
“Beati i poveri in spirito: perché di essi è il regno dei cieli”.
Eresie pauperiste
Le eresie che richiedono la povertà materiale per la salvezza eterna sono sorte fin dagli albori del cristianesimo.
Qui ci riferiamo più in particolare ai miserabilisti medievali. Sotto l’influsso dei Catari o Albigesi, che adottarono il principio manicheo secondo cui la materia non è solo male ma fonte di tutti i mali, le cosiddette eresie pauperiste come i Valdesi, I Poveri di Lione, i Patarini, i Fratelli Apostolici, i Piccoli Fratelli o Fraticelli, Umiliati, Begardi, Hussiti, Taboriti, ecc. proliferarono in Francia, in Boemia e in Italia. Il movimento continuò poi con la pseudo-riforma protestante come nel caso delle orde anabattiste di Thomas Munzer in Germania.
In generale, al di là delle loro particolarità, questi eretici predicavano la povertà effettiva come necessaria alla salvezza, combattevano la proprietà privata e insieme la ricchezza e lo splendore nella Chiesa e nella società temporale. Dicevano che c’erano due chiese: una povera e povera – la vera chiesa a cui appartenevano – e l’altra ricca e carnale, guidata dal Papa, a cui appartenevano i vescovi.
I “poveri” secondo la teologia della liberazione
I teorici della “teologia della liberazione” nei suoi vari rami adottano questa visione eretica e pauperista dei poveri.
In un libro destinato a insegnare come fare “Teologia della liberazione”, Fra Leonardo Boff e suo fratello, Fra Clodovis, hanno scritto: “Anche di valore ispiratore per la teologia della liberazione sono le esperienze evangeliche uniche di molti profeti inclini all’eresia… compreso il prezioso contributo dei movimenti riformisti medioevali pauperisti e dei postulati evangelici dei grandi riformatori”.
In un altro libro, lo stesso ex frate Leonardo Boff utilizza i principi della teologia della liberazione per snaturare la luminosa figura di san Francesco d’Assisi e per prodigare elogi ai suddetti movimenti pauperisti: “I secoli XII e XIII… furono caratterizzati da grandi movimenti religiosi basata sulla vita evangelica e apostolica nell’imitazione di Cristo crocifisso e povero, e nel condurre una vita radicale di povertà. Sono i Patarini, i Poveri di Lione, i Valdesi, gli Albigesi, gli Umiliati ed altri, tutti schierati con i poveri, specialmente nelle città. Hanno formato forse il movimento più radicale nella storia spirituale del cristianesimo”.
Lo spirito di povertà
Tuttavia, contrariamente a quanto afferma la “Teologia della liberazione” – che fa rivivere queste vecchie eresie pauperiste e miserabiliste – la perfezione spirituale non dipende dalla povertà materiale ma dal distacco dai beni terreni. Un povero ribelle e un ricco avaro si trovano nello stesso stato di imperfezione spirituale.

La beatitudine predicata da Nostro Signore, la cui ricompensa è il regno dei cieli, non si riferisce a coloro che sono privi di beni materiali — povertà sociologica — ma a coloro che, ricchi o poveri materialmente, sono davvero “poveri in spirito” — povertà spirituale .
La beatitudine di essere “poveri in spirito” risulta da un duplice distacco: distacco di sé, praticando la virtù dell’umiltà; e il distacco dalle cose terrene per un timore reverenziale di Dio che fa preferire i beni eterni ai beni effimeri di questo mondo.
Questo distacco fa sì che sia i ricchi che i poveri traggano vantaggio dalla loro situazione spirituale, sia rassegnandosi alla povertà, sia generosi nell’aiutare gli altri.
Povertà materiale: un consiglio evangelico, non un comandamento
La povertà, anche volontaria, non è fine a se stessa né si identifica con la perfezione. È un cammino che conduce alla perfezione nello spirito delle Beatitudini e dei Consigli evangelici.
Al contrario, la ricchezza in quanto tale non è un ostacolo alla perfezione se considerata dal punto di vista della “povertà di spirito”.
Per questo Gesù Cristo non ha fatto della povertà materiale un comandamento, ma solo un consiglio evangelico.
Differenza tra comandamenti e consigli evangelici
“Cristo nei Vangeli ha stabilito alcune regole di vita e di condotta che devono essere praticate da ogni suo discepolo come condizione necessaria per raggiungere la vita eterna. Questi precetti del Vangelo consistono praticamente nel Decalogo….
“Oltre a questi precetti che devono essere osservati da tutti sotto pena della dannazione eterna, ha anche insegnato alcuni principi che ha espressamente affermato che non dovevano essere considerati come vincolanti per tutti, o come condizioni necessarie senza le quali non si potrebbe raggiungere il paradiso, ma piuttosto come consigli per coloro che desideravano fare più del minimo e mirare alla perfezione cristiana, per quanto si può ottenere quaggiù. Così (Matteo 19:16 sq.) quando il giovane gli chiese cosa avrebbe dovuto fare per ottenere la vita eterna, Cristo gli ordinò di ‘osservare i comandamenti.’ Questo era tutto ciò che era necessario nel senso stretto della parola, e osservando così i comandi che Dio aveva dato, si poteva ottenere la vita eterna. Ma quando il giovane incalzò ulteriormente, Cristo gli disse: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri”.
“Questa distinzione tra i precetti del Vangelo, che sono vincolanti per tutti, e i consigli, che sono oggetto della vocazione di relativamente pochi, è sempre stata mantenuta dalla Chiesa cattolica”.

L’Amico di Gesù
Nostro Signore non esigeva che il giovane praticasse la povertà materiale come condizione per la salvezza, né lo esigeva dai suoi ricchi amici come Lazzaro e le sue sorelle, Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo, o le sante donne che accompagnavano e lo servirono con i loro beni. Tuttavia, ha avvertito tutti del pericolo dei beni terreni e li ha esortati a vivere per il Regno dei Cieli.
Cristo si è fatto povero per farci ricchi
La povertà volontaria per il Regno dei Cieli è una delle iniziative più belle ispirate ai Vangeli. Le anime d’élite cercano le ricchezze dell’eternità abbandonando i beni terreni.
Questo spirito è ben riassunto dall’affermazione dell’apostolo San Paolo: «Voi infatti conoscete la grazia del Signore nostro Gesù Cristo, che da ricco si è fatto povero per voi; affinché per la sua povertà tu possa essere ricco.
La ricchezza di grazie che ci ha procurato la povertà materiale del Salvatore ci permette di praticare il vero spirito di povertà, sia come si trova nei comandamenti — secondo la giustizia e la carità — sia in relazione alla povertà materiale, sia come consiglio evangelico sia come impostoci dalle circostanze.
Povertà e splendore
Bilanciando le virtù, la Chiesa armonizza povertà e ricchezza, semplicità e splendore.
Equilibrare e armonizzare ricchezza e povertà, frutti dello spirito dei Vangeli e delle Beatitudini, è sempre stata la dottrina predicata dalla Chiesa, dai Papi, dai Santi Dottori e dai grandi predicatori che hanno illuminato la Cristianità.
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Luiz Sérgio Solimeo 25 luglio 2013