
La vera umiltà non è contraria al legittimo splendore e agli onori
La virtù dell’umiltà, almeno nei suoi aspetti esteriori, suscita molta simpatia anche tra coloro che non sono particolarmente religiosi o comunque si oppongono alla religione.
In un mondo dominato dall’orgoglio e dalla sensualità, sembra molto opportuno studiare questa virtù, anche se brevemente.
Un atto interiore di sottomissione a Dio
Come per ogni virtù, dobbiamo prima considerare l’umiltà nel suo aspetto interiore, nella sua essenza.
Non c’è maestro migliore per guidarci in questo compito del Dottore comune, san Tommaso d’Aquino.
Secondo lui, «l’umiltà riguarda propriamente la sottomissione dell’uomo a Dio». Quindi predispone l’uomo a praticare tutte le virtù, che consistono nel sottomettere a Dio l’intelletto e la volontà.
Essere distaccati senza disprezzare i doni ricevuti

L’umiltà porta al distacco da se stessi. Modera il nostro desiderio di eccellenza, mantenendolo nella giusta proporzione e porta a un sano auto-abbassamento. Ma quando questo viene fatto per cercare la propria gloria, è falsa umiltà, frutto della superbia.
La vera umiltà non impedisce di riconoscere i doni ricevuti da Dio. “È segno di umiltà se un uomo non pensa troppo a se stesso, osservando i propri difetti; ma se un uomo disprezza i beni che ha ricevuto da Dio, questo, lungi dall’essere una prova di umiltà, lo dimostra ingrato”.
Non c’è contraddizione tra le virtù
San Tommaso stabilisce il principio che non può esserci contraddizione tra una virtù e l’altra. Quindi non c’è contraddizione, ad esempio, tra la virtù dell’umiltà, da un lato, e le virtù della magnanimità e della magnificenza, dall’altro.
Così umiltà e magnanimità si completano perché «una duplice virtù è necessaria riguardo al bene difficile: una, per temprare e frenare l’animo, perché non tenda smisuratamente alle cose alte; e questo appartiene alla virtù dell’umiltà: e un altro per rafforzare la mente contro la disperazione e spingerla a perseguire le grandi cose secondo la retta ragione; e questa è magnanimità”.
“[M]agnanimità spinge la mente a grandi cose in accordo con la retta ragione. Quindi è chiaro che la magnanimità non si contrappone all’umiltà: anzi sono concordi in questo, che ciascuno è secondo la retta ragione”.
Un’apparente contraddizione
La ragione per cui l’umiltà sembra contraddire la magnanimità è perché queste virtù considerano due aspetti diversi: «la magnanimità fa stimare l’uomo degno di grandi cose in considerazione dei doni che ha da Dio: così se la sua anima è dotata di grande virtù, la magnanimità fa tende a perfezionare le opere di virtù; e lo stesso si dica dell’uso di ogni altro bene, come la scienza o la fortuna esteriore. Al contrario, l’umiltà fa sì che l’uomo pensi poco di se stesso in considerazione della propria deficienza”.
Disprezzare gli onori è disprezzare l’ornamento delle virtù

“Sono degni di lode coloro che disprezzano le ricchezze in modo tale da non fare nulla di sconveniente per ottenerle, né da averne un desiderio troppo grande. Ma se uno disprezzasse gli onori per non curarsi di fare ciò che è degno di onore, questo sarebbe meritevole di biasimo».
«La magnanimità», conclude san Tommaso, «è l’ornamento di tutte le virtù».
Umiltà e splendore
L’umiltà non si scontra con la virtù della magnificenza, attraverso la quale cerchiamo lo splendore, specialmente nel culto di Dio. Questo perché il magnifico non cerca la grandezza in quanto tale, ma piuttosto la gloria di Dio.
“L’intenzione della magnificenza è la produzione di una grande opera. Ora, le opere fatte dagli uomini sono dirette a un fine: e nessun fine delle opere umane è tanto grande quanto l’onore di Dio: perciò la magnificenza compie un’opera grande specialmente riguardo all’onore divino. Onde il Filosofo [Aristotele] dice (Et. iv, 2) che “la spesa più encomiabile è quella che è diretta ai sacrifizi divini”: e questo è l’oggetto principale della magnificenza. Per questo motivo la magnificenza è connessa con la santità, poiché il suo effetto principale è diretto alla religione o alla santità.
L’umiltà è guidata dalla prudenza

Per san Tommaso l’umiltà, come tutte le virtù morali, è perfezionata e guidata dalla virtù della prudenza, la prima delle virtù quando si tratta di agire concretamente.
La prudenza, dice, è “la virtù principale nelle questioni pratiche”. «La prudenza [è] il complemento di tutte le virtù morali…. [L] a conoscenza della prudenza appartiene a tutte le virtù”. “La prudenza è la guida delle virtù”.
Pertanto, la pratica dell’umiltà dovrebbe essere guidata dalla prudenza applicando i principi generali alle situazioni concrete ed evitando così una valutazione errata di occasioni, circostanze e incarichi in cui una persona dovrebbe praticare l’umiltà. La prudenza evita quindi, nella pratica dell’umiltà, errori che possono causare scandalo e confusione denigrando il proprio ufficio, specialmente ecclesiastico, e disprezzando le virtù della magnanimità e della magnificenza, la cui pratica è richiesta dall’ufficio.
Accettare gli onori nella sottomissione a Dio
Gli onori dovuti ai Superiori possono essere dovuti per la loro virtù personale o per l’eccellenza del loro ufficio; per quest’ultima ragione, anche i cattivi superiori devono essere onorati: «Un superiore malvagio è onorato per l’eccellenza, non della sua virtù ma della sua dignità, di essere ministro di Dio, e perché l’onore che gli viene reso viene reso a tutta la comunità oltre che presiede”.
Poiché l’essenza dell’umiltà è l’atto interiore di sottomissione a Dio, le manifestazioni esteriori di questa virtù dovrebbero essere allineate con questa sottomissione alla volontà divina, che ha chiamato qualcuno ad alte cariche — sia civili che ecclesiastiche — accettandone lo splendore e gli onori ad esso collegato.
Riassumendo
L’umiltà è la virtù con cui ci sottomettiamo pienamente a Dio e moderiamo i nostri sproporzionati desideri di grandezza. Mediante la virtù dell’umiltà ci abbassiamo in considerazione delle nostre colpe e piccolezze davanti a Dio.
Le virtù della magnanimità e della magnificenza ci spingono a grandi conquiste e ci spingono a perseguire l’eccellenza e lo splendore.
Proprio come onoriamo coloro che sono superiori a noi per la loro virtù o per il loro ufficio, così anche noi dovremmo ricevere gli onori che ci sono destinati a causa dei doni che abbiamo ricevuto dal Creatore o dell’ufficio che occupiamo. Attribuiamo questi onori a Dio e alla dignità dell’ufficio, piuttosto che ai nostri meriti personali.

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Poiché le virtù morali sono guidate dalla prudenza, non dobbiamo compiere atti pubblici di abbassamento incompatibili con il nostro ufficio, poiché così facendo commetteremmo un atto di imprudenza e daremmo occasione di scandalo e confusione, scuotendo la fede degli altri.
A causa dell’unità armoniosa esistente tra tutte le virtù, indipendentemente dalle circostanze, non possiamo enfatizzare una virtù contro un’altra, almeno agli occhi delle persone.
“L’umiltà è camminare nella verità” (Santa Teresa)
Vale la pena ricordare qui le parole di Santa Teresa d’Avila:
“Una volta mi chiedevo perché Nostro Signore amasse così tanto questa virtù dell’umiltà e subito mi è venuta la risposta: È perché Dio è la Verità suprema, e l’umiltà è camminare nella verità; quindi è bene per noi vedere che tutto ciò che abbiamo è miseria e nulla; e chi non lo capisce, cammina nella menzogna”.
L’umiltà esprime la verità su noi stessi e sugli altri e contrasta la falsa umiltà , che si basa su una menzogna.
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Luiz Sérgio Solimeo 4 aprile 2013