi conviene insistere sul fatto che il protestantesimo, l’umanesimo e il Rinascimento non furono altro che aspetti che lo spirito dell’anarchia e dell’egualitarismo assunse nella sua lunga traiettoria storica.

Questi aspetti morirono in parte perché lo spirito che li aveva provocati, distruttivo per eccellenza, li aveva distrutti nel loro stesso centro. La Rivoluzione francese non fu altro che un aspetto nuovo e ancor più energico di questo stesso spirito.

La rivoluzione francese si diffuse in Europa negli zaini delle truppe napoleoniche

Attraverso note vicende storiche, la Rivoluzione Francese, pur concludendosi apparentemente con l’instaurazione dell’Impero, si diffuse in tutta Europa, portata negli zaini delle truppe napoleoniche. Le guerre e le rivoluzioni che segnarono il periodo dal 1814 al 1918, cioè dalla caduta di Napoleone alla caduta degli Asburgo, dei Romanov e degli Hohenzollern, furono un insieme di convulsioni che trasformarono tutta l’Europa secondo lo spirito della Rivoluzione francese. La seconda guerra mondiale non ha fatto altro che accentuare questa trasformazione. Delle antiche monarchie europee oggi rimangono solo una mezza dozzina, tutte troppo timide per affermarsi e così docili nel lasciarsi plasmare sempre più dallo spirito repubblicano da dare l’impressione che da un momento all’altro chiederanno perdono per ancora esistenti.

Nel fare queste osservazioni non affermo affatto che non ci fossero abusi reali da correggere nelle strutture distrutte. Né voglio dire che l’adozione di una forma di governo elettiva e popolare possa derivare solo dallo spirito egualitario e liberale che abbiamo analizzato. Questo non sarebbe né dottrinalmente vero né storicamente giustificato. Il Medioevo ebbe varie strutture politiche aristocratiche, se non monarchiche, come la Repubblica di Venezia, e varie strutture senza carattere né monarchico né aristocratico, come diversi cantoni svizzeri e le città libere tedesche. Tutte queste forme di governo vivevano pacificamente tra loro, poiché comprendevano la legittima diversità delle forme di governo secondo il tempo, il luogo e le altre circostanze.

Il mito dell’uguaglianza, una leggenda fondante

La Rivoluzione scoppiata alla fine del Medioevo fu mossa da uno spirito completamente diverso da quello che aveva portato alla formazione degli stati aristocratici o borghesi dell’Europa medievale. Questo spirito equivaleva all’affermazione della completa uguaglianza e della libertà assoluta e anarchica come uniche massime di ordine e giustizia, valide per tutti i tempi e luoghi.

A sua volta, questo spirito ha minato la società borghese politicamente egualitaria che aveva generato, e alla fine, sotto la più audace delle sue affermazioni, alla fine divampò nella terza grande rivoluzione dell’Occidente, la rivoluzione comunista.

I principi del 1789 – Verso la completa libertà e l’uguaglianza

Nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo – la Magna Carta sia della Rivoluzione francese che dell’epoca storica che essa ha inaugurato – la tesi egualitaria si esprimeva in tutta la sua nudità: “Gli uomini nascono e rimangono liberi ed eguali nei loro diritti”.

Chiaramente, questo principio è suscettibile di buona interpretazione. Gli uomini, per natura, sono fondamentalmente uguali. È solo negli incidenti che gli uomini sono ineguali. Allo stesso tempo, essendo dotati di un’anima spirituale, e quindi di intelligenza e volontà, sono fondamentalmente liberi. Questa libertà è limitata solo dalla legge naturale e divina e dal potere delle diverse autorità spirituali e temporali alle quali gli uomini devono sottomettersi.

Nessuno può negare che in ogni epoca ci sono stati governanti che hanno violato questa fondamentale uguaglianza e libertà. In risposta, nel corso della storia ci sono stati vari movimenti difensivi contro l’autorità eccessiva, cercando di confinarla entro i suoi giusti limiti. Tali movimenti, limitati a questo obiettivo, meritano indiscutibilmente un plauso. Intese correttamente, vale la pena ricordare l’uguaglianza e la libertà nel diciottesimo secolo come in qualsiasi altra epoca.

È certo che tra i primi rivoluzionari del 1789 vi furono persone che non desideravano altro che un giusto contenimento del potere pubblico e che intendevano la libertà e l’uguaglianza promulgate nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo nel loro senso più favorevole.

Ma il testo della famosa Dichiarazione era eccessivamente generico, affermando l’uguaglianza e la libertà senza notare alcuna restrizione. Ciò ha favorito un’interpretazione ampia e contraria: uguaglianza e libertà assolute e universali.

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Ben compresa, questa interpretazione corrispondeva allo spirito della Rivoluzione nascente. Lungo tutto il suo corso si è sbarazzato di ogni partigiano che non fosse in comunione con questo spirito. Alla persecuzione dei nobili e del clero seguì quella dei borghesi. Dovevano restare solo i lavoratori manuali.

Con la fine del Terrore, la borghesia, volendo eliminare in tutta Europa le classi privilegiate di un tempo, continuò ad affermare i “principi immortali” del 1789. Lo fece in maniera ambigua e imprudente, non avendo alcun dubbio di suscitare la tendenza alla completa uguaglianza e libertà tra le masse e ottenere il loro sostegno nella lotta contro la regalità, l’aristocrazia e il clero.

Questa imprudenza ha molto facilitato l’esplosione del movimento che avrebbe necessariamente messo in scacco il potere della borghesia, perché se tutti gli uomini sono liberi ed uguali, a che titolo esistono i ricchi? Con quale diritto i figli ereditano, senza lavorare, i beni dei genitori?

Il comunismo utopico proclama la politica borghese una farsa senza uguaglianza economica

Ancor prima che l’industrializzazione avesse formato grandi concentrazioni di proletari malnutriti, il comunismo utopico aveva già proclamato un inganno l’uguaglianza politica istituita dalla borghesia ed esigeva l’assoluta uguaglianza sociale ed economica. L’anarchismo, sognando una società senza autorità, si diffuse. Questi principi radicali, che ebbero un ristretto numero di militanti nella fase del comunismo utopico, raggiunsero ancora una prodigiosa diffusione in Occidente. A poco a poco hanno minato la mentalità di numerosi monarchi, nonché di governanti civili ed ecclesiastici e personaggi illustri, instillando in un gran numero di beneficiari dell’ordine esistente una certa simpatia per la “generosità” delle idee libertarie ed egualitarie e un “coscienza sporca” sulla legittimità dei propri poteri acquisiti.

Per come la vedo io, la grande impresa di Karl Marx non è stata l’elaborazione del cosiddetto comunismo scientifico, una dottrina confusa e indigesta nota a pochi. Il marxismo è sconosciuto alle basi comuniste e all’opinione pubblica dei nostri giorni come il pensiero di Plotino e di Averroè. Ciò che Marx riuscì, tuttavia, fu di scatenare l’offensiva comunista mondiale unendo gli adepti di una tendenza radicalmente egualitaria e anarchica, interamente ispirata al comunismo utopico.

In altre parole, se gli stessi dirigenti marxisti, in misura maggiore o minore, sono imbevuti di Marx, i privati ​​sotto il loro comando sono generalmente incapaci di conoscere la dottrina. Ciò che li muove e li unisce attorno ai loro leader sono vaghe idee di uguaglianza e giustizia, ispirate al comunismo utopico. E se le bande marxiste incontrano un’aura di simpatia in certe zone dell’opinione pubblica, lo devono all’irradiazione quasi universale dei principi egualitari della Rivoluzione francese e al sentimentalismo romantico inerente al socialismo utopico.

Il substrato egualitario e anarchico rimane influente

Tra queste considerazioni spicca la causa principale del caos in cui naufraga l’Occidente e verso il quale conduce il resto del mondo. Questa causa è l’accettazione molto generalizzata delle tendenze e delle dottrine di un sostrato egualitario e anarchico che, del tutto fuori moda negli ambienti propriamente intellettuali, influenza ancora profondamente l’opinione pubblica. E continua anche a servire i comunisti come esca per adescare, in certe circostanze politiche passate e presenti, le moltitudini con cui intendono radere al suolo le ultime vestigia di sacralità e gerarchia.

Tutto ciò non per affermare che il pensiero di Proudhon e dei suoi congeneri costituisca ancora la grande leva ideologica delle vicende contemporanee. Gli utopisti sono morti e ai nostri giorni quasi nessuno ci pensa. Non erano altro che una tappa della grande traiettoria che ebbe origine nei movimenti ideologici e culturali del Cinquecento. Contribuirono a dare una portata universale alle aspirazioni di livellamento socio-economico che la Rivoluzione francese conteneva solo in germe. Queste aspirazioni di totale livellamento economico e sociale, di cui gli utopisti erano solo altoparlanti, echeggiavano ovunque. Molto tempo dopo che loro e le loro opere sono cadute nell’oblio, questa eco si riverbera nella storia.

Pertanto, se vogliamo verificare il processo che sta portando alla nuova, incombente catastrofe, dobbiamo principalmente confutare il tragico errore dottrinale che identifica l’assoluta uguaglianza con l’assoluta giustizia, e la vera libertà — cui hanno diritto la Verità e il Bene — con la libera corso e anche il favoreggiamento di ogni errore e irregolarità. Questo ci porta a considerare la Controrivoluzione.

Autoritratto filosofico: Plinio Corrêa de Oliveira
Il Prof. Plinio Corrêa de Oliveira dedicò tutti i suoi scritti e le sue conferenze all’esposizione di temi legati alla Rivoluzione e alla Controrivoluzione, e tutte le sue azioni all’opposizione alla prima e alla promozione della seconda.

La controrivoluzione deve evidenziare gli errori fondamentali della rivoluzione

Nel corso degli ultimi secoli, molti movimenti si sono sollevati contro il processo rivoluzionario, ma il loro successo concreto è stato transitorio ea volte nullo. Non che a questi movimenti mancassero il sostegno di talenti brillanti, di persone ben piazzate, o anche di ampi settori del pubblico. Sebbene a volte richiamassero l’attenzione sugli errori più profondi e metafisicamente importanti, il più delle volte questi movimenti si limitavano a combattere la Rivoluzione in una o nell’altra delle sue manifestazioni religiose, politiche, sociali o economiche. Di conseguenza, la Rivoluzione continuò sana e salva il suo corso.

Per dissuaderlo, altri giudicarono più opportuno usare il loro linguaggio e le loro competenze per combattere alcuni degli stessi abusi denunciati dalla Rivoluzione stessa. Ora, combattere gli abusi è sempre meritorio, ma com’è ingenuo immaginare che la forza della Rivoluzione stia anzitutto nell’indignazione suscitata da certi abusi contro cui ha gridato! La storia dimostra l’errore di questa tattica. Alcuni abusi che esistevano anche secoli fa in Europa furono rettificati in modo tale che Pio XII poté dire al Katho-likentagdi Vienna: “Ai nostri giorni si presenta allo sguardo della Chiesa la prima epoca delle lotte sociali contemporanee. Il cuore di quest’epoca è dominato dalla questione dell’operaio: la miseria del proletariato e il dovere di elevare questa classe di uomini, lasciati indifesi tra le incertezze delle circostanze economiche, fino alla dignità delle altre classi della città, che sono dotati dei diritti necessari.

Oggi questo problema può dirsi risolto, almeno nelle sue parti essenziali, e il mondo cattolico ha contribuito a questa soluzione in maniera leale ed efficace» (Pio XII, Radiomessaggio alla Giornata dei Cattolici di Vienna, 14 settembre 1952). Intanto la Rivoluzione continua a ruggire, più minacciosa che mai.

Tre motivi per cui i nemici della Chiesa odiano l’Immacolata Concezione

Così, senza negare il carattere meritorio di tanti movimenti passati e presenti di orientamento controrivoluzionario e senza negare quanto è meritorio nella lotta contro le ingiustizie provocate dall’attuale ordine di cose, mi sembra che la grande necessità del momento è indicare gli errori metafisici fondamentali della Rivoluzione e l’intima coesione delle tre ondate impetuose che si scagliarono successivamente contro il cristianesimo occidentale: in un primo momento, l’umanesimo, il rinascimento e la pseudoriforma protestante; più tardi, la Rivoluzione francese; e infine il comunismo.

Nel regno delle idee: non solo il vecchio e il nuovo, ma soprattutto il vero e il perenne

Molti, leggendo questo “autoritratto”, avranno avuto un’obiezione: tutto ciò è anacronistico e incapace di attecchire nel mondo in cui viviamo.

I fatti dicono altro. Nel campo delle idee esiste non solo il vecchio e il nuovo, come vorrebbero gli evoluzionisti, ma soprattutto esiste il vero, il buono, il bello e il perenne, in opposizione inconciliabile con l’errore, il male e la bruttezza. E non solo settori significativi della gioventù moderna sono rimasti sensibili al verum, al bonum e al pulchrum , ma si sono anche impegnati in una decisa marcia di espansione.

La tradizione del perenne non è la morte, ma la vita: la vita oggi e domani. In nessun altro modo si spiega il fatto lampante della ripercussione delle varie TFP tra i giovanissimi del nostro nuovissimo continente.

Intendo essere non solo un difensore del passato, ma un partecipante – con gli altri – nell’influenzare il presente e preparare il futuro.

Sono certo che i principi ai quali ho dedicato la mia vita sono oggi più che mai attuali e indicano il cammino che il mondo seguirà nei secoli a venire.

Gli scettici sorrideranno, ma i sorrisi degli scettici non hanno mai potuto ostacolare la marcia vittoriosa di chi ha Fede.

Plinio Corrêa de Oliveira 30 novembre 1999

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